Mentre scriviamo lo spoglio delle schede elettorali in Sud Africa ha di poco superato la metà di voti.
Dallo svolgimento delle elezioni – avvenute il 29 maggio – la Commissione Elettorale ha 7 giorni per annunciare i risultati ufficiali di questo Stato che ha 62 milioni di abitanti, e 28 milioni aventi diritto al voto.
La corrispondente di Le Monde a Johannesburg – tradizionale bastione dell’opposizione – ha scritto di file d’attesa ai seggi di chilometri in queste elezioni critiche per il Paese.
Alle 11 della mattina la maggioranza degli aventi diritto si era recata alle urne secondo quanto riporta la Commissione Elettorale.
Una indicazione che la partecipazione dovrebbe quanto meno eguagliare quella del 2019 dove votò il 66%.
Permane l’incertezza sull’esito finale, se anche il 22 maggio l’Afrobarometer aveva affermato la propria incapacità di “prevedere il risultato finale delle elezioni”, considerando che un terzo delle persone consultate non sapevano ancora per chi votare ad una settimana dall’apertura dei seggi.
Da quello che sembra emergere da questo dato parziale, appare comunque rispettato lo scenario previsto dagli altri sondaggi.
Il dato principale è la perdita della maggioranza assoluta da parte dell’African National Congress (ANC) che – se sarà confermato – sarà con ogni probabilità costretto a governare per la prima volta in coalizione a livello nazionale – dalla fine dell’apartheid.
Lo spoglio del voto nelle aree urbane, tradizionali roccaforti dell’ANC, potrebbe migliorarne la prestazione, ma è piuttosto improbabile che superi il 50%.
É chiaro che, come afferma ad Al Jazeera Mike Hanna da Midrand “quello che abbiamo visto nelle aree rurali è una emorragia di consensi”.
Con poco più del 51% delle schede scrutinate, l’ANC si attesta poco al di sopra del 42%. Un risultato che sembrerebbe dare torto alle dichiarazioni ottimistiche del suo leader Ramaphosa espresse nel giorno delle elezioni, nelle quali prevedeva che le persone votassero “per la stabilizzazione e la democrazia” dando “la maggioranza all’ANC”, ed elogiando la campagna elettorale condotta dal proprio partito.
Negli ultimi giorni i sondaggi del Social Research Foundation davano l’ANC in leggera rimonta, al 42,2%, testimoniando gli effetti della campagna elettorale condotta dal partito, ma assai lontano dalla maggioranza assoluta, sperata dal suo leader.
Il secondo partito rimane la Democratic Alliance (DA), la formazione della minoranza bianca che aveva costituito, insieme a gruppi minori, una coalizione multipartitica d’opposizione circa un anno fa e comprendente una decina di organizzazioni. Ma, nonostante cerchi di “sganciarsi” da quest’immagine, i risultati non sono esaltanti.
Secondo Le Monde la Democratic Alliance” è il “Prodotto dell’opposizione bianca all’apartheid, il DA soffre ancora di essere talvolta erroneamente equiparato a un erede dell’architetto dell’apartheid, il National Party. Le polemiche hanno contribuito a offuscare la sua immagine, come quando nel 2015 uno dei suoi parlamentari ha condiviso un post su Facebook in cui chiedeva il ritorno di P.W. Botha, presidente del regime razzista dal 1984 al 1989. Negli ultimi anni il partito ha subito anche una serie di partenze dei suoi leader neri. La maggior parte di loro ha lasciato, criticando la mancanza di inclusività o la decisione di abbandonare le politiche di discriminazione positiva progettate per correggere le disuguaglianze ereditate dall’apartheid, una questione molto sensibile in Sudafrica”.
Più netto il giudizio di People’s Dispatch:
“Il DA si distingue per l’opposizione alle politiche di ridistribuzione e riforma agraria, per la promozione di politiche economiche neoliberiste e favorevoli al business, come la privatizzazione dei beni statali, e per l’opposizione alla politica estera anti-imperialista del Sudafrica. Il DA ha espresso un forte sostegno all’Ucraina e ha criticato la posizione del Sudafrica nei confronti della Russia. Ha inoltre criticato aspramente l’ANC per non aver condannato Hamas dopo l’operazione del 7 ottobre e il partito non ha appoggiato la causa del Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia contro Israele.”
Poco meno di un quarto di elettori – circa il 23% – gli ha dato la preferenza, con un leggero miglioramento rispetto al 21% delle elezioni precedenti, che gli avevano permesso di avere 84 deputati eletti su 400.
Un risultato d’attribuire anche anche alla rappresentazione di “buoni amministratori” nelle province nell’Ovest tradizionalmente più benestanti dove governano di recente.
