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Il Venezuela dà tre mesi di tempo alle multinazionali per andarsene dall’Essequibo

Il governo del Venezuela ha espresso mercoledì la sua condanna delle recenti dichiarazioni del presidente della Guyana, Irfaan Ali, che ha espresso la sua approvazione per la presenza del Comando Sud degli Stati Uniti (USA) nell’Essequibo.

Caracas ha condannato “l’atteggiamento sconsiderato della Guyana, la quale agendo sotto il mandato della transnazionale statunitense Exxon Mobil, sta aprendo la possibilità di installare basi militari a una potenza imperiale, minacciando la Zona di Pace che è stata delineata in questa regione“, si legge nella nota.

Di conseguenza, la dichiarazione afferma che la Guyana viola “incautamente” il diritto internazionale con “azioni che aggravano la disputa territoriale e che si aggiungono alla sua condotta illegale di concessione dei diritti di sfruttamento petrolifero alla Exxon Mobil su un mare in attesa di delimitazione con il Venezuela“.

Il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro ha concesso “tre mesi” alla statunitense Exxon Monbil, alla francese TotalEnergies e alle altre imprese petrolifere straniere per interrompere le attività di esplorazione e sfruttamento degli idrocarburi concesse dal governo della Guyana e “abbandonare” la regione di Essequibo.

Solo dopo che se ne saranno andate, ha precisato il capo dello Stato venezuelano, Caracas potrà tornare a dialogare sulla contesa internazionale aperta con la Guyana.

Forte del mandato ricevuto dal risultato del referendum consultivo di domenica scorsa – con cui il governo ha visto riconosciute ad ampia maggioranza le rivendicazioni storiche sulla regione -, Maduro ha presentato un piano per rendere il il territorio di Essequibo uno nuovo Stato del Venezuela, dando anche ordine di stampare e diffondere una nuova mappa geografica aggiornata.

La Guyana ha già fatto sapere che chiederà “azioni concrete” al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, mentre il confinante Brasile – peraltro pubblicamente non ostile al governo Maduro – non intende essere coinvolto in un eventuale ed aveva inviato ancora prima del referendum16 carri blindati al confine settentrionale, a ridosso del Territorio Essequibo.

Ciò che non possiamo permettere è che il Venezuela, volendo entrare in Guyana, utilizzi il nostro territorio”, ha detto il ministro della Difesa, José Mucio, intervistato nei giorni scorsi dalla Cnn.

La contesa sul Territorio Essequibo ha una storia che risale alla fine dell’Ottocento. La Guyana rivendica un confine territoriale stabilito nel 1899 da un tribunale arbitrale a Parigi, quando la Guyana era ancora una colonia britannica.

Caracas rivendica invece l’Accordo di Ginevra, firmato nel 1966 con la Gran Bretagna prima dell’indipendenza della Guyana, che pose le basi per una soluzione negoziata e annullò il trattato del 1899.

La questione della sovranità del territorio Essequibo è tornata ad alimentare tensioni quando nel 2015, la multinazionale statunitense Exxon Mobil ha annunciato la scoperta di giacimenti di petrolio nella zona marittima. Un braccio di ferro che si è fatto più pesante dopo il recente annuncio della Guyana d’indire una nuova serie di aste petrolifere.

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