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Macerata, le foibe e l’antifascismo elettorale

Ci vorrebbero ore per ripercorrere anche solo schematicamente le tappe di un processo, iniziato negli anni ’90, che ha portato buona parte dell’ex sinistra a sdoganare i fascisti e ad adottare una chiave di lettura sostanzialmente razzista. In qualche modo, però, gli eventi degli ultimi giorni forniscono un utile compendio dei meccanismi politici incubati per anni ed esplosi più recentemente sotto forma di una vera e propria emergenza.

 

Lo sdoganamento dei fascisti: le responsabilità dei media mainstream e del PD

Il Ministro Orlando, del PD, ha affermato recentemente che in Italia “il rischio del fascismo non va sottovalutato”. Eppure i ministri del PD non perseguono le organizzazioni fasciste i cui responsabili si dedicano quotidianamente alle aggressioni e alle minacce contro gli esponenti dei movimenti sociali e di sinistra, contro i migranti, i gay, i mendicanti e tutti coloro che vengono classificati come ‘diversi’.
Anche la Polizia e la magistratura diretti da un ministro del PD non intervengono contro le organizzazioni fasciste neanche quando dalle loro sedi partono i ‘banglatour’ – le spedizioni punitive contro i migranti – o le aggressioni contro le associazioni o i partiti antifascisti.

Senza contare che da anni sono proprio alcuni tra i giornalisti e i media più vicini al partito di Renzi e Gentiloni ad invitare i fascisti nelle trasmissioni tv in modo che possano diffondere odio e bugie, permettendo loro di realizzare comizi senza contradditorio. Sono sempre alcuni intellettuali, giornalisti ed esponenti politici “progressisti” a partecipare ai dibattiti e alle passerelle organizzate dai nostalgici del duce nelle loro sedi, trasformandoli in veri e propri eventi glamour. A chi li contesta spiegano che “in democrazia devono parlare tutti e si parla con tutti” e che va aperto il confronto con quelle organizzazioni che, come ad esempio Casapound, “accettano le regole del gioco democratico”.

Gli eventi delle ultime settimane confermano la responsabilità dei media mainstream nello sdoganamento dei fascisti e della loro truce propaganda. Non solo i giornali della destra, ma praticamente tutta la stampa nazionale ha messo in relazione la tentata strage di immigrati da parte del candidato leghista di Macerata con la morte della giovane Pamela Mastropietro. Il gesto di Traini – pur definito inaccettabile, esagerato, esecrabile – quasi in nessun caso è stato ricondotto alla sua matrice politica ma è stato generalmente considerato una reazione, per quanto folle, all’omicidio forse compiuto da alcuni nigeriani. Il rapporto tra i due episodi è stato descritto quindi come di “causa-effetto”.

D’altronde lo stesso Matteo Renzi in un tweet scriveva: “Quello di Macerata è un atto razzista, ma non sono i pistoleri che possono portare giustizia. L’assunzione per ogni anno di 10 mila poliziotti e carabinieri è la risposta, buonsenso e non tagli alle forze dell’ordine”. Il segretario del PD ha messo in relazione la violenza dell’esponente fascista con la morte di Pamela Mastropietro promettendo “più sicurezza”. La dichiarazione è suonata come il richiamo all’ordine da parte di uno sceriffo che ai cow-boys pronti a linciare il malcapitato di turno promette la sua impiccagione, ma secondo le regole.

 

Sicurezza: il PD rincorre la destra

Il ministro dell’Interno ha affermato qualcosa di diverso ma di altrettanto grave: “Traini l’avevo visto all’orizzonte dieci mesi fa, quando poi abbiamo cambiato la politica dell’immigrazione”. Facendo passare l’episodio di Macerata come un caso isolato Minniti ha dimenticato di citare la strage di migranti compiuta da Casseri a Firenze nel 2011, l’omicidio a Fermo del nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi da parte del fascista Amedeo Mancini e il più recente episodio in cui a Bellona (Caserta) l’esponente di Forza Nuova Davide Mango ha assassinato la moglie e sparato vari colpi dal balcone contro i passanti.
Minniti ha però confermato il principio che guida la politica non solo del PD ma di tutto l’establishment europeo: per evitare che i populisti di destra, gli xenofobi e i fascisti si affermino elettoralmente e che i razzisti passino all’azione in modo incontrollato, sono gli stessi governi “liberali e democratici” ad applicare una dottrina persecutoria nei confronti dei migranti intestandosi la battaglia per la cosiddetta sicurezza. Così, però, oltre a rendersi responsabili di politiche odiose – l’accordo Italia-Libia e quello precedente Ue-Turchia – legittimano le ragioni dell’estrema destra, a sua volta ‘costretta’ ad aumentare i toni e a rincarare la dose pur di trovare spazio obbligando così i “liberali” e i “democratici” di cui sopra a esacerbare il proprio discorso all’interno di una spirale infinita. Per stessa ammissione di alcuni dei ‘ministri della paura’ europei, sulla percezione della sicurezza da parte di una cittadinanza impaurita a colpi di allarmismo mediatico e di presunte emergenze, e quindi sempre più bisognosa di rassicurazioni di stampo autoritario e repressivo, si gioca uno scontro tra le diverse forze politiche che diventa una tenaglia.

