A fare naufragio nel Mediterraneo o l’Atlantico non sono solo i migranti o i richiedenti asilo che allungano l’elenco dei scomparsi nelle acque che uniscono (e separano) i continenti. Ciò che, forse meno palesemente ma non con minori conseguenze, sono i naufragi del continente europeo in Africa o, meglio, nelle Afriche che la costituiscono.
Un osservatorio privilegiato di questi processi storici è, tra gli altri, il Sahel dove chi scrive si trova da oltre 13 anni. Un tempo che, ‘abitato’da avvenimenti come le chiese bruciate di Zinder e Niamey nel 2015, il rapimento dell’amico Pierluigi Maccalli nel 2018 e l’ennesimo colpo di stato del luglio scorso ha offerto emozioni, riflessioni e ricerca di senso. Come tutto qui, peraltro, è un pensiero di ‘sabbia’.
Dopo aver spinto i militari francesi ad abbandonare il Niger è adesso la volta della presenza militare americana e le sue due basi militari ad organizzare una ritirata ‘ordinata e responsabile’ dal paese. Rimangono, patetici, un gruppo di militari tedeschi e, più numerosi, italiani in ‘vigile attesa’ delle decisioni della giunta militare al potere (e dei russi ormai bene installati).
Appare surreale quanto l’ambasciata italiana ha organizzato nella capitale Niamey. Si tratta di una conferenza prevista all’università e di una mostra su Pinocchio sullo sfondo del “Design italiano come forza motrice dell’innovazione e creatività”. Già nel passato erano state organizzate le giornate della cucina italiana oltreché dei film italiani d’autore.
C’è naturalmente di peggio nella vita diplomatica di una Paese e nondimeno quanto citato lascia presagire qualcosa del dramma a cui facevo allusione nell’introduzione.
Essi si manifestano, dall’osservatorio di ‘sabbia’ del Sahel, con tre tipi di naufragio di cui il primo si trova nello ‘sguardo’. In effetti, malgrado le critiche, i lavori degli antropologi e i cambiamenti occorsi nell’interpretazione delle culture, lo sguardo dell’Occidente sulle Afriche, non riesce a liberarsi dal passato ‘coloniale’.
Uno sguardo, quello occidentale, che continua a presumersi unico e dunque in grado di giudicare, dal ‘suo’ centro e punto di vista ogni differenza in fondo intesa come inferiorità rispetto al modello unico europeo.
Forse non si è capito ancora che anche gli africani hanno smesso di parlare con la bocca degli altri e di guardare con gli occhi degli altri. Hanno scelto di usare la propria bocca e i propri occhi per raccontarsi.
L’incapacità di mettersi all’ascolto dell’altro è proprio ciò che ha costituito il secondo naufragio dell’Occidente. L’arroganza del potere della tecnica, dell’economia e, non dimentichiamo, delle armi, ha creato la temibile malattia della sordità europea che parla di se stessa e a se stessa senza mai uscire da se stessa.
In tutti questi anni di progetti di sviluppo, assistenze umanitarie e accordi bilaterali il grande assente è stato l’ascolto attento e umile di chi avrebbe potuto salvare l’Europa da se stessa.
Infine, alla radice dei naufragi giace il grande tradimento che avrebbe comportato lo smarrimento del pensiero e dell’etica ad esso conseguente. Si tratta della drammatica separazione della spiritualità dalla vita quotidiana, la mutilazione non casuale di ogni interiorità, la perdita del sacro, dell’anima e di quanto costituisce la dignità della persona.
L’espropriazione di questa dimensione essenziale è stata l’opera fondamentale del capitalismo che il neoliberismo continua a completare.
Le Afriche non accetteranno facilmente di essere svenduti alle ideologie dominanti nell’”Occidente etico”. Per chi ‘ogni giorno in più è una vita’ non è credibile che il cambiamento di sesso dei bimbi o le bandiere tricolori LGBT siano una priorità.
Niamey, aprile 2023
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