Apparentemente non è successo nulla: Ursula von der Leyen ha buone probabilità di essere riconfermata alla presidenza della Commissione, perfino con la stessa maggioranza (popolari, socialisti, liberali), che questa volta però conterebbe su 403 seggi, invece dei 461 (su 720) di cinque anni fa. In realtà, in attesa della formazione del nuovo esecutivo, possiamo prevedere che i risultati delle elezioni europee del 6-9 giugno produrranno comunque alcuni cambiamenti nei rapporti con la Cina, che nel 2023 (con un interscambio pari a 739 miliardi di euro) si è confermata il primo partner commerciale dell’Unione Europea.
Il fattore in grado di alterare le politiche fin qui seguite dall’Ue è l’avanzata dei partiti di destra, estrema destra e sovranisti: i conservatori di Ecr (passati da 69 a 73 seggi), le destre di Identità e democrazia (da 49 a 58) e le formazioni del gruppo dei “Non iscritti” e quelle senza gruppo, come i neonazisti di Alternative für Deutschland (15 seggi) e gli ultra conservatori ungheresi di Fidesz (11 seggi). In totale oltre 150 scanni, circa un quarto del nuovo europarlamento.
Questi partiti hanno in comune l’obiettivo di indebolire le politiche comunitarie – politica estera e commerciale incluse – elaborate a Bruxelles, per rafforzare l’azione degli stati nazionali. A tutto svantaggio del processo di integrazione europea e del potere contrattuale dell’Ue vis à vis la Cina.
Dunque in un’Ue con leadership deboli e sottoposta alla forza centrifuga dei sovranisti, Pechino – più che in passato – tratterà con i governi nazionali, prediligendo le relazioni “bilaterali” con i singoli stati a quelle con Bruxelles.
L’Ue viene considerata da Pechino sempre meno influente, tanto che i media hanno riservato rari commenti e analisi alle elezioni europee.
Secondo il Global Times
“I partiti di estrema destra hanno ottenuto risultati significativi nelle elezioni del Parlamento europeo, mettendo in luce la crescente insoddisfazione del pubblico europeo nei confronti delle “élite lontane” di Bruxelles e dei loro governi nazionali negli ultimi anni. […] Il risultato elettorale non solo ha mostrato che l’Europa è impantanata in una profonda crisi politica, ma ha anche prefigurato un continente più conservatore e incline all’estrema destra. Questa tendenza probabilmente ribalterà le politiche europee in materia di immigrazione, transizione verde e sostegno all’Ucraina. […] La traiettoria dei legami Cina-Ue dipende in gran parte dal fatto se gli attuali ostacoli saranno ulteriormente esacerbati o adeguatamente affrontati. Chi diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti avrà un impatto più diretto e influente sui legami dell’Ue con la Cina rispetto alle elezioni parlamentari dell’Ue”.
Il voto dello scorso fine settimana ha ulteriormente incrinato le già fragili leadership del cancelliere Olaf Scholz (la cui Spd è stata scavalcata come secondo partito da AfD) e del presidente Emmanuel Macron (il tracollo della cui Renaissance lo ha indotto a convocare nuove elezioni), della Germania e della Francia, i due paesi con cui Pechino ha sempre discusso a livello bilaterale le questioni più importanti, prima di passare per Bruxelles.
Rebus sic stantibus la Cina non rischia di rimanere senza interlocutori nell’Ue? Secondo Jing Men «i leader politici vanno e vengono. Nel bene o nel male, le relazioni Ue-Cina continueranno ad evolversi. Gli interlocutori tra Ue e Cina sono certamente necessari, ma ciò che è più importante sono gli interessi comuni tra le due parti. Se Bruxelles e Pechino concordano sull’esistenza di interessi comuni, non esiteranno a lavorare assieme. Se invece Bruxelles percepirà Pechino più come un concorrente, gli interlocutori non riusciranno a invertire l’attuale tendenza».
Per la direttrice del Centre for European Studies della School of Politics and International Relations della East China Normal University di Shanghai, il motivo per cui dallo scambio di sanzioni nel 2021, le relazioni tra Cina e Ue si sono tanto raffreddate «è che l’Unione Europea ha ridefinito il suo rapporto con la Cina, da “partner” a “rivale sistemico”. Per questo motivo l’Ue è cauta riguardo alla sua cooperazione con la Cina. Al contrario, l’Unione Europea pone l’accento sulla sicurezza economica e tende a seguire una politica di “de-risking”».
Il successo dei partiti sovranisti implica però che nei prossimi anni per la Commissione sarà più difficile coordinare politiche come il “de-risking”. I governi nazionali spingeranno più che in passato per affrontare in ambito bilaterale le relazioni con la Cina. Il prevalere di un quadro politico generalmente più conservatore farà sì tuttavia che i rapporti bilaterali si svilupperanno nello stesso contesto di diffidenza e rivalità con la Cina che ha caratterizzato gli ultimi anni.
*da Rassegna Cina a cura del Centro Studi sulla Cina Contemporanea
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Pino
Ormai, l’ UE è spacciata. La distruzione del Nord Stream senza alcun intervento politico da parte dell’ UE ne è la prova lampante. La sinistra europea potrebbe approfittarne di questa crisi per affrancarsi dal giogo USA, ma i relativi segnali di rinascita politica sono deboli. È più probabile una guerra contro la Russia che un cambiamento di strada.