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Gaza. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu chiede il cessate il fuoco a Gaza

Ultim’ora.Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato per la prima volta una risoluzione per chiedere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, dopo quattro tentativi falliti. 

Il testo, sostenuto d 14 Paesi tra cui Cina Russia, è passato dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di astenersi, e di non esercitare il diritto di veto. La risoluzione chiede un cessate il fuoco immediato durante il Ramadan e la liberazione di tutti gli ostaggi ancora in mano ad Hamas.

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Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite voterà oggi una nuova bozza di risoluzione che chiede il ”cessate il fuoco sostenibile e permanente” nella Striscia di Gaza dopo che la Cina e la Russia hanno posto il veto venerdì su quella proposta dagli Stati Uniti.

La nuova bozza chiede ”un cessate il fuoco immediato” in concomitanza con il Ramadan, il mese sacro all’Islam, iniziato lo scorso 10 marzo. Il documento chiede anche ”il rilascio incondizionato e immediato di tutti gli ostaggi” ancora trattenuti nell’enclave palestinese e la ”rimozione degli ostacoli per la consegna di aiuti umanitari” alla popolazione di Gaza

La Cina ha annunciato che sosterrà la nuova bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su un cessate il fuoco “immediato” a Gaza, un via libera che arriva dopo che Pechino, insieme alla Russia, venerdì aveva posto il veto su un testo proposto dagli Stati Uniti.

“La Cina sostiene questa bozza di risoluzione e loda l’Algeria e gli altri Paesi arabi per il loro duro lavoro in questo senso”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. “Speriamo -ha aggiunto- che il Consiglio di sicurezza la approvi il prima possibile e invii un segnale forte per la cessazione delle ostilità”. Il voto al Palazzo di Vetro è previsto in giornata. 

Israele ha nuovamente bloccato l’ingresso di tutti i convogli di cibo nel nord della Striscia di Gaza questa settimana, ha detto il commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), Philippe Lazzarini.

“A tutti i nostri convogli di cibo è stato negato l’accesso al nord di Gaza questa settimana. Con un accesso senza ostacoli, questa fame causata dall’uomo può ancora essere evitata”, ha dichiarato sabato scorso Lazzarini.

La sua dichiarazione arriva dopo che Israele ha negato per la seconda volta questa settimana un convoglio di cibo a nord e alcuni giorni fa ha vietato anche l’ingresso a Gaza allo stesso Lazzarini.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dichiarato durante una visita in Giordania che c’è un crescente consenso internazionale per dire a Israele che è necessario un cessate il fuoco e che un assalto a Rafah causerebbe un disastro umanitario.

Israele intanto sta cercando di bypassare i suoi fornitori militari storici per ottenere armi e materie prime da punti vendita non americani e superare le lacune materiali delle attrezzature da combattimento critiche, ha riferito lunedì mattina la televisione israeliana KAN News.

Un funzionario della sicurezza israeliana intervistato dalla televisione che sostiene che “le crescenti critiche e la delegittimazione alimentate sia dai gruppi musulmani che dagli antisemiti mettono in pericolo il trasferimento di munizioni e la guerra da parte dagli Stati Uniti.

Si teme che le tensioni con gli Stati Uniti siano accentuate dall’eventuale ingresso delle truppe israeliane a Rafah e dalla questione umanitaria a Gaza e che questi fattori influenzeranno la volontà degli americani di continuare ad assistere Israele con la stessa intensità”.

L’ex capo del Dipartimento di Pianificazione del Comando di Stato Maggiore israeliano, il Maggiore Generale Nimrod Scheffer, ha escluso un attacco israeliano su larga scala a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.

Ha detto in un’intervista a 103 FM di Maariv che una tale operazione non è possibile senza il via libera di Washington.

Scheffer, che in precedenza ha diretto la Israeli Aerospace Industries Company, ha detto che gli Stati Uniti “hanno il potere di prendere la decisione su Rafah”, non Israele, “e che è ridicolo per (il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu) resistere anche sapendo che non combatteremo e che gli americani si rifiutano di farlo”.

Al contrario, Scheffer ha previsto operazioni militari limitate a Rafah, che, a suo avviso, non assomiglieranno ai grandi attacchi lanciati da Israele nella Striscia di Gaza nei primi cinque mesi dell’aggressione israeliana.

“Una grande operazione a Rafah era possibile (solo) nelle prime settimane di guerra, ma non abbiamo combattuto e l’opportunità non è più disponibile”, ha detto.

Scheffer ha anche fortemente criticato Netanyahu per aver contraddetto l’amministrazione statunitense sulla questione dell’invasione di Rafah, nonostante il sostegno senza precedenti di quest’ultima a Israele.

L’ex funzionario, tuttavia, ha affermato che la “testardaggine” di Netanyhau sulla questione non è in realtà sincera. “Mente quando manda questo messaggio. I comandanti dell’esercito sanno che non combatteranno a Rafah se gli americani chiederanno che ciò non accada”.

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1 Commento


  • Tiberio

    Quindi di ritirarsi dai territori occupati dal 47 non se ne parla proprio?

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