Per tornare a Macerata, è stato il sindaco renziano della località, Carancini, a chiedere solennemente di evitare ogni ulteriore manifestazione dopo che, a tentata strage avvenuta, Casapound, Forzanuova ed altre organizzazioni razziste, protette da un consistente schieramento di polizia, sono state lasciate libere per alcuni giorni di scorrazzare per la città.

 

Macerata: la diserzione di Anpi, Arci, Cgil e Libera

Immediatamente le direzioni delle organizzazioni di massa del PD – Anpi, Arci, Cgil, Libera – hanno revocato la loro partecipazione alla manifestazione antifascista, tra l’altro annunciando una disdetta del corteo, come se l’avessero convocato loro e non alcune realtà territoriali antifasciste marchigiane che per fortuna l’hanno confermato.

Da parte sua Minniti ha sconfessato Orlando – diversità di vedute o gioco delle parti? – affermando che “il fascismo in questo paese è morto” (lo stesso mantra che insistentemente ripetono l’estrema destra, il centrodestra e il Movimento 5 Stelle). Poi ha ringraziato platealmente l’Anpi per il tentato boicottaggio del corteo di Macerata, minacciando di vietare la manifestazione nel caso in cui le forze politiche coinvolte non avessero fatto dietrofront.

Poco dopo è stato il prefetto di Macerata ad annunciare il divieto di tutte le manifestazioni “per motivi di ordine pubblico” (non meglio precisati). Due manganellate – due di numero – contro i fascisti di Forza Nuova, impegnati in un comunque riuscitissimo blitz elettorale nel centro della città marchigiana, sono servite a rappresentare una inesistente mano ferma delle autorità contro “gli opposti estremismi”. Ben più violento è stato infatti il trattamento riservato in quelle ore dalle forze dell’ordine agli antifascisti scesi in piazza a Pavia, a Torino e a Piacenza, con tanto di feriti e arresti.

 

L’antifascismo elettorale del PD

Resesi conto del boomerang d’immagine le direzioni delle organizzazioni protagoniste della diserzione da Macerata hanno prontamente convocato manifestazioni in varie città per sabato scorso e i prossimi giorni. L’indicazione è giunta, secondo alcuni organi d’informazione, direttamente da un PD preoccupato dal fatto che la rivolta nella base dell’Arci, dell’Anpi e addirittura della Cgil possa far ulteriormente scendere le quotazioni del partito. Renzi sta personalmente gestendo – vedi la passerella a Sant’Anna di Stazzema – l’improvvisato revival antifascista del partito.

Il problema è che si tratta di manifestazioni che non indicano una controparte e che non si basano su rivendicazioni concrete, ma che sono espressione di un antifascismo di maniera e strumentale che scatta preferibilmente sotto elezioni ed in forme così diluite e vaghe da non rappresentare alcun elemento di contrasto reale per i fascisti.

Un antifascismo a orologeria che animò, ad esempio, la manifestazione nazionale convocata il 9 dicembre a Como dal Pd e da alcune realtà del centrosinistra dopo il blitz intimidatorio neonazista realizzato nella sede di un’associazione antirazzista. Peggio il PD aveva fatto con la manifestazione del 25 aprile a Milano, servìta a rappresentare un artificiale nazionalismo europeista proposto in sostituzione della “liberazione dal nazifascismo” con tanto di militanti vestiti d’azzurro (che a molti ricordarono i puffi) o di citazioni di Cocò Chanel, nota per essere stata una collaborazionista del governo fascista di Vichy e degli occupanti nazisti.

 

Quale antifascismo?

D’altronde molte testate giornalistiche abitualmente riducono le aggressioni fasciste contro migranti o militanti di sinistra a “risse”, “zuffe”, “scontri” salvo poi, in presenza di attacchi diretti ai giornalisti o, di nuovo, in prossimità di qualche appuntamento elettorale, riscoprirsi improvvisamente (ma solo momentaneamente) preoccupate per l’escalation fascista nel nostro paese. Ovviamente omettendo di citare i meccanismi di protezione, complicità, connivenza sui quali le organizzazioni dell’estrema destra possono contare nel sistema mediatico, nella politica mainstream, nel padronato, nella magistratura e nelle forze dell’ordine. Basterebbe ricordare quanto scrivevano nel 2017 i servizi segreti a proposito di Casapound per svelare il bonario atteggiamento delle istituzioni della “Repubblica nata dalla Resistenza” nei confronti dello squadrismo: in un rapporto l’intelligence descriveva i “fascisti del terzo millennio” come degli attivisti sociali attenti ai problemi degli “italiani” impoveriti dalla crisi evitando di elencare le azioni squadristiche o le crescenti connivenze con la malavita organizzata. Per un documento riservato del Ministero degli Interni risalente al 2016 e dal quale traspariva un’esplicita empatia nei confronti degli squadristi, quelli di Casapound sono sostanzialmente dei “bravi ragazzi”.