Votando per il DA, “voterete per un governo che darà lavoro ai giovani, che vi garantirà l’acqua alla spina e la luce in casa. Possiamo farlo perché l’abbiamo fatto a Città del Capo, l’abbiamo fatto nel Capo Occidentale“, ha dichiarato all’inizio di maggio Siviwe Gwarube, uno dei leader del partito, durante un incontro per gli elettori neri a Soweto.
La terza formazione più votata è la MKP, la “lancia della nazione”, dell’ex presidente della ANC Zuma, con quasi l’11 percento. Una new entry per una formazione creata l’anno scorso dall’ex leader dell’ ANC che sembra avere raccolto un buon consenso nella provincia di provenienza e tra gli Zulu di cui Zuma è parte, e sembra avere capitalizzato il “voto per vendetta” contro l’attuale establishment dell’ANC.
Come ricorda Adekeje Adebajo, docente e ricercatore dell’Università a Pretoria in un suo intervento sul quotidiano spagnolo El País: “Durante la presidenza di Jacob Zuma (eletto nel 2009), il Sudafrica è entrato nel club dei BRIC. Zuma ha perseguito una politica commerciale mercantilista per posizionare il Paese come “porta dell’Africa”, mentre i giganti aziendali sudafricani – dominati dai bianchi – in settori che vanno dalle comunicazioni e dall’industria mineraria ai supermercati e alle catene di fast food si sono diffusi in tutto il continente. Durante il suo mandato, tuttavia, le istituzioni statali sono state svuotate e il suo governo è stato accusato di corruzione diffusa.”
Con il 2% in meno di consenso si attesta il Economic Freedom Party di Malena, fino ad ora in calo rispetto all’11% ottenuto nel 2019.
Malema potrebbe essere il vero “kingmaker” di queste elezioni secondo la Reuters, se la sua formazione venisse cooptata nella coalizione governativa.
Il EFF promette di nazionalizzare le miniere di oro e di platino e di prendere il controllo delle terre dai farmers Bianchi, oltre a riequilibrare le persistente disparità razziali ed economiche.
“L’ANC ha liberato i Sud Africani Neri dal privilegio bianco, ma il benessere diffuso che ha promesso tre decenni fa deve ancora materializzarsi. Nel mentre gli ultra-ricchi – sia Bianchi che Neri – hanno visto la loro parte di ricchezza espandersi” ha dichiarato Steven Friedman, direttore del South Africa’s Centre for the Study of Democracy, alla Reuters in una inchiesta sul peso politico del EFF.
Se gli attuali risultati parziali verranno confermati saranno confermati l’ANC di Ramaphosa dovrà scegliere cosa fare: se guardare alla propria “sinistra” e coinvolgere la formazione dell’ex leader della propria organizzazione giovanile – “la coalizione dell’apocalisse” l’ha definita la Democratic Alliance – o guardare a “destra” al partito liberal-conservatore della minoranza bianca, vezzeggiato dal blocco occidentale.
Quest’ultima ipotesi potrebbe causare un “terremoto politico” nella sua tradizionale alleanza con il Partito comunista sud Africano (SACP) e con la confederazione sindacale COSATU, che anche in questa tornata elettorale hanno dato indicazione di voto e fatto campagna elettorale per l’ANC.
Come ha messo in evidenza Adebajo: “Sebbene il Sudafrica post-apartheid riceva una copertura negativa da parte dei media occidentali, negli ultimi tre decenni il Paese ha compiuto progressi socio-economici impressionanti. Sono state costruite circa 3,4 milioni di unità abitative, il 90% delle famiglie ha ora l’elettricità, l’82% è collegato alla rete idrica e 18,8 milioni di sudafricani ricevono preziosi sussidi sociali.”
Recentemente poi, dopo un decennio di gestazione, è stata approvata una legge che introduce l’assicurazione sanitaria universale che permetterà a tutti di potere ricevere cure a prezzi accessibili.
Ma è chiaro che alcuni dati pesano nella gestione del potere da parte dell’ANC: dai black out nella luce elettrica alla percezione di una maggiore criminalità.
Numerose statistiche danno il quadro di una situazione difficile con la disoccupazione ufficiale attorno al 33%, recentemente aumentata durante il primo quarto del 2023, e che tocca 8,2 milioni di sudafricani, in particolare i giovani Neri.
Le regioni con i minori tassi di occupazione sono Eastern Cape, con il 42,4% e North West con il 40,5%. Mentre le due province occidentali, su nove di cui è composto il Sud Africa, stanno relativamente meglio, in particolare “Western Cape” dove supera di poco il 21%.
Nella campagna elettorale, l’ANC ha promesso di creare 2 milioni e mezzo di voti se fosse stata eletta a governare per i prossimi 5 anni.
É chiaro che l’ANC sarà ad un bivio: o completare gli obiettivi della “Freedom Chart” e consolidare la sua posizione internazionale all’interno dei BRICS e di sostenitrice della causa dei popoli oppressi, o congelarla favorendo gli interessi privati e tornando sul solco che le oligarchie occidentali avevano predisposto per lei.
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