Una delle più celebri attiviste statunitensi per la pace e la giustizia, Medea Benjamin, di passaggio a Roma l’altro ieri (3 settembre), ha voluto incontrarsi con una quarantina di attivisti romani presso la Casa Internazionale delle Donne, nonostante la tempesta e la bomba d’acqua che ha immobilizzato il centro della Capitale.
Nel suo intervento, la co-fondatrice di CodePink, una delle maggiori associazioni pacifiste negli USA, ha spiegato, senza peli sulla lingua, perché lei lotta da sempre per una Palestina libera e quali perfide insidie, da parte del potente lobby sionista AIPAC, continua ad incontrare. Il resoconto del suo intervento appare qui sotto. Ma, prima, offriamo ai lettori di Contropiano una breve intervista fatta a Benjamin a margine dell’incontro, incentrata sulla Sinistra di Classe negli Stati Uniti (sì, esiste) e sull’imperialismo a stelle e strisce.
Contropiano: I nostri lettori vorranno capire meglio lo stato della Sinistra anticapitalista negli USA. Percepiamo, infatti, tanti segnali di crepe nella fortezza del neoliberalismo, crepe che non si sono viste dai tempi di Roosevelt. Bernie Sanders sembra aver sdoganato l’uso delle parole “socialismo” e “comunismo” (vietatissime da quando McCarthy ha condotto la sua crociata anticomunista negli anni ‘40 e ‘50 del secolo scorso). E mentre, da mezzo secolo, il numero di iscritti ai sindacati statunitensi precipitava di anno in anno, recentemente Shawn Fain, neo capo dell’UAW (il sindacato dei metalmeccanici nell’industria automobilistica), ha ottenuto strepitose vittorie contro tutti i maggiori produttori di automobili: aumenti salariali, eliminazione delle gabbie salariali, piena occupazione, ripristino dei tagli – fatti durante il Covid – a certi benefici retributivi. E per ottenere tutto ciò, l’UAW ha saputo condurre scioperi simultanei in tutte le aziende del settore. Roba mai vista. C’è dunque la rinascita di una Sinistra di classe negli USA?
Medea: Sì, effettivamente, il vento di cambiamento sta soffiando, soprattutto tra i giovani che, ispirandosi a Sanders, dichiarano apertamente di essere socialisti o comunisti. Anche tra le minoranze etniche e religiose spunta il radicalismo di Sinistra: basti pensare alle due deputate musulmane Rashids Tlaib e Ilhan Omar e l’ambiente da cui provengono.
Ma ridimensionerei la portata del rinnovamento del Sindacato – che è, certamente, reale ma settoriale e quindi limitato. Per esempio, il sindacato dei metalmeccanici appoggia il governo guerrafondaio di Biden a tal punto che Shawn Fain è addirittura salito sul palco della recente Convention democratica per testimoniare la sua fedeltà all’Establishment dem e alle sue politiche. Non è una cesura radicale, questa.
Contropiano: Ma se ci sono venti di cambiamento tra i giovani e le minoranze etniche, perché non esiste un partito della Sinistra di classe per riunirli? Ci sono, certo, minuscoli partiti comunisti negli Stati Uniti, ma manca un grande contenitore, un partito Left almeno consistente quanto il suo partito, i Verdi. Come si spiega questa assenza?
Medea: I giovani si sono sì innamorati dei principi di una società socialista ma continuano a sentirsi alienati dalla Politica con la P maiuscola. Preferiscono auto-organizzarsi. Eppoi non dimentichiamolo: possiamo sì parlare di crepe nella fortezza neoliberale ma si tratta pur sempre soltanto di crepe. L’opinione pubblica rimane conservatrice nel suo insieme. Ad esempio, io evito di usare le parole “imperialismo USA” perché fa drizzare i capelli a tante persone imbevute di anti-marxismo; io preferisco usare le parole “impero USA” che dice la stessa cosa ma risulta più accettabile, non sembra un termine marxista.
