La Germania ha deciso di aumentare i controlli alle frontiere, da lunedì 16 settembre e per sei mesi, dopo la strage di Solingen da parte di un uomo che ha rivendicato l’affiliazione all’ISIS. La Commissione UE è già stata avvisata della prossima sospensione dell’accordo di Schengen sulla libera circolazione.
Non è quindi prerogativa della destra la stretta sui migranti, come non è prerogativa del Regno Unito uscito dalla UE, che da poco ha annunciato l’implementazione di politiche di finalizzate a ridurre l’immigrazione, regolare e non. Scholz segue il Labour britannico e vara la linea dura sugli ingressi nel paese.
I cristiano-democratici della CDU hanno promesso di votare una riforma della legislazione sull’immigrazione, se ce ne fosse bisogno, nonostante siano oggi all’opposizione. Sul terreno reazionario della chiusura dei confini, centrodestra e centrosinistra tedeschi possono dunque reincontrarsi.
La decisione è stata comunicata dalla ministra dell’Interno, Nancy Faeser, con lo scopo dichiarato di rafforzare la sicurezza interna tedesca. La Faeser aggiunge che l’obiettivo è “ridurre ulteriormente l’immigrazione irregolare“, cavalcando il fatto che l’attentatore di Solingen avrebbe dovuto essere espulso.
Si tratta tuttavia di una scelta che ha un valore più politico che pratico, considerato che misure del genere sono state prese già da quasi un anno. Infatti, è da ottobre 2023 che sono stati ripresi i controlli alle frontiere con Svizzera, Repubblica Ceca e Polonia, mentre al confine con l’Austria erano già presenti dal 2015.
Sempre dal ministero dell’Interno di Berlino fanno sapere che “dal 16 ottobre 2023, la polizia federale ha rilevato circa 52.000 ingressi non autorizzati ed effettuato circa 30.000 respingimenti“. Questi vogliono essere ulteriormente aumentati nei prossimi mesi, con risvolti inquietanti.
Infatti, da ambienti governativi è circolata la notizia che è stato “sviluppato un modello per respingimenti efficaci e conformi al diritto europeo“. Ma allo stesso tempo Joachim Stamp, Rappresentante speciale del governo federale per gli accordi sulle migrazioni, ha dichiarato in un podcast su Table Media che il Ruanda potrebbe entrare in questa equazione.
Stamp ha calcolato che la Germania potrebbe inviare nel paese africano circa 10 mila persone all’anno, in particolare quelle proveniente dai confini orientali, considerati parte di una strategia russa di destabilizzazione. Da Londra, Berlino eredità anche la deportazione in Ruanda, accantonata persino da Labour di Starmer.
Per la Faeser “occorre tenere conto dell’onere complessivo che grava sulla Germania, in particolare delle capacità limitate dei Comuni in termini di alloggio, istruzione e integrazione a causa dell’ammissione di 1,2 milioni di profughi di guerra dall’Ucraina e di altri richiedenti asilo negli ultimi anni“.
L’annuncio ha sollevato le proteste di vari paesi, in particolare di quelli che erano già sottoposti a misure di controllo ai confini. L’Austria, nella persona del ministro degli Interni Gerhard Karner, ha dichiarato al quotidiano tedesco Bild che il suo paese non accoglierà nessuno dei migranti cacciati dalla Germania.
Una dura risposta è arrivata anche da Varsavia. Il primo ministro polacco Donald Tusk ha affermato: “contatteremo gli altri paesi interessati dalle decisioni di Berlino sull’inasprimento dei controlli alle frontiere tedesche per consultarci urgentemente a livello europeo“.
Tusk ha anche annullato una visita programmata per la fine di questa settimana a Potsdam, per ricevere un premio riguardante la libertà di stampa. Lo stesso ha fatto Scholz, e che dietro ci siano le tensioni tra Germania e Polonia sembra largamente plausibile.
I governi austriaco e polacco, negli ultimi anni, hanno espresso alcuni degli atteggiamenti più chiusi e retrivi verso i migranti. E ora si trovano a chiedere che gli altri non facciano ciò che loro stessi hanno predicato, appellandosi anche alla UE che si è distinta per vari accordi per fermare i flussi, affidandosi a Erdogan come ai trafficanti libici di esseri umani.
È il cortocircuito del “giardino europeo“, che mostra il suo vero volto contro la “giungla“, trattata come un pericolo da tenere lontano, e al più da governare col bastone nell’interesse dell’imperialismo continentale. Del resto, il quadro politico si sta spostando nettamente verso destra, e i governi socialdemocratici stanno assecondando questo scivolamento.
Come appunto già successo nel Regno Unito, l’esecutivo guidato da Scholz ha deciso di rispondere all’avanzata delle destre, rappresentate nel caso tedesco dall’onda nera dell’AfD alle elezioni dei Lander di Turingia e Sassonia, con una linea che legittima la canea razzista. Invece di contrastare l’odio per il diverso, le politiche di Berlino lo stanno legittimando.
Ancora una volta, sono i liberali e i socialdemocratici ad aprire la strada all’estrema destra. Tempi bui per l’Europa, mentre Bruxelles spinge sul riarmo e sostiene i nazisti ucraini, evocando i peggiori scenari per il futuro del continente.
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