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Il documento tedesco sulla guerra con la Russia e l’esercitazione Steadfast Defender

Negli ultimi giorni sono usciti sul giornale tedesco Bild alcuni articoli che riferiscono di un documento segreto del ministero della Difesa di Berlino. In esso viene delineata nel dettaglio una sorta di roadmap per una guerra con la Russia, descritta mese per mese.

Nel testo «Alleanza di difesa 2025» si tracciano le tappe di un conflitto che vedrebbe le sue prime avvisaglie già dal febbraio 2024. Gli scenari previsti arrivano al maggio 2025 quando, con l’aumento delle tensioni sul Corridoio di Suwalki, si arriverà al confronto tra centinaia di migliaia di soldati dei due schieramenti.

Sull’incertezza di come potrebbe evolvere questo braccio di ferro i militari tedeschi si sono fermati, e ne hanno approfittato i media. La vicinanza sia temporale sia geografica di questo ipotetico conflitto, com’è ovvio, attira facilmente il lettore, facendo leva sulla sua preoccupazione.

Ma la realtà di questo tipo di documenti appartiene più alla routine del lavoro delle forze armate che a un pericolo davvero imminente. Pur non commentando la notizia della Bild, un portavoce della Difesa tedesca ha affermato che “considerare diversi scenari, anche se sono estremamente improbabili, fa parte dell’attività militare quotidiana”.

Insomma, come per tutti gli eserciti del mondo, i suoi vertici immaginano i possibili risvolti nei settori sotto tensione (come è sempre stata l’area che separa la Russia dall’exclave di Kaliningrad), per poi addestrare le truppe a rispondervi. Nulla di straordinario, e soprattutto nulla che riguardi Mosca e le prossime mosse del Cremlino.

Il documento parla di quel che sta facendo la NATO, non la Russia, e dunque è facilmente comprensibile perché Peskov abbia detto: “Bild non esita a scrivere bufale, quindi preferirei non commentare”. Smentire non avrebbe fatto che insospettire l’opinione pubblica occidentale.

Anche la notizia rilanciata ieri dal quotidiano  su uno stretto collaboratore di Putin che avrebbe minacciato ritorsioni se questo scenario diventasse realtà, sottolineando che la Russia è una potenza nucleare, si iscrivono in questo quadro. La politica di deterrenza nucleare di Mosca è pubblica e ribadita a più riprese, così come anche gli altri possessori di testate ne hanno una.

L’unica vera notizia è che nel documento citato le ipotesi contemplate sono legate al vacillante sostegno occidentale a Kiev. La possibilità che gli aiuti inviati da Washington e da Bruxelles diminuiscano è ormai così concreta che gli esercito dell’alleanza atlantica devono prepararsi a un futuro in cui non sarà più possibile far morire gli ucraini per gli interessi degli imperialisti “nostrani”.

In sintesi, non sorprende che di fronte a un’ipotetica escalation nella zona, il pericolo di arrivare a un punto di non ritorno per tutta l’umanità sia così facilmente contemplato, da ogni parte. Quello che semmai si dovrebbe fare, secondo logica, è cercare di alleggerire la pressione e favorire la distensione internazionale.

È esattamente il contrario di quello che fa la filiera euroatlantica. Ieri i capi di Stato maggiore della NATO si sono riuniti e hanno lanciato, a partire dalla prossima settimana e fino a maggio, la più grande esercitazione militare dalla fine della Guerra Fredda, col nome di Steadfast Defender.

Vi parteciperanno i suoi 31 membri più la Svezia, col dispiegamento totale previsto che dovrebbe arrivare a 90 mila uomini, 50 navi e una grande flotta di velivoli per un numero di missioni aeree che potrebbe variare tra le 500 e le 700. Le operazioni si svolgeranno tra Germania, Polonia e Baltico, per l’appunto vicino al “corridoio Suwalki”.

A Steadfast Defender seguirà poi un’altra esercitazione, Nordic Response, che dovrebbe interessare la parte settentrionale di Scandinavia e Finlandia. Movimenti di altri 20mila uomini provenienti da 14 stati, tutto a due passi dal confine russo.

I paesi occidentali stanno evidentemente alimentando le tensioni con Mosca. Ma questo è uno scherzare con la guerra che va disinnescato il più in fretta possibile, perché i costi li pagano i soldati al fronte e i settori popolari su cui i costi dell’impegno bellico vengono scaricati.

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