Infine, è vero che, quando i giovani cercano di far valere i loro ragionamenti socialisti, essi diffondono idee davvero nuove; ma, nel contempo, provocano anche dei contraccolpi (“backlash”) tra la popolazione – e non soltanto da parte dei seguaci di Trump. Non scordiamo che i due maggiori partiti, che raggruppano circa il 90% dell’elettorato, son bastioni neoliberali entrambi. Quindi formare un partito Left da presentare alle elezioni nazionali, la vedo difficile.
Invece, localmente, un partito Left potrebbe riscuotere successo. I Verdi hanno vinto molti seggi nei consigli comunali e regionali nelle ultime elezioni. E lì, a livello locale (“grassroots”), stanno gettando le basi per una futura crescita nazionale. Un partito Left potrebbe fare altrettanto.
Contropiano: Quindi, secondo quanto tu hai potuto osservare, il concetto di imperialismo non è ben capito tra la popolazione statunitense; cioè, la gente non capisce, per esempio, che il conflitto in Palestina è essenzialmente dovuto al sionismo, cioè all’imperialismo israeliano mescolato con la pretesa di essere un popolo eletto?
Medea: Assolutamente no; per la maggior parte dei miei connazionali, il conflitto a Gaza e in Cisgiordania è soltanto una questione di rivalità religiosa: ebrei contro musulmani.
Contropiano: E nemmeno il conflitto in Ucraina viene visto come un tentativo di sottomettere e di sfruttare un paese terzo, cioè, un tentativo di imperialismo? Mi riferisco non ad un presunto tentativo di allargarsi da parte della Russia bensì, alle origini del conflitto, il reale tentativo di allargarsi da parte della NATO con il golpe di Maidan e la conseguente guerra che la NATO ha promosso contro le province russofone nell’Est dell’Ucraina, usando gli ucraini dell’ovest come carne da canone. Tutto questo non viene percepito?
Medea: Per niente. Troppo complicato. Molta gente non sa nemmeno cos’è la NATO, pensano che sia l’esercito dell’ONU. Ecco perché, con David Swanson, ho scritto il libro appena uscito, “La NATO: tutto quello che ti serve sapere” (“NATO: What You Need To Know”). Vediamo se avrà successo.
Contropiano: Sei ottimista o pessimista sul futuro degli Stati Uniti?
Medea: Nè ottimista né pessimista. Semmai realista. Sono invece molto ottimista per il Sud Globale che porterà sicuramente un forte vento di rinnovamento.
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Qui di seguito il resoconto dell’intervento di Medea Benjamin il 3 settembre 2024 a Roma, presso la Casa Internazionale delle Donne, ripresa da Pressenza del 3/9/2024 col permesso dall’autore:
Medea ha esordito spiegando alla platea che, pur essendo lei stessa ebrea, considera il massacro israeliano a Gaza e in Cisgiordania inequivocabilmente un genocidio e lotta strenuamente, da quando era giovane, per una Palestina libera. “A 15 anni i miei genitori, che erano ebrei osservanti, mi hanno mandato in un kibbutz israeliano in territorio palestinese per quattro mesi; lì sono rimasta scioccata dal razzismo imperante: gli occupanti del kibbutz mi hanno proibito di parlare con gli ‘arabi’ intorno a noi – usavano la parola ‘arabi’ per non dover dire ‘palestinesi’.
Ma non avevano capito la mia indole ribelle: le loro ammonizioni erano quanto bastava per spingermi a frequentare i ragazzi e poi le famiglie palestinesi del luogo. Gente bellissima (“lovely people”): non erano affatto antiebraici, anzi. E poi il loro cibo era meraviglioso – mentre nel kibbutz si mangiava male. Mi spezzava il cuore vedere come questi amabili palestinesi venivano trattati da chi occupava le loro terre – e stiamo parlando degli anni ‘60, figuriamoci oggi.”
Ribelle da teenager, l’attivista statunitense è rimasta ribelle ancora oggi a settantun anni. All’incontro, presieduto da Maura Cossutta della Casa Internazionale delle Donne e organizzato da Genevieve Vaughn con il gruppo Statunitensi per la Pace e la Giustizia, Medea ha raccontato come le donne di CodePink s’incontrano ogni mattina per la prima colazione nella mensa pubblica all’interno del Campidoglio a Washington DC (dove Medea risiede). Lì si dividono tra loro i senatori e i rappresentanti da interpellare e poi passano le prime ore della giornata a percorrere i corridoi del Senato e della Camera per agganciare i loro bersagli e perorare la causa del momento.
