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Liberare Leonard Peltier!

Leonard Peltier compie 80 anni. Arrestato nel 1976 e condannato a due ergastoli per l’omicidio di due agenti dell’FBI, ha passato più della metà della sua esistenza in carcere come prigioniero politico nativo americano.

Nel corso degli anni è diventato un simbolo non solo della secolare lotta dei Nativi Americani contro la loro eliminazione fisica, il genocidio culturale e l’accaparramento delle loro terre in barba ai trattati, in particolare presso i movimenti indigeni e le esperienze ecologiste radicali, come la lotta contro il TAV in Italia ed in Francia.

Peltier era l’undicesimo di 13 figli. Quando i suoi genitori divorziarono, quattro anni dopo la sua nascita, Peltier e una sorella furono mandati a vivere con i nonni paterni nella Turtle Mountain Reservation, situata nella contea di Rolette, nel Nord Dakota.

All’età di nove anni Leonard fu mandato in una boarding school e, dopo il diploma, alla scuola indiana di Flandreau (nel South Dakota), che abbandonò al nono anno andando a vivere con il padre, di nuovo nella riserva delle Turtle Mountain.

Le famigerate boarding school, più che istituiti scolastici, erano luoghi di sradicamento dalle proprie comunità e annullamento della propria cultura d’origine, in cui il governo affidava alla chiesa il genocidio culturale indigeno.

Fu a Turtle Mountain che il suo attivismo si accese, quando sperimentò in prima persona la scelta politica politica del ritiro dell’assistenza federale, compreso il cibo, ai nativi americani nelle riserve, nel tentativo di forzarne l’assimilazione alla società euro-americana e il trasferimento forzato.

Da tempo relegati nelle riserve, i Nativi Americani ne venivano scacciati affinché potessero essere sfruttati quei luoghi per fini militari, turistici e soprattutto per lo sfruttamento minerario.

Peltier si trasferì a Seattle nel 1965. Come titolare di un carrozzeria impiegò altri nativi americani e forniva riparazioni a basso costo ai più bisognosi. In quel periodo contribuì a fondare una casa di riabilitazione per ex detenuti nativi americani. Si occupò anche di questioni legate alla rivendicazione di terre da parte dei nativi americani, di consulenza rispetto all’abuso di alcol – una conseguenza del drammatico sradicamento nelle metropoli – e di conservazione delle terre dei nativi.

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, Peltier lavorò come saldatore, falegname e consulente comunitario e si impegnò nell’American Indian Movement (AIM), unendosi alla sezione di Dever.

L’AIM era un’organizzazione formata alla fine degli anni ’60 e che – insieme al Partito delle Pantere Nere – e divenne uno dei target principali del programma di annichilamento del COINTELPRO, ideato da Edgar Hoover.

Mentre lavorava come consulente di comunità a Denver, Peltier investì la maggior parte delle sue energie nei programmi dell’AIM. Fu coinvolto in una serie di proteste e azioni per i diritti, tra cui il Trail of Broken Treaties del 1972, un evento che attraversò tutto il Paese e si concluse con l’occupazione degli uffici del Bureau of Indian Affairs (BIA) a Washington, per denunciare la non applicazione dei trattati che il governo degli Stati Uniti aveva stipulato con i Nativi Americani.

Una delle azioni più famose all’interno di quella mobilitazione è l’occupazione dell’Isola di Alcatraz, sede del famigerato carcere dismesso qualche hanno prima, che attirò un notevole sostegno.

A metà degli anni ’70 Peltier e altri membri dell’AIM si recarono nella riserva indiana di Pine Ridge, nel Sud Dakota. Il loro obiettivo era quello di assistere gli Oglala Lakota locali nella pianificazione di attività comunitarie, cerimonie religiose e programmi per l’autosufficienza, oltre che di contribuire all’organizzazione della sicurezza.

C’era infatti da contrastare i vigilantes armati filo-governativi – i goons – che terrorizzavano gli attivisti e le attiviste dell’AIM.

Il 26 giugno 1975, due agenti dell’FBI – Jack Coler e Ronald Williams – entrarono nel Jumping Bull Ranch, presumibilmente per arrestare Jimmy Eagle, ricercato per furto, di cui pensavano di aver visto il veicolo.