A Macerata e a Piacenza, al contrario, una parte consistente della piazza ha ricordato che se i fascisti in questo paese hanno alzato la testa è perché le politiche “lacrime e sangue” del PD hanno abbondantemente concimato il terreno. Anni di massacro sociale e di autoritarismo targato Unione Europea hanno diffuso povertà, precarietà e insicurezza generando le condizioni per il montare di un risentimento sociale che lo stesso sistema politico e mediatico si incarica di incanalare verso la xenofobia. Da una parte il PD – senza dimenticare quella parte della sua dirigenza momentaneamente transfuga in LeU – si rappresenta come l’unica diga contro la barbarie in nome “dei valori europei di convivenza, civiltà e solidarietà”, dall’altra mutua e assume una parte crescente del discorso dell’estrema destra a partire dai dogmi della sicurezza, del decoro e degli ‘sbarchi zero’.

Il PD gioca letteralmente col fuoco, alimentando coscientemente un ritorno di fiamma del fascismo che gli permette di mantenere la presa su quei settori di elettorato scontenti del massacro sociale ma anche – giustamente – spaventati dall’escalation del razzismo e della violenza squadrista. Da questo punto di vista la diserzione del PD e dei suoi addentellati di massa dal corteo di Macerata ha rappresentato un elemento di pulizia e chiarezza di una mobilitazione che altrimenti sarebbe stata inquinata. E’ evidente che l’antifascismo opportunistico e di maniera messo in campo dal centrosinistra rischia di produrre l’effetto opposto. Se quei personaggi, quei partiti riconducibili alla ‘sinistra’ che da anni applicano le feroci politiche che hanno incrementato povertà, precarietà e disoccupazione si ammantano di antifascismo, l’effetto è quello di spingere consistenti settori popolari in bocca proprio ai fascisti e ai populisti di estrema destra, che possono invece presentarsi come un’opzione politica esterna all’establishment e quindi non responsabile del disastro.

Un antifascismo che sia efficace nel contesto attuale non può limitarsi alla denuncia di tipo etico e morale del “male assoluto”, ma deve mettere in primo piano una visione di classe – oltre che una pratica militante – che ricordi quanto i fascisti rappresentino da sempre uno degli strumenti preferiti dalle classi dominanti per difendere i propri privilegi nelle situazioni di crisi e incertezza. Un antifascismo coerente ed efficace non solo deve battersi per espellere i fascisti dai territori e dall’agone politico, ma non può esimersi dal denunciare le responsabilità delle classi dirigenti nella genesi della situazione attuale, a maggior ragione se queste fanno riferimento ad una ‘sinistra’ che non è più tale.

 

“E allora le foibe?”

D’altronde è stato nei giorni scorsi lo stesso trattamento mediatico destinato al corteo di Macerata a ricordarci le enormi responsabilità del PD e di pezzi consistenti della sinistra più o meno radicale nello sdoganamento del fascismo. Quando era chiaro che il corteo era stato massiccio e che si era svolto senza creare i problemi di ordine pubblico agitati da Minniti e prefetto per invocare il divieto, tv e giornali hanno opportunamente tentato di ridurre la mobilitazione antifascista ad un presunto coro “irrispettoso nei confronti delle vittime delle foibe”. D’altronde a molti non era andato giù il fatto che la mobilitazione di Macerata e delle altre città avesse sottratto per una volta la scena al teatrino delle celebrazioni del cosiddetto ‘giorno del ricordo’.

Ma lo dobbiamo a molti influenti esponenti del PDS-DS-PD e a parecchi intellettuali e dirigenti della sinistra se il tradizionale ostracismo sociale e politico nei confronti del fascismo è stato colpevolmente rimosso.
Potremmo citare la feconda opera di revisionismo storico di Gianpaolo Pansa, il processo di pacificazione all’insegna della rivalutazione dei “bravi ragazzi di Salò” portato efficacemente a termine da Luciano Violante e da Giorgio Napolitano, le polemiche su Porzus e il ‘triangolo della morte’ scatenate dalle stesse fila della sinistra e dell’Anpi. E ancora l’attenta demolizione di alcuni capisaldi dell’antifascismo da parte di Fausto Bertinotti o lo sdoganamento mediatico dei fascisti iniziato da Pietro Sansonetti, a lungo direttore della scomparsa Liberazione.

Il tutto culminato, per tornare a Macerata, nell’invenzione di una celebrazione fondata su un falso storico – le foibe – che avrebbe l’ardire di istituire una sorta di “genocidio etnico degli italiani” in grado di bilanciare i crimini dei fascisti con quelli dei comunisti, riabilitando e legittimando così il ritorno dell’estrema destra e della sua ideologia nell’alveo dell’accettabile quando non dell’auspicabile.

 

Marco Santopadre

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