A partire dalla settimana prossima, le donne di CodePink cercheranno di raccogliere consensi per la mozione appena depositata dal Senatore democratico (e socialista!) Bernie Sanders: si tratta di un “Risoluzione congiunta di disapprovazione”, ovvero di una condanna del recente ordine esecutivo, firmato dal Presidente Joe Biden, che impegna gli USA a fornire a Israele armi per 20 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni.
In altre parole, l’ordine di Biden crea un vincolo (“lock in”) che rimarrà valido anche dopo la sua sostituzione alla Casa Bianca, chiunque sia Presidente, ivi compresa una eventuale Kamala Harris che, non si sa mai, volesse cercare di mettere pressione su Israele minacciando di bloccare la fornitura di armamenti. Per via dell’ordine esecutivo di Biden, lei non avrà questa opzione e pertanto Sanders (con Medea e compagnia) cercheranno ora di far saltare quell’ordine.
Alcuni partecipanti alla “conversazione di gruppo”, sono rimasti sbalorditi dal potere, su Biden e sul Congresso, della lobby pro-Israele. “Quella lobby, che si chiama AIPAC (American Israel Public Affairs Committee), è infatti estremamente ben finanziata, ben organizzata, capillare e determinata” ha spiegato Medea. dando poi un esempio.
“Il Deputato dal Kentucky Thomas Massie ci ha rivelato come l’AIPAC assegna una ‘baby sitter’ ad ogni membro del Parlamento sin dal giorno della sua elezione; costei è incaricata di tenerlo d’occhio e di assicurare che “voterà bene” su questioni d’importanza per Israele, interpellandolo preventivamente e minacciando, in caso contrario, di fargli perdere le prossime elezioni.” AIPAC ha, infatti, una scuderia di potenziali candidati pro-Israele da finanziare per prendere il posto di chiunque “voti male”.
Caso esemplare è quello di Cori Bush (nessuna parentela con gli ex Presidenti Bush), ovvero la deputata nera del Missouri che, il 16 ottobre 2023, ha osato depositare una risoluzione chiedendo il cessate il fuoco a Gaza; quando poi si è presentata alle successive elezioni primarie per mantenere il suo incarico lo scorso mese (6 agosto 2024), l’AIPAC ha lanciato contro di lei una campagna denigratoria e ha fortemente sostenuto un suo rivale: così la deputata ha perso le primarie, decadendo dal suo incarico.
AIPAC esercita la sua pressione non solo sui membri del Congresso ma anche sulle personalità di richiamo capaci di influenzare l’opinione pubblica. “C’è per esempio il caso della celebre attrice Susan Sarandon, che si trova ormai boicottata a Hollywood a causa delle sue prese di posizione su Gaza.” Julian Assange ha detto che “il coraggio è contagioso” e, infatti, apprendiamo che è stata Medea a portare Sarandon in un viaggio CodePink in Palestina per conoscere quel popolo da vicino.
“Ma noi non dobbiamo arrenderci allo strapotere di AIPAC”, ha subito aggiunto Medea. “Il fatto che la lobby deve spendere sempre più danaro per ‘disciplinare’ i senatori e i deputati mostra che stanno perdendo terreno. Dobbiamo solo tener duro e continuare a lottare.”
Eppoi, come ha sottolineato Medea alla fine della sua conversazione, abbiamo dalla nostra parte il sostegno del Sud Globale: basta pensare alle iniziative per la pace in Palestina portate avanti dal presidente del Messico, dal presidente del Brasile, da una coalizione di Stati africani capeggiata dal Sud Africa, dall’Indonesia e, soprattutto, dalla Cina, che ha fatto una convincente proposta di accordo e inoltre, recentemente, è riuscita a mettere d’accordo le varie fazioni palestinesi [così da contrastare, con un fronte unico nelle trattative, la politica israeliana di divide et impera – ndr]. Speranza, dunque, c’è.”
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