“Questo governo è contro tutti i genocidi. Quanti applaudono il genocidio dei palestinesi hanno applaudito anche quello dei colombiani. Costruiscono politiche di morte, mentre l’umanità ha bisogno di politiche di vita”.
Il primo governo di sinistra della storia colombiana non dimentica il ruolo che Israele ha avuto nell’addestramento delle prime bande paramilitari di estrema destra che insanguinarono il Paese tra anni ’90 e 2000, generando decine di migliaia di morti civili.
Tel Aviv ha dato per decenni ai governi conservatori colombiani un grande contributo militare per la “guerra al terrorismo”, nel momento in cui le élite colombiane decisero di affrontare il conflitto armato interno oscurando la sua origine sociale e politica, presentandolo come semplice problematica di “sicurezza” da risolvere militarmente.
La Colombia passa dall’essere il principale alleato sionista nella regione al secondo Paese, dopo la Bolivia, che recide completamente le proprie relazioni con Israele. Ancora una volta il Latino America progressista si dimostra un’alternativa concreta alla spirale di guerra e di massacri sostenuti da Unione Europea e Stati Uniti.
Dopo un crescendo di tensioni durato mesi, le relazioni diplomatiche tra Colombia e Israele arrivano a rottura definitiva. In queste ore infatti sta venendo rimpatriato tutto il personale diplomatico israeliano da Bogotá.
La chiusura dell’ambasciata era stata minacciata già ad ottobre, quando l’ambasciatore israeliano Gali Dagan aveva attaccato duramente il presidente Petro per le sue parole di invito a risolvere il conflitto con la diplomazia. Atteggiamento che aveva suscitato molte critiche da parte di vari ministri del governo, tra cui quello degli esteri, che aveva invitato Gadal a rispettare le istituzioni colombiane o andarsene.
Dall’avvio delle operazioni sioniste contro la popolazione civile di Gaza ad ottobre, il presidente Petro si è più volte pronunciato per la necessità di una soluzione politica degli eventi, riprendendo la propria proposta di Pace Totale che sta portando avanti in patria nei confronti di gruppi guerriglieri e paramilitari ancora attivi, invitando a cercare strade similari in Medio Oriente.
Il presidente colombiano Petro aveva salutato positivamente il cessate al fuoco per il mese del Ramadan, augurandosi l’avvio di un processo negoziale che potesse cercare una soluzione politica agli eventi. Al riprendere delle azioni militari sioniste, la Colombia ha deciso di rompere definitivamente le relazioni diplomatiche di fronte all’assenza di volontà israeliana di uscire dalla logica militare e genocida.
Le dure parole di Petro hanno avuto il coraggio di chiamare in causa direttamente lo Stato sionista. Ben diverso dalle voci della politica europea e statunitense che, quando non appoggiano apertamente il massacro sionista, tentano di far ricadere la colpa di “alcuni eccessi” delle operazioni militari a Gaza alla personalità di Netanyahu. Un capro espiatorio nel tentativo di salvare l’intero progetto coloniale sionista.
La presa di posizione colombiana è un atto forte che arriva da un Paese storicamente molto vicino a Israele, tanto da aver stipulato vari trattati di libero scambio e di collaborazione scientifica e militare con Tel Aviv.
L’atteggiamento dell’ambasciatore israeliano fa parte dell’arroganza tipica dei sionisti ad ogni latitudine, ma che nel paese latino americano ha il sapore di chi ha un grosso potere contrattuale per richiamare all’ordine i politici locali. Oltre ad essere fornitore di gran parte dei sistemi di difesa e intelligence in Colombia, Israele conta con l’appoggio della più grande presenza diplomatica statunitense fuori dai suoi confini: l’ambasciata USA di Bogotá, la più grande al mondo.
In ogni caso la postura del governo colombiano è sempre stata con la schiena dritta, non cedendo a ricatti di sorta e continuando a criticare i massacri sionisti contro i civili e proponendo soluzioni diplomatiche e aiuti umanitari ai civili palestinesi.
La Colombia non è la sola ad agire per fermare il genocidio palestinese. Da mesi il Brasile di Lula è promotore all’ONU della creazione di un corridoio umanitario a Gaza, mentre il Nicaragua ha richiamato la Germania alla Corte Internazionale di Giustizia per aver appoggiato un genocidio, chiamando in causa le sue posizioni filo-sioniste.
La Bolivia ha dichiarato Israele stato terrorista fin dal 2014 per non rispettare la Carta dei Diritti Umani e reciso definitivamente le sue relazioni diplomatiche dopo i primi mesi dell’attacco sionista a Gaza.
Insieme a Messico, Cile, Cuba e Venezuela il Latino America progressista segna il punto nella politica internazionale, pressando per mettere fine al genocidio in corso del popolo palestinese e proponendo strategie per obbligare Israele ad abbandonare la sua follia omicida.
* da El Diario
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Matteo
L’America Latina si conferma ancora una volta un esempio da seguire; l’UE invece si crogiola nella sua consueta ignominia appoggiando il genocidio palestinese con i suoi burocrati corrotti e incompetenti.
Pasquale
i latino-americani sanno cosa vuol dire essere perseguitati dalle dittature. Ne hanno coraggiosamente sconfitto parecchie anche sanguinarie. Sono popoli che non dimenticano e bene ha fatto la Colombia a rompere con lo ‘stato sionista di Israele’. La speranza è che la Colombia faccia strada e altri la imbocchino.