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“Incatenati 24 ore al giorno, a molti detenuti palestinesi siamo costretti ad amputare gli arti”

La testimonianza di un medico israeliano

Un medico dell’ospedale da campo allestito nel centro di detenzione di Sde Teiman per trattenere gli abitanti di Gaza arrestati ha descritto le condizioni catastrofiche in cui versano i detenuti, incatenati con tutti e quattro gli arti 24 ore al giorno, una condizione che causa gravi ferite alle mani e alle gambe e che spesso porta all’amputazione.

Come riferito dal quotidiano israeliano Haaretz, la situazione in grave violazione della legge è stata descritta dal medico in una lettera indirizzata ad alti funzionari israeliani.

Il dottore ha rivelato che i detenuti del centro, situato vicino alla città israeliana meridionale di Bèer Sheva, vengono regolarmente bendati, nutriti solo con una cannuccia, viene loro negato l’accesso al bagno e vengono sottoposti a importanti interventi chirurgici senza un’adeguata assistenza medica: “A due prigionieri sono state amputate le gambe a causa delle ferite provocate dalle manette”.

Non esiste il rispetto di alcuna disposizione prevista per la salute dei detenuti, ha aggiunto. “Questo rende tutti noi, le équipe mediche e coloro che ci incaricano nei ministeri della Sanità e della Difesa, complici della violazione della legge israeliana. E forse peggio per me come medico, perché ho violato il mio impegno fondamentale nei confronti dei pazienti, ovunque essi siano, come ho giurato quando mi sono laureato 20 anni fa”.

Le condizioni dei detenuti sono state raccontate dallo stesso quotidiano israeliano anche a inizio marzo, quando in prima pagina ha riportato la notizia di 27 detenuti palestinesi – catturati fra Gaza e la Cisgiordania – morti per i maltrattamenti subiti durante la prigionia, come testimoniavano i loro corpi brutalizzati dalle percosse.

Una situazione raccontata anche dai funzionari dell’Unrwa e dalle denunce da loro raccolte: sbarre di ferro per i pestaggi, scosse elettriche, cani e bruciature di sigaretta. Condizioni in violazione del diritto internazionale e che portano spesso alla morte dei prigionieri, i cui corpi vengono sepolti in fosse comuni.

A febbraio a Gaza è stata trovata una di queste con i corpi in decomposizione di decine di detenuti palestinesi bendati e ammanettati, come scritto da Al Jazeera online secondo cui almeno 30 corpi sono stati trovati in “sacchi di plastica neri” vicino alla scuola Hamad, nel nord della Striscia.

Il ministero degli Affari Esteri palestinese aveva chiesto un’indagine internazionale su quelli che ha descritto come “massacri” israeliani, chiedendo che una squadra visitasse Gaza “per scoprire la verità e le dimensioni del genocidio a cui è esposto il nostro popolo”.

Testimoni avevano detto all’emittente tv qatariota che le persone ritrovate sono state bendate, torturate e giustiziate prima di essere messe nei sacchi.

In un report pubblicato a gennaio sul sito web dell’Uhchr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani), e citato da Euronews, il capo dell’agenzia Ajith Sunghay ha anche descritto la condizione di numerosi detenuti palestinesi rilasciati da Israele dopo 30-55 giorni di prigionia.

Hanno descritto di essere stati picchiati, umiliati, sottoposti a maltrattamenti e a ciò che potrebbe equivalere a tortura. Hanno riferito di essere stati bendati per lunghi periodi, alcuni di loro per diversi giorni consecutivi. Ci sono segnalazioni di uomini che sono stati rilasciati solo con i pannolini e senza indumenti adeguati con questo clima freddo”, ha riferito Sunghay.

* da Il Fatto Quotidiano

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