Le immagini di palestinesi seminudi che circolano da diversi giorni hanno sollevato preoccupazioni sulle procedure di arresto israeliane a Gaza e sulle violazioni dei diritti umani, oltre all’accusa di «trasferimento forzato di civili».
Come riporta il quotidiano The Guardian le immagini non rappresentano «la resa di alcuni guerriglieri di Hamas a seguito di uno scontro», ma il risultato «dei rastrellamenti condotti casa per casa dai militari di Tel Aviv nel nord della Striscia di Gaza, a Beit Lahia».
Non vengono dunque dall’area meridionale di Khan Younis dove Tel Aviv sostiene si trovi una roccaforte della leadership di Hamas. Quegli arresti sarebbero il tentativo degli israeliani di «obbligare i civili con la forza ad abbandonare le proprie abitazioni».
Lo scorso giovedì l’Associated Press ha pubblicato un rapporto sugli arresti dell’esercito di Tel Aviv che indica come centinaia di uomini palestinesi siano stati denudati, scalzi o inginocchiati.
Mentre altre immagini mostrano gruppi che marciano verso i campi di detenzione militari, dove molti civili hanno trascorso alcuni giorni, seminudi ed esposti alla fame e al freddo.
Per numerose Ong gli «arresti e le uccisioni sommarie» sono l’ennesimo gesto che rende evidente la «crudeltà di Tel Aviv contro civili inermi». Si legano all’accusa di crimini contro l’umanità presentata da Human Rights Watch e la richiesta di «un’indagine imparziale per indagare tortura e omicidio di civili a Gaza».
Tra gli arrestati ci sono decine di ragazzi di età compresa tra 10 e 13 anni, con testimonianze di torture anche nei confronti di anziani e di donne.
Rami Abdo, direttore dell’Ong Euro-Med Human Rights Monitor, ha indicato che «le forze israeliane stanno attuando uno sfollamento forzato contro i civili, commettendo orribili massacri, esecuzioni sul campo e arresti arbitrari che hanno coinvolto finora 1.200 civili».
Secondo le centinaia di testimonianze raccolte dall’Ong «numerosi civili sono stati utilizzati dall’esercito israeliano come scudi umani per assaltare case e tunnel sotterranei».
L’Ong ha osservato che, sebbene la comunità internazionale «denunci pubblicamente la politica di sfollamento forzato di Israele contro i civili nella Striscia di Gaza, Israele continua ad attuarla sul campo, il che equivale a un crimine di guerra», condannando fermamente le orribili violazioni avvenute durante gli arresti, inclusi pestaggi, arresti arbitrari e minacce di stupro di donne di fronte alle loro stesse famiglie.
Le testimonianze raccolte da Euro-Med Monitor confermano i rapporti pubblicati dal quotidiano israeliano Haaretz sulle «esecuzioni sul campo israeliane di detenuti di Gaza, con altri prigionieri morti dopo essere stati sottoposti a torture e maltrattamenti nel campo militare israeliano “Sde Teman”, situato tra Beersheba e Gaza, trasformato in una nuova prigione simile a Guantanamo», dove i detenuti sono rinchiusi in condizioni disumane.
Sempre riguardo alla violazione dei diritti umani nei confronti dei prigionieri palestinesi nelle carceri, la polizia israeliana afferma che 19 guardie carcerarie della prigione di Ketziot sono indagate per l’uccisione di un detenuto morto lo scorso 18 novembre a causa di «violenze subite in cella».
Una «prima ammissione di colpa» da parte di Tel Aviv riguardo ai sei prigionieri morti in carcere dal 7 ottobre a causa di «torture fisiche, psicologiche o privazione di cure e medicinali», secondo quanto denunciato dalla Società dei prigionieri palestinesi.
Addameer – un’organizzazione palestinese che monitora le condizioni di detenzione – indica «un aumento esponenziale delle violenze nelle carceri, con sistematiche incursioni notturne da parte dei reparti antisommossa».
Attualmente sono quasi «8mila i prigionieri nelle carceri israeliane», con oltre 2mila persone in detenzione amministrativa – senza un’accusa specifica – e alcune centinaia deportate illegalmente dalla Striscia di Gaza.
* da il manifesto
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