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Due dighe crollate in Libia, sono migliaia di morti dopo l’uragano Daniel

L’uragano Daniel, che aveva già causato ingenti danni in Grecia, Bulgaria e Turchia, è arrivato alla fine della scorsa settimana in Libia, con piogge torrenziali che hanno colpito duramente il paese. La devastazione è diventata tragedia quando due dighe in Cirenaica hanno ceduto, allagando migliaia di chilometri quadrati.

Le prime dichiarazioni parlano di uno scenario apocalittico, con una quantità d’acqua caduta al suolo mai registrata dal centro meteo nazionale libico in quarant’anni di attività. I 33 milioni di metri cubi d’acqua rilasciati dalle dighe hanno spazzato via ponti ed edifici, travolgendo infine la città di Derna.

Infatti, le acque del fiume Wadi Derna hanno sommerso la città di 100 mila abitanti. Non si conosce il numero delle vittime: fino a ieri i comunicati della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa parlavano di almeno 10 mila morti, ma le stime arrivano anche a 20 mila decessi e almeno 30 mila sfollati.

Hisham Chkiouat, ministro dei trasporti aerei del Governo di Stabilità nazionale libico, ha detto che “è come se la città fosse stata colpita da uno tsunami”. Hisham Abdullah Abushekiwat, ministro dell’Aviazione nel governo di Tobruk, ha affermato che un quarto della città è scomparso sott’acqua o è stato trascinato verso il mare.

La Banca centrale libica ha annunciato un comitato di crisi per far fronte ai problemi di liquidità, mentre il consiglio presidenziale riconosciuto a livello internazionale ha chiesto interventi di solidarietà internazionale. Hanno subito risposto Turchia, Egitto, Algeria ed Emirati Arabi Uniti.

Allo stesso modo, anche Stati Uniti, Russia e vari paesi UE stanno approntando materiale e personale di aiuto per le popolazioni colpite dalla tempesta. Il problema, però, è anche come far arrivare questi aiuti e come usarli al meglio, in un paese già largamente devastato prima di Daniel.

La Libia è stata infatti fiaccata da più di un decennio di guerra civile, con il controllo del territorio frammentato tra vari poteri e infrastrutture inagibili, a cui si aggiungono strade divenute impraticabili per le colate di fango. Molti dei sostegni stanno passando via mare o per via aerea.

La crisi non finisce con il già elevatissimo numero di morti e sfollati. Per l’OMS sono circa 1,8 milioni le persone colpite da un genere di tempesta che non si è mai verificata nella regione a memoria d’uomo, ma il pericolo ora è anche quello sanitario, con possibili focolai di colera dovuti alla grande quantità d’acqua e di cadaveri.

L’uragano è un effetto del cambiamento climatico, essendosi originato dalle reazioni climatiche alla temperatura eccezionalmente elevata delle acque del mare Mediterraneo. L’impreparazione a un evento del genere si è aggiunta a quella di base già segnalabile nell’azione delle autorità libiche.

La tragedia parla di una «sinergia negativa» tra la crisi ambientale, la guerra e il disinteresse per varie zone da sempre trattate come area di influenza da imperialisti e grandi potenze. Un monito rispetto alla necessità di processi di pacificazione, lotta al cambiamento climatico e sviluppo di relazioni complementari e non predatorie.

Non ci si deve sorprendere dunque se nel giro di poche ore sono arrivate migliaia di migranti sulle coste di Lampedusa, e non basta dire che bisogna fermare le partenze, come ha fatto la Meloni. Dopo l’immediata e necessaria solidarietà, non ci si può permettere di dimenticare questa lezione che sta costando decine di migliaia di morti.

La spiegazione di questa tragedia non a troverete sui media italiani. Ma la britannica Bbc fornisce almeno qualche indizio: “La Libia è stata assediata dal caos da quando, nell’ottobre 2011, le forze sostenute dall’alleanza militare occidentale della NATO hanno rovesciato il governante di lungo corso Muammar Gheddafi.

Il Paese, ricco di petrolio, aveva un tempo uno dei più alti standard di vita in Africa, con assistenza sanitaria e istruzione gratuite, anche se Gheddafi gestiva un regime spietato che aveva poco tempo per i critici. Dalla caduta di Gheddafi, la Libia è stata divisa tra due governi rivali e impantanata in un conflitto tra numerose milizie diverse“.

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