Di fronte alle ultime esternazioni sull’Ucraina, da parte dell’ex comandante delle forze yankee in Europa, generale Ben Hodges, non pare fuor di luogo ricordare una cosa nota a tutti, ma tanto spesso dimenticata, e cioè di come in larga parte gli ex comandanti della Wehrmacht avessero istruito gli alti ufficiali USA alle strategie tedesche.
E un fatto altrettanto spesso volutamente ignorato è di come proprio quegli ex generali hitleriani fossero stati sconfitti non dagli anglo-americani, ma almeno per l’80% dall’Esercito Rosso dell’Unione Sovietica.
Ora, cosa ha detto Ben Hodges? In un’intervista a un canale Telegram australiano ha dichiarato che per Kiev non è sufficiente seguire le idee naziste, ma la junta dovrebbe adottarne anche la pratica bellica: «gli ucraini dovrebbero mutuare l’esempio della Germania nel 1944, allorché, nonostante i massicci bombardamenti alleati, la Germania elevò al massimo livello la produzione di caccia e bombardieri».
Così, oggi, gli ucraini dovrebbero aumentare la produzione di mezzi militari e munizionamento sul proprio territorio, nonostante «la pioggia di missili e droni» russi.
Hodges ha anche detto che è scandaloso che un così gran numero di giovani e ragazze ucraini si rifugino all’estero, non vestano la divisa e che invece questa immensa risorsa vada senz’altro mobilitata, fino all’ultimo ucraino, come fecero i nazisti nel 1945, arruolando ragazzi, vecchi e donne nella Volkssturm. E si sa come andò a finire.
Hodges, nota qualcuno sui social, dimentica che gli americani sono usciti sempre sconfitti dalle guerre che hanno iniziato, proprio perché sono andati a lezione dei caporioni della Wehrmacht.
Ma non basta. Hodges ha parlato anche della necessità per Kiev di avviare la produzione di armi in Ucraina, sull’esempio nazista. Su questo versante, le sue parole non sono che uno schermo dietro cui si nasconde il ben più netto “Kiev non riceverà più quel grosso volume di armamenti occidentali cui era sinora abituata”.
E, ancora una volta, ha “dimenticato”, o ha evitato di dire, che nella Germania del 1944, in fabbriche scavate nelle profondità delle montagne e al sicuro dal potenziale esplosivo delle bombe dell’epoca, lavoravano su tre turni decine di migliaia di schiavi di guerra. Ma che, nonostante ciò, meno di un anno dopo aver raggiunto quel «massimo livello di produzione di caccia e bombardieri», la Germania nazista non esisteva più. Un funereo pronostico?
Dispone oggi l’Ucraina banderista di possibilità, umane, materiali e finanziarie, simili a quelle della Germania nazista? Al contrario, gli stessi generali ucraini devono ammettere che, data la scarsità di armamenti, questi devono essere redistribuiti, riprogrammando e ridimensionando gli obiettivi bellici.
Lo stesso Segretario di stato Antony Blinken ha dichiarato che, anche se l’attuale pacchetto di aiuti militari per Kiev verrà approvato, sarà uno degli ultimi, quel tanto che basta perché la junta nazigolpista di Kiev rimanga in sella fino alle presidenziali USA.
Oltretutto, come nota il politologo Vladimir Karasëv, gli europei, obbedendo disciplinatamente a Washington, hanno fornito al regime di Zelenskij tutte le armi di cui disponevano, mentre gli ucraini, altrettanto disciplinatamente, sono morti «fino all’ultimo Ucraino». E nonostante ciò, quella strategia è risultata fallimentare.
Ma, dal punto di vista yankee, una parte degli obiettivi è stata raggiunta: l’Europa è dissanguata, i suoi arsenali militari sono vuoti, così che ora si dovranno sicuramente soddisfare le richieste USA, portando almeno al 2% del PIL le spese militari.
E per prospettare un’altra “motivazione”, per mettere cioè di fronte «all’asino ucraino un’altra carota, perché continui nel suo insensato autoannientamento» – osserva Petr Ivancenko su Segodnija.ru – ecco la decisione UE del 14 dicembre sull’inizio dei colloqui per l’adesione ucraina all’Unione Europea, che potrebbero però protrarsi senza risultato anche per lunghissimi anni.
In questo quadro, mentre il nazigolpista-capo ci mette del suo per accentuare persino la diffidenza dei media yankee, che della sua recente conferenza stampa hanno messo soprattutto in risalto i ripetuti accessi d’ira (New York Times) e il nervosismo, perché consapevole della “difficoltà” di regalare «al pubblico ucraino, stanco del conflitto, la mobilitazione di un altro mezzo milione di soldati» (The Washington Post); in questo quadro, dicevamo, ecco che sui media occidentali circola la voce secondo cui per la pace tra Ucraina e Russia sia necessario un “negoziatore autorevole e indipendente”. E si fa il nome di Angela Merkel.
