Giorgio Cremaschi l’ha già spiegato benissimo. Il nuovo governo britannico a Londra è di un Labour di ispirazione blairiana, che arriva giusto in tempo per evitare che ai conservatori succeda qualcuno che metta in dubbio la continuità con la deriva bellicista euroatlantica e con le politiche neoliberiste.
Ma non solo, perché a non vedere nessun cambio di rotta sarà anche la complicità nel genocidio dei palestinesi. A sancirlo era stata già la guerra svolta all’interno del Labour contro Corbyn e le posizioni antisioniste, attaccate strumentalmente con la solita accusa di antisemitismo.
Se ciò non bastasse, arriva ora un’inchiesta della piattaforma giornalistica Declassified UK. Il sito, che si occupa spesso di relazioni estere del Regno Unito, ha ricostruito come i membri del nuovo esecutivo siano profondamente compromessi con le lobbies sioniste.
13 dei 25 membri del governo hanno ricevuto, dalla loro prima elezione in Parlamento, fondi riconducibili ad associazioni affiliate a Israele. Lo stesso primo ministro Starmer è tra questi, insieme anche a Jonathan Reynolds, che in qualità di segretario al commercio gestirà l’esportazioni di armi a Tel Aviv.
L’ammontare totale delle donazioni si aggira intorno alle 600 mila sterline. Tra i benefattori dei laburisti ci sono anche importanti uomini d’affari, risaputamente legati ad ambienti sionisti: Gary Lubner, Trevor Chinn e Stuart Roden, ad esempio.
Il primo ha un passato con ombre anche riguardo l’apartheid sudafricana. Il secondo ha già fatto pressioni in passato sulla politica di John Major, e il padre era presidente del Jewish National Fund (JNF), un’organizzazione descritta dallo storico Ilan Pappé come “un’agenzia colonialista di pulizia etnica“.
Diversi di questi finanziamenti sono arrivati dal Labour Friend of Israel (LFI), ovvero un gruppo interno al Parlamento stesso che sviluppa relazioni bilaterali tra i laburisti britannici e quelli israeliani. Tre ministri di Starmer sono stati recentemente nominati vice-presidenti di questo organismo.
Nell’ottobre del 2023, Starmer ha indicato il LFI come “una fonte inestimabile di energia e idee per me e il mio team“. Anche se il primo ministro – per quel che ne sappiamo – non ha mai ricevuto fondi da esso, partecipa spesso agli eventi del gruppo, ripetendo la retorica del “sionismo socialista“, anch’esso in realtà fautore del genocidio.
Per quanto i benefattori del LFI non siano pubblici, varie indagini giornalistiche hanno fatto emergere profondi legami con l’ambasciata di Tel Aviv a Londra. Attraverso questo ponte tra le due capitali, vengono organizzati anche diversi viaggi in Medio Oriente per alcuni importanti esponenti governativi.
L’European Leadership Network (ELNET), un gruppo di pressione che mira a rafforzare i rapporti tra Israele ed Europa, l’anno scorso ha pagato la visita in Israele di diversi collaboratori del ministro alla Salute Streeting e della ministra all’istruzione Bridget Phillipson.
Parlandone a OpenDemocracy, un consigliere che ha partecipato alla missione ha dichiarato che “c’era un programma chiaro e ovvio per garantire che le persone avessero una posizione filo-israeliana se arrivati al governo“. Un funzionario dell’ambiasciata israeliana, al ritorno, gli chiese pure esplicitamente: “ti è piaciuto il viaggio che ti abbiamo fatto fare?”
Tra i finanziatori di ELNET c’è anche il miliardario statunitense Bernie Marcus, sostenitore di Donald Trump e finanziatore dell’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC). A ricordarci come liberali, socialdemocratici, conservatori e simil-fascisti sono tutti della stessa pasta quando si tratta di promuovere i vincoli euroatlantici.
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