Diverse manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese si sono susseguite in questi giorni nei Països Catalans, a cominciare da Barcellona dove domenica 8 ottobre si sono riunite varie centinaia di persone (circa 400 secondo la Guardia Urbana).
La manifestazione è stata indetta dalla Comunitat Palestina de Catalunya a sostegno del popolo palestinese e contro gli attacchi di Israele a Gaza.
Gli organizzatori hanno denunciato “il regime d’occupazione, apartheid e colonialismo al quale lo stato d’Israele sottopone la popolazione palestinese da 75 anni”. I manifestanti hanno contestato inoltre la decisione del nuovo sindaco di Barcellona, il socialista Jaume Collboni, di ripristinare le relazioni con la città di Tel Aviv.
Il gemellaggio di Bercellona con Tel Aviv (e con Gaza) inaugurato alla fine degli anni ’90, si è protratto fino alle ultime settimane del mandato di Ada Colau, quando il sindaco dei Comuns si è deciso ad ascoltare la campagna BDS Catalunya e ad interrompere le relazioni con Israele.
La mossa è sembrata più un tardivo tentativo di ricompattare i propri sostenitori in vista delle imminenti elezioni comunali che non una scelta convinta, ma ha suscitato le critiche dei socialisti che, appena riaccomodatisi sulla poltrona del sindaco, hanno immediatamente ripreso la relazione con la capitale israeliana.
E proprio da un lavoratore del Comune di Barcellona è stato reso pubblico un messaggio di un collega di Gaza che, in una breve nota di commiato, rende l’idea dello stato d’animo degli abitanti della striscia: «Non so se potremo mantenere i contatti nei prossimi giorni, quindi per favore, se non esisteremo più, parlate di noi alle generazioni future, e raccontategli come era incantevole il popolo della Palestina, come amava la propria terra e la propria causa».
Vengono in mente le note scritte a mano dai lavoratori cileni dopo il colpo di stato del ’73, fatte arrivare con le merci fino in Europa.
Martedì 10 ottobre diverse centinaia di persone (400 secondo la guardia urbana) si sono riunite a València, davanti al municipio cittadino, per testimoniare il proprio sostegno alla Palestina.
In un comunicato gli organizzatori, guidati dal BDS Pais Valencià, riflettono sui guanti di velluto con cui l’occidente tratta Israele: l’operazione militare di Putin «ha tenuto come conseguenza immediata il boicottaggio, la fine degli investimenti e l’applicazione delle sanzioni contro la Russia».
Pertanto sono possibili e necessarie misure simili anche davanti «ai crimini di guerra e di lesa umanità, sistematici e impuniti, dell’apartheid israeliana contro la popolazione palestinese, come quegli a cui stiamo assistendo in questi giorni».
Nella stessa giornata la deputata della Candidatura d’Unitat Popular Laia Estrada ha rlasciato una prima dichiarazione sulla situazione: “Manifestiamo tutto il nostro sostegno al popolo palestinese e esprimiamo la nostra preoccupazione per la situazione che sta vivendo la Palestina.
Denunciamo la politica coloniale, d’occupazione e apartheid dello stato israeliano contro il popolo palestinese, malgrado tutte le risoluzioni internazionali che la denunciano, anche nel Parlamento catalano, ricordiamolo.
E ricordiamo che la soluzione è mettere fine a questa guerra d’occupazione, a questa politica d’apartheid, a questa politica coloniale che sta portando avanti lo stato d’Israele.
Riteniamo che la comunità internazionale dovrebbe intervenire per mettere fine a questa violenza e garantire il rispetto dei diritti umani e di tutte le risoluzioni internazionali.
E in questo senso facciamo un appello a partecipare a tutte le manifestazioni che stanno convocando sia la comunità palestinese che la campagna di boicottaggio a Israele in tutti i Països Catalans.
Oggi stesso ce n’è una convocata a València davanti al Comune, domani un’altra qui a Barcellona davanti alla delegazione della UE per denunciare la complicità delle istituzioni europee con l’occupazione, la pulizia etnica e l’apartheid che soffre il popolo palestinese. E sicuramente nei prossimi giorni usciranno nuove convocazioni in tutto il paese”.
La risoluzione della camera catalana alla quale si riferisce la deputata della CUP è una mozione del 16 giugno 2022, presentata dalla CUP, ERC e i Comuns e approvata anche con il voto dei socialisti catalani, nella quale si afferma che il regime applicato da Israele nei territori occupati è contrario al diritto internazionale e si sostanzia in una vera e propria apartheid.
Come annunciato dalla rappresentante dell’esquerra independentista, mercoledi 11 ottobre circa cinquecento persone si sono radunate davanti alla sede della UE per manifestare contro l’apartheid, contro il colonialismo israeliano e contro i bombardamenti su Gaza.
Il giorno seguente, 12 ottobre, le bandiere palestinesi sono comparse nel corteo dei collettivi anticolonialisti e della piattaforma Som Antifeixistes contro il Dia de la Hispanidad, nel quale uno spezzone significativo rivendicava la resistenza palestinese.
Sabato 14 ottobre un’altra manifestazione in solidarietà con la Palestina e contro lo stato d’Israele ha attraversato il centro di Barcellona per dirigersi ancora davanti agli uffici della rappresentanza della UE, in mezzo a un notevole dispiegamento di polizia.
