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Operatori umanitari occidentali uccisi a Gaza. Più contractors che volontari del bene?

I tre “operatori umanitari” britannici dei sette uccisi a Gaza la scorsa settimana dagli israeliani, – John Chapman, James Henderson e James Kirby – erano tutti ex soldati delle forze speciali dell’esercito britannico prima di “ritirarsi dal servizio”. Anche il canadese/statunitense Jacob Flickinger di 33 anni era un ex militare, in servizio attivo fino al 2019 in Afghanistan. La Marina Militare e i Fucilieri reali hanno infatti reso omaggio ai propri ex commilitoni.

Sta emergendo che i tre britannici non erano volontari “umanitari” ma, nella migliore delle ipotesi, contractors di una società che si occupa di sicurezza. Secondo altre ipotesi, non verificate, erano invece in “missione di servizio” a Gaza.

Per quanto riguarda John Chapman, 57 anni, il giornale britannico Mirror ha riferito che ha lavorato nelle forze speciali dello Special Boat Service britannico “SBS”, in pratica i marines del Regno Unito.

James Henderson, ha trascorso 6 anni nei Royal Marines ed è stato responsabile dell’analisi dei dati e della valutazione dei rischi per la sicurezza, secondo il quotidiano The Telegraph.

Il terzo uomo è James Kirby, 47 anni, secondo il Daily Mail  anche lui ex militare in Afghanistan, ha avuto esperienza di lavoro in vari teatri di guerra in tutto il mondo.

Secondo il quotidiano britannico “The Sun” i tre uomini lavoravano per una società di sicurezza e intelligence britannica chiamata Solace Global. Secondo altre fonti solo due dei tre erano dipendenti di questa società.

La Solace Global, secondo quanto riportato dal suo sito, è una società che si occupa di conoscenza “in terra, mare e cybersicurezza” basata nel Regno Unito. Si occupa inoltre di risk managment ossia di gestione del rischio. Si tratta di un processo aziendale finalizzato alla valutazione e pianificazione di tutte le attività necessarie alla riduzione del potenziale impatto negativo che variabili interne o esterne all’organizzazione hanno sul conseguimento degli obiettivi aziendali.

Da parte sua, il sito web britannico Inews ha rivolto domande alla società di sicurezza privata “Solace Global” in merito alle informazioni diffuse secondo cui i tre britannici sarebbero collegati ad essa, ma si è rifiutata di commentare e ha indirizzato le domande a “Global Kitchen”.

Il ricorso a ex militari per proteggere i movimenti delle organizzazioni umaniterie durante i conflitti non è insolito. Grazie alle competenze uniche acquisite durante il servizio, i veterani possono essere adatti a garantire che le missioni di beneficenza rimangano protette durante i periodi di crisi. La guerra in Ucraina, ad esempio, ha visto una serie di aziende con ex militari dispiegare aiuti in prima linea.

Tuttavia, la presenza di tre ex militari britannici a Gaza è leggermente più sfumata. Almeno due dei tre uomini lavorerebbero per la società di assicurazioni e intelligence privata Solace Global, assunta dalla WCK per fornire protezione al personale dell’organizzazione durante i viaggi umanitari, ha riferito una fonte di sicurezza a conoscenza della situazione.
In genere la WCK ha un’assicurazione, come durante le operazioni in Ucraina, e in caso di incidente avverso, interviene una società di assistenza e risposta nel Paese.

Ma l’attuale bombardamento di Gaza ha trasformato la regione in una “zona rossa” – un’area che l’Ufficio per il Commonwealth e lo Sviluppo Estero (FCDO) ha definito troppo insicura per gli spostamenti – e non ci sono aziende con le proprie squadre sul posto, così WCK ha assunto operatori militari esperti da Solace Global, scrive Inews.

Con sede a Poole, in Gran Bretagna, la Solace Global sostiene di avere una “competenza senza pari” nei servizi di sicurezza in luoghi ad alto rischio, fornendo protezione a team di media, enti di beneficenza e VIP in zone di conflitto.

