Il vertice Lega Araba-Organizzazione della Conferenza Islamica a Riad non ha prodotto risultati all’altezza della tragedia del popolo palestinese, ma ha anche segnato visibilmente (come dalla foto) il costante disgelo tra i paesi leader degli sciiti (Iran) e dei sunniti (Arabia Saudita) dopo una rottura e una rivalità pluridecennale.
Non c’è stata alcuna decisione di rottura delle relazioni diplomatiche con Tel Aviv (ovviamente solo per i sei paesi che hanno normalizzato i rapporti), né embarghi petroliferi.
Secondo la newsletter Affari Internazionali la linea prevalsa è quella saudita (oltreché degli Emirati Arabi) della cautela verso Israele.
“Tutti uniti in effetti nel chiedere un cessate il fuoco immediato, dal palestinese Abu Mazen al principe saudita Mohammed bin Salman, dall’iraniano Ebrahim Raisi a Erdogan” scrive Alberto Negri, sottolineando però che da questo summit “non è venuto nulla sul fronte del boicottaggio delle relazioni economiche con Israele, delle basi americane in Medio Oriente o di eventuali sanzioni in campo petrolifero ed energetico”.
Nel comunicato finale del vertice congiunto di Riad fra Lega Araba (22 paesi) e Organizzazione per la Cooperazione Islamica (57 paesi inclusi quelli arabi), i partecipanti hanno chiesto il cessate il fuoco immediato a Gaza e al Consiglio di Sicurezza Onu di approvare una risoluzione “vincolante” per porre fine “alla aggressione israeliana”.
Nel testo, in cui manca la condanna dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, si chiede a tutti gli stati di attuare un embargo sulla vendita di armi e munizioni a Israele, nonché alla Corte Penale Internazionale di indagare sui “crimini di guerra commessi da Israele.
Le parole del principe saudita Bin Salman verso il governo israeliano sono state dure ma come quelle di Qatar e Turchia. Il Bahrein, firmatario degli Accordi di Abramo nel 2020, è andato un pò più in là, ma senza arrivare alla rottura: la Camera bassa ha approvato il ritiro dell’ambasciatore e la cessazione delle relazioni economiche con Israele.
Una bozza di dichiarazione precedente, elaborata nella sola Lega Araba, non aveva raggiunto la maggioranza dei voti: il testo chiedeva, su iniziativa di Iran e Siria, l’interruzione completa delle relazioni diplomatiche con Israele ipotesi avversata da alcuni paesi. Anche per superare lo stallo, la presidenza saudita ha così riunito i due vertici in un’unica sessione.
Il principe ereditario saudita ha dichiarato che “le autorità d’occupazione israeliane sono responsabili di crimini contro la popolazione palestinese” e ha invocato, durante l’incontro bilaterale con il presidente iraniano Raisi, “il rilascio degli ostaggi e dei detenuti”.
Dopo oltre un mese di conflitto e bombardamenti su Gaza, il ministro saudita Khalid Al Falih ha affermato che “l’ipotesi di normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Israele è ancora sul tavolo”, seppur “dipendente da una risoluzione pacifica della questione palestinese” riferisce Affari Internazionali.
Lo stesso Alberto Negri sottolinea però che il vertice di Riad non si può definire deludente perché “i vari leader sciiti e sunniti hanno pronunciato parole molto simili di condanna verso Israele, Stati uniti e Occidente in generale accusato di applicare il famigerato «doppio standard» sulla questione palestinese. Si conferma con l’incontro bilaterale di oggi tra il presidente iraniano Raisi e i vertici sauditi l’avvicinamento, avviato con la mediazione della Cina, tra Riad e Teheran a discapito dell’accordo in pectore tra Israele e monarchia wahabita”.
Il problema rimane quello di sempre: i paesi arabi e islamici sono disposti a tirare fuori i soldi ma non ancora atti materiali per il popolo palestinese. Qualcuno, anche a causa della coincidenza dell’attacco palestinese del 7 ottobre in Israele con il cinquantesimo anniversario della “Guerra del Kippur,” aveva immaginato uno scenario simile, ossia l’embargo petrolifero verso le potenze occidentali alleate di Tel Aviv.
Ma così, almeno per ora, non è stato, anche se da molti punti di vista il clima è cambiato significativamente.
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