Durante il corteo (700 persone secondo la Guardia Urbana) si sono susseguiti gli slogans contro la NATO e contro il genocidio che sta perpetrando lo stato israeliano, così come quelli a favore della resistenza palestinese.
Uno dei manifesti del corteo, redatto dalla comunità palestinese, ricorda che «in questi momenti in cui il popolo palestinese sta conducendo una battaglia storica contro l’occupante israeliano, è più importante che mai che i popoli internazionalisti e antimperialisti di tutto il mondo si pronuncino pubblicamente in difesa del diritto alla resistenza del popolo palestinese e della necessità di un processo di decolonizzazione che gli permetta di raggiungere la liberazione e il ritorno nella propria terra».
Da segnalare anche la presa di posizione di Poble Lliure, una delle due principali organizzazioni che compongono la CUP, secondo la quale «gli attacchi della resistenza palestinese non possono servire in nessun caso come una giustificazione delle azioni dello stato d’Israele, azioni che soltanto possono essere considerate come crimini di guerra e sterminio: tagliare il somministramento di base alla popolazione civile, bombardare in modo indiscriminato gli edifici residenziali o fare uso di armi chimiche come il fosforo bianco».
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Qui di seguito la traduzione integrale del comunicato dell’organizzazione dell’esquerra independentista, Poble Lliure.
Poble Lliure in difesa della libertà del popolo palestinse
Poco meno di sei mesi fa Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, ha proclamato in modo chiaro e inequivoco che il suo obbiettivo è impedire la costruzione dello stato palestinese. Come è già successo storicamente, né gli Stati Uniti né la Unione Europea hanno alzato la voce davanti a questo fatto.
Nonostante il primo ministro israeliano abbia una lunga storia che l’accredita come responsabile del genocidio palestinese, e pertanto le sua dichiarazione non era interpretabile come una sfilza di parole vuote ma una vera e propria dichiarazione di guerra, non è stata presa nessuna misura preventiva, né è stato inviato nessun messaggio al riguardo, fatto che è ancora più grave se consideriamo che immediatamente dopo le sue parole è stato annunciato l’ampliamento degli insediamenti israeliane in territorio palestinese.
È perciò che riconosciamo il diritto del popolo palestinese a difendere la propria vita e il proprio futuro come legittima difesa. Lo stato israeliano ha solo 75 anni, è frutto di una occupazione avvenuta sotto la protezione internazionale che ha radicalizzato e acceso la scintilla della violenza a difesa del territorio che storicamente era stato abitato da chi oggi è sterminato.
Nel corso di decenni costellati da migliaia di omicidi e da un progressivo sterminio, il governo israeliano non ha offerto nessuna soluzione politica per risolvere il conflitto.
Una settimana fa, sabato 7 ottobre 2023, Hamas e l’insieme della resistenza palestinese hanno sferrato un attacco di grande importanza contro obbiettivi militari e civili israeliani. Le immagini di quella giornata possono essere qualificate come terrorifiche.
Bisogna non dimenticare che l’islamismo di Hamas è stato promosso a suo tempo dallo stesso stato d’Israele allo scopo di indebolire il movimento di liberazione nazionale palestinese, laico, di sinistra e anti-imperialista, e che la sua crescita è il frutto della disperazione di un popolo al quale non viene offerta nessuna speranza di futuro.
Gli attacchi della resistenza palestinese non possono servire in nessun caso come una giustificazione delle azioni dello stato d’Israele, azioni che soltanto possono essere considerate come crimini di guerra e sterminio: tagliare i servizi di base alla popolazione civile, bombardare in modo indiscriminato gli edifici residenziali o fare uso di armi chimiche come il fosforo bianco.
La volontà politica dell’esercito israeliano è chiara: spianare tutto il nord della striscia di Gaza, dove vivono più di un milione di persone che difficilmente potranno fuggire. Gaza è oggi la prigione a cielo aperto più grande del mondo, dato che Israele ne blocca tutte le uscite.
La sua popolazione è inoltre estremamente giovane, vive nella miseria ed è privata dei somministramenti di base. Stiamo senza dubbio assistendo a un processo di pulizia etnica contro il popolo palestinese attraverso il quale Israele pretende di terminare l’occupazione di un territorio che non gli corrisponde.
La non reazione degli stati occidentali davanti a questa flagrante vulnerazione del diritto internazionale dimostra ancora una volta la loro ipocrisia: si definiscono “liberali” però proibiscono le manifestazioni di sostegno agli oppressi, si definiscono “difensori della pace” ma sostengono il massacro del popolo palestinese.
Poble Lliure ritiene che sia necessaria e urgente una mobilitazione internazionale che reclami la fine della violenza sopra il popolo palestinese. Questo è il primo requisito per una soluzione politica del conflitto e per evitare che quest’ultimo attraversi le frontiere.
La soluzione del conflitto in Palestina passa nel medio periodo per l’accettazione da parte di Israele delle numerose risoluzioni dell’ONU, sistematicamente incompiute per decenni. La pace tra il popolo israeliano e quelo palestinese sarà possibile solo quando quest’ultimo costruisca il proprio stato indipendente, laico e sovrano, senza dover soffrire l’occupazione israeliana del proprio territorio.
[Traduzione di A.Q.]
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