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“Stop killer Kamala”. Gaza inchioda i finti “dem”

La piazza e il Palazzo sono sempre stati distanti, specie negli Stati Uniti. Ma quanto è avvenuto ieri sera durante il discorso di Biden lo chiarisce in modo inequivocabile. Nella sala alcuni manifestanti hanno dispiegato uno striscione con la scritta, “Stop armi a Israele”. Gran parte dei delegati e del pubblico è sembrato però non accorgersi di quanto stesse accadendo e il discorso del presidente è proseguito.

Siano stati distratti o in malafede, il risultato è lo stesso. Al vertice del Partito Democratico Usa – la platea è fatta di delegati e dirigenti, “l’establishment”, non semplici miltanti – la questione palestinese è già risolta: ci pensa Israele con il genocidio.

Tutt’altra questione fuori da quelle mura. Due manifestazioni contrapposte hanno inaugurato la giornata alla convention di Chicago prima ancora che dentro iniziassero con i discorsi scritti a beneficio di telecamere. Pro-Palestina e sionisti militanti si sono guardati da lontanto ma non troppo, separati da uno schieramento straordinario di polizia, cecchini, uomini armati in borghese e non.

Bisogna dire che i contenuti della piattaforma di convocazione sono estremamente precisi e condivisibili: “stop armi a Israele” campeggia così in evidenza che neanche gli accondiscendenti sionisti dell’informazione mainstream italiana – sia reazionari che “dem” – sono riusciti a nasconderlo.

La US Palestinian Community Network, una coalizione di oltre 200 gruppi contro la strage israeliana nella Striscia, che aveva chiamato a raccolta il popolo che si oppone al genocidio in corso non ha lasciato spazio alle ambiguità o agli “accomodamenti” verbali.

«Questo è il nostro Vietnam», ha detto Hatem Abudayyeh, il coordinatore della protesta. «Dopo mesi di preparazione, il mondo ascolterà la nostra voce, non soltanto quelle che provengono da dentro il United Center».

«Biden potrebbe fermare i bombardamenti. Oggi. È complice e con lui lo sono i leader del partito democratico. Compreso Chuck Schumer (il presidente del Senato, ndr), Nancy Pelosi e anche Killer Kamala»

Il livello dello scontro atteso, anche “grazie” ad una copertura mediatica criminalizzate e terroristica, ha fatto sì che in questa prima giornata la partecipazione non sia stata massiccia (oltre 2.000 persone, riferiscono il Washington Post e altri giornali). Ma entro la fine della convention appare chiaro che qualcosa di più rilevante dovrà essere messo in piazza, pena il farsi schiacciare da una narrazione che – come nella sala dei “dem” – tende a far scomparire le “pietre di inciampo” sul percorso di Kamala Harris.

Parallalamente, anche i sionisti hanno lo stesso obiettivo, pur potendo contare su una politica Usa totalmente schierata con Tel Aviv. Le direttive partite da Israele, e già in parte messe in pratica sia negli States che in Europa (Italia compresa), suggeriscono di esercitare violenza pesante contro chi sostiene il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e persino alla semplice sopravvivenza.

E’ dunque possibile che prima della fine della convention possa verificarsi qualche episodio in grado di rompere il balletto delle “pacifiche manifestazioni di opinioni differenti”, che lascerebbe il vertice “dem” completamente libero di continuare ad ignorare i diritti dei palestinesi e sostenere praticamente (con l’invio di armi e il sostegno finanziario) il genocidio in atto.

Fin qui la Harris ha evitato con cura qualsiasi “incidente” diplomatico sul tema Gaza. Dovendo guadagnarsi i voti delle diverse comunità etno-religiose Usa si è barcamenata facendo – da vice-presidente – tutto ciò che serve per aiutare con qualsiasi mezzo Israele, concedendo al massimo qualche parola compassionevole per “i troppi morti civili”. Non sarebbe complicato chiederle “quanti morti civili” sarebbero invece la cifra “giusta”, secondo lei.

I paragoni con la convention di Chicago del 1968 si sprecano, sui media, ma sono troppe le differenze per cadere nella nostalgia. Allora quasi tutti i giovani statunitensi dovevano obbedire alla chiamata alla armi e andare a morire o restare invalidi in Vietnam. Oggi il dramma coinvolge nella stessa misura soltanto i cittadini Usa di origine palestinese o araba.

C’è indubbiamente, però, il problema della inesistente corrispondenza tra “valori umani” sbandierati dagli States e praticamente negati ovunque lo comandino (persino a casa propria, come si vede dalla partecipazione alla mobilitazione anche di femministe che difendono il diritti all’aborto, ecc).

Ma su questo punto il vertice “dem” spera di “passare la nottata” di Chicago e continuare come sempre: dire una cosa e fare l’opposto. Non è affatto detto che ci riesca…

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