Peltier e altri membri dell’AIM erano accampati lì. Iniziò una sparatoria tra gli agenti dell’FBI e gli occupanti del veicolo che credevano essere di Eagle. Molti residenti risposero al fuoco dal ranch. L’identità di coloro che spararono per primi non è mai stata stabilita. Il membro dell’AIM Joe Stuntz rimase ucciso nello scontro a fuoco.

Una donna presente ai fatti racconta di come Stuntz sia stato centrato in piena fronte da un cecchino, senza che stesse sparando; nulla lasciava pensare che gli aggressori fossero agenti dell’FBI, visto che il loro veicolo alcun segno di riconoscimento.

Peltier – all’epoca leader di alto livello dell’AIM – Darrell Dean Butler e Robert Robideau, tutti presenti durante la sparatoria, furono accusati dell’omicidio dei due agenti dell’FBI, così come Eagle (le accuse contro Eagle furono poi ritirate). Peltier fuggì in Canada, presumibilmente convinto di non poter ricevere un processo equo negli Stati Uniti, mentre Butler e Robideau furono processati da un tribunale federale e dichiarati non colpevoli degli omicidi.

Le sentenze a favore di Butler e Robideau si sono basate sulla mancanza di prove che collegassero i due uomini agli spari fatali e allo scambio di colpi a distanza, che sembravano essere per autodifesa.

Peltier fu infine arrestato dalla Royal Canadian Mounted Police e successivamente estradato negli Stati Uniti, quasi esclusivamente sulla base della testimonianza – completamente artefatta – di Myrtle Poor Bear, una donna che alla fine risultò mentalmente instabile e incapace di testimoniare al processo di Peltier.

Nel 1977 Peltier fu condannato per due capi d’accusa di omicidio di primo grado e a due ergastoli consecutivi, da un tribunale di soli bianchi, di una città nota per la sua indole conservatrice.

L’FBI voleva lo “scalpo” di Peltier e dare un messaggio forte ai militanti dell’AIM.

Dopo la condanna, i tribunali hanno ripetutamente respinto le richieste di un nuovo processo, anche se i suoi avvocati hanno continuato a contestare la sentenza sulla base della constatazione di numerosi errori giudiziari nel processo originale, falsificazione di prove, soppressione di prove favorevoli, coercizione di testimoni e ammissione di comportamenti fraudolenti da parte del governo statunitense.

Tra le molte controversie legate al caso Peltier: non ci sono testimoni noti della morte degli agenti dell’FBI, non si sa quale sia la pistola che ha sparato i colpi fatali. E’ in discussione perfino l’identificazione del veicolo che ha condotto gli agenti a Jumping Bull; e infine l’FBI ha ammesso di aver nascosto migliaia di documenti relativi al caso.

Nel 1979 Peltier fu trasferito nel carcere di Lompoc (California), dove venne a conoscenza di piani per la sua rimozione”. Temendo per la sua vita, Peltier fuggì da Lompoc, ma fu ricatturato pochi giorni dopo. Ai due ergastoli consecutivi furono aggiunti altri sette anni, ma la sentenza e la condanna furono poi annullate. Nel 1985 fu trasferito nel penitenziario di Leavenworth, in Kansas. Durante la sua detenzione Peltier scrisse Prison Writings: My Life Is My Sun Dance (1999), a cura di Harvey Arden.

Il libro autobiografico, composto da vari scritti durante la sua detenzione, è stato tradotto in italiano da Fazi Editore nel 2005 ed ha contribuito a far conoscere il suo caso ad un ampio pubblico.

Nel 2005 Peltier è stato trasferito nel penitenziario federale di Lewisburg, in Pennsylvania, e poi in altri istituti, prima di finire a Coleman in Florida.

In carcere ha contratto il Covid-19 e la sua situazione di salute è divenuta piuttosto precaria.

Da anni è in atto una campagna internazionale per la sua liberazione ed in occasione del suo compleanno si svolgeranno differenti iniziative anche in Italia tra cui presidi e proiezioni del documentario di Andrea Galafassi “Mytajuye Oyasintutto è connesso”.

Il presidente uscente potrebbe concedergli la grazia, e forse sarebbe l’unica cosa positiva di tutta la sua amministrazione.

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1 Commento


  • Roberto

    In the spirit of Crazy Horse

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