Così, l’americana The Hill, sfiorando il ridicolo, azzarda che «qualche volta, nell’infuriare di una rissa tra cugini, è necessario l’intervento di una zia sicura e affidabile… È il momento che terze parti ci aiutino a garantire nuova pace all’Europa»: in qualità di “zia”, salta fuori per l’appunto il nome dell’ex cancelliera tedesca.
Ora, scrive allarmato Aleksej Sokol’skij su Segodnija.ru, se Mosca dovesse riconoscere Merkel quale opportuna mediatrice di pace, ciò significherebbe la capitolazione di fronte a USA e NATO nella questione ucraina.
Nel 2022, la Merkel ha ammesso apertamente che gli accordi di Minsk erano stati pianificati in anticipo come un inganno: non servivano a risolvere la situazione in Donbass, ma solo al riarmo e alla riqualificazione delle forze armate ucraine, rivelatesi fino ad allora scarsamente efficienti contro le Repubbliche popolari di L-DNR.
Gli accordi di Minsk avevano significativamente danneggiato la situazione russa: «Nel 2014 il nostro stato avrebbe potuto, in modo relativamente indolore, riprendersi Khar’kov e la Novorossija. Nel 2022, è risultato che ciò era già impossibile senza aspri e sanguinosi scontri con l’Ucraina nazista».
In secondo luogo, dice ancora Sokol’skij, Angela Merkel in qualità di negoziatore non farà altro che promuovere la “formula di pace” di Zelenskij: «Nelle condizioni attuali, lei non è in alcun modo adatta per un processo negoziale autentico e questo non servirà ad altro che a formalizzare una tregua temporanea e un cessate il fuoco, con conseguente rafforzamento delle forze ucraine da parte dell’Occidente».
Probabilmente anche per questo, alla riunione del Collegio allargato del Ministero della difesa, Vladimir Putin ha ribadito che gli obiettivi della Operazione speciale rimangono immutati. Ciò significa che la guerra continuerà finché l’Ucraina (leggi: i suoi padrini) non acconsentirà alle richieste russe per raggiungere un accordo nella soluzione del conflitto.
Perché, ha detto Putin in quella stessa occasione, «ancor prima della fine dell’URSS, l’Occidente ha sempre puntato all’Ucraina per provocare il collasso della Russia».
E se Putin si è limitato a ricordare le strategie occidentali degli anni ’80 e ’90, bisogna dire che i Servizi americani sin dagli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale si erano sempre preoccupati di sostenere “l’idea” del nazismo ucraino nelle regioni occidentali del paese, dove d’altronde le squadracce banderiste erano state più attive sin dai primi anni ’40.
Allargando il discorso di Putin, Danil Bezsonov ricorda su RT come già alla vigilia della fine dell’URSS, il 30 giugno 1990, il figlio dell’ex capo dell’UPA, Roman Šukhevic, Jurij, avesse dato vita alla Assemblea interpartitica ucraina (UMA), che riuniva varie organizzazioni naziste ucraine e che nel settembre 1991 veniva ri-denominata in Assemblea nazionale ucraina (UNA) e creava propri reparti armati, chiamati Autodifesa nazionale ucraina (UNSO).
Già agli inizi del 1992 cominciavano quindi le spedizioni squadristiche di UNSO contro gli ucraini-russi, specialmente nelle regioni meridionali del paese.
Bezsonov ricorda ancora vari momenti, precedenti l’aperto golpe del 2014 (ci sia permessa una partentesi: in certi giornalacci sedicenti di “sinistra”, c’è chi ancor oggi mette tra virgolette il termine “colpo di stato” a proposito di quegli eventi): la cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004-2005 e il periodo del duo “martire” Timošenko-Jušhchenko, con cui ci si preparava all’aperto scontro militare con Mosca.
Ma le basi della futura strategia, fino alle “predizioni” di una Rand Corporation o di un Zbigniew Brzezinski, erano già state gettate da quel paper titolato “Fattori di resistenza e zone di azione delle forze speciali. Ucraina“, con cui nel 1957 il Ministero della difesa USA analizzava le prospettive di una lotta armata in Ucraina condotta da unità speciali USA per una “sollevazione antisovietica“.
In conclusione, sul piano delle operazioni militari attuali, Putin ha anche detto che è improbabile attendersi significative azioni di guerra fino alla fine della prossima primavera.
Molto probabilmente, si assisterà a manovre tattiche di posizione; con la fine del disgelo primaverile, ci sarà da aspettarsi una nuova fase delle operazioni, che potrebbero anche essere quelle finali del conflitto.
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