L’uccisione dei tre operatori britannici a Gaza, ha visto per la prima volta una insolita e dura reazione da parte del governo di Londra fino ad ora completamente appiattito nel sostegno a Israele. L’ambasciatore israeliano a Londra è stato infatti convocato per protesta al ministero degli Esteri britannico, ed era la prima volta da settantacinque anni a questa parte.

Il primo ministro britannico Rishi Sunak ha telefonato al premier israeliano Netanyahu al quale ha detto di “essere rimasto sconvolto dall’uccisione di operatori umanitari, tra cui tre cittadini britannici, in un attacco aereo a Gaza ieri e ha chiesto un’indagine indipendente approfondita e trasparente su quanto accaduto”

La reazione del governo britannico ha sorpreso molti. Ma secondo alcune fonti, quella di Gaza è stata la perdita più crudele delle forze speciali britanniche degli ultimi sessanta anni.

Esiste infatti una sorta di regola d’oro per il personale dell’intelligence. Metà di coloro che lavorano nel campo umanitario e di soccorso internazionale sono spie e uomini d’élite militari in incognito, l’altra metà sono forse persone oneste, ingenue e di buon cuore che vengono utilizzate come copertura per la prima metà. Questa regola è stata applicata ovunque e viene applicata anche a Gaza.

In questo campo i britannici e i loro professionisti della materia sono i più competenti al mondo nel coprire tutto il male con un po’ di bene.

Insomma sta piano piano emergendo una ipotesi di verità nascosta dietro l’assassinio degli operatori umanitari a Gaza e sul fatto che i tre britannici assassinati, non fossero in realtà chef professionisti, ma piuttosto forze speciali d’élite, che usavano le loro abilità e tecniche avanzate. Non è un caso che i mass media internazionali si siano concentrati ed abbiano dato più rilievo nella comunicazione agli altri operatori occidentali (statunitense/canadese, polacco, una donna australiana) che ai tre britannici, pochissimo spazio ovviamente al settimo operatore ucciso: era palestinese. 

Una fonte anonima sostiene che i tre britannici stavano portando con sé, oltre al cibo, un dispositivo avanzato in grado di catturare le voci dei leader ricercati di Hamas nel raggio di un chilometro con perfetta precisione. Il dispositivo, non più grande di un orologio da polso, era collegato all’esercito israeliano utilizzando l’intelligenza artificiale per lanciare immediatamente e automaticamente missili mortali quando veniva captato il segnale mirato, distruggendo immediatamente il luogo designato e coloro che si trovavano intorno.

Il disastro si è verificato forse perché uno di loro avrebbe attivato erroneamente il dispositivo e inviato segnali sul punto in cui è stato poi lanciato il raid israeliano bombardando gli uomini individuati dal loro dispositivo molto avanzato.

Delle due l’una. O degli ex militari professionisti hanno avuto negli ultimi anni una enorme crisi di coscienza decidendo di passare dal militare all’umanitario o l’attività umanitaria era solo una copertura per altri scopi.

Gli ambienti militari e politici di Tel Aviv, hanno poi dovuto confondere la scena, incluso il fatto di assumersi la responsabilità delle strage del convoglio umanitario “occidentale”, perché se ammettessero la verità, ciò significherebbe una completa perdita di fiducia su tutti i sistemi di armamento avanzati israeliani.

L’esercito israeliano ha dichiarato di aver licenziato due ufficiali e rimproverato altri tre per il loro ruolo negli attacchi di droni a Gaza che hanno ucciso i sette operatori umanitari, affermando che avevano gestito male informazioni critiche e violato le regole di ingaggio dell’esercito.

Gli operatori umanitari uccisi a Gaza sono stati finora oltre duecento, ma erano soprattutto palestinesi e la loro morte non ha suscitato nessun clamore paragonabile a quello che abbiamo registrato nel caso dei sette operatori occidentali uccisi la scorsa settimana.

 

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