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I dettagli del conto Usa-Trump all’Ucraina sconfitta

Guerra persa e contabilità finale

Con un vero e proprio scoop giornalistico, l’inglese Daily Telegraph ha pubblicato alcune anticipazioni sul famoso (o famigerato, dipende dai punti di vista) «accordo pre-decisionale» tra Washington e Kiev. Si tratta, in sostanza, delle ‘cambiali’ che sarebbero state firmate dall’Ucraina per ricevere l’aiuto degli Stati Uniti.

«L’accordo – scrive il Telegraphcopre il ‘valore economico associato alle risorse dell’Ucraina’, tra cui ‘risorse minerarie, risorse di petrolio e gas, porti, altre infrastrutture (come concordato)». Lasciando poco chiaro cos’altro potrebbe essere compreso. «Questo accordo sarà regolato dalla legge di New York, senza riguardo ai principi di conflitto di leggi. Tutto questo si afferma con chiarezza e a scanso di possibili futuri contenziosi legali».

Dare-avere nei dettagli

«Gli Stati Uniti – prosegue il Telegraphprenderanno il 50% delle entrate ricorrenti ricevute dall’Ucraina dall’estrazione di risorse e il 50% del valore finanziario di tutte le nuove licenze rilasciate a terze parti, per la futura monetizzazione delle risorse. Ci sarà ‘un privilegio su tali entrate a favore degli Stati Uniti».

La clausola tradotta dal giuridico-commercial-disumano, significa «’pagateci prima, e poi date da mangiare ai vostri figli’, ha affermato una fonte vicina ai negoziati». Un quadro non proprio ispirato da comuni sentimenti di alleanza e che, anzi, a dirla tutta, cela la profonda irritazione della nuova Amministrazione repubblicana per una guerra che bisognava chiudere prima, e che sta provocando al pianeta un vero tracollo finanziario e commerciale.

Per la verità, il Presidente Zelensky aveva colto, incontrando Trump lo scorso settembre, la possibilità di utilizzare la sua ‘fame’ per le terre rare e per altre risorse minerarie ucraine, come un’opportunità. Attirare capitale privato americano ed esortare imprenditori stranieri a investire, per lui avrebbe significato dissuadere i russi da bombardamenti futuri. Ma, certo, Zelensky non pensava che Trump alla fine gli avrebbe presentato un conto così salato.

Dalla bombe russe alla bramosie americane

D’altro canto, a Kiev non capiscono proprio la logica che guida attualmente la strategia ucraina della Casa Bianca. «Alcuni bacini minerari – riporta il Telegraphsi trovano vicino alla linea del fronte nell’Ucraina orientale o nelle aree occupate dai russi. Zelensky ha enfatizzato i pericoli di lasciare che le riserve strategiche di titanio, tungsteno, uranio, grafite e terre rare finiscano nelle mani dei russi. ‘Se stiamo parlando di un accordo, allora facciamo un accordo, siamo solo a favore’, ha detto».

Il problema è che, per come parla, sembra che Trump più che trattare i termini di un «rimborso onorevole», stia invece letteralmente prendendo per la gola il suo alleato.

In una dichiarazione a Fox News, il Presidente Usa è stato brutalmente esplicito, affermando che «l’Ucraina ha essenzialmente accettato di consegnare 500 miliardi di dollari. Hanno terreni di enorme valore in termini di terre rare – ha detto -, in termini di petrolio e gas e di altre cose. Insomma, sta a loro contraccambiare tutto l’aiuto finora ricevuto dall’America». E che, evidentemente, non era disinteressato.

Stile Trump, ‘bastone e carota’

Così, dopo la minuziosa analisi del patrimonio posseduto, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, dai modi molto spicci, è passato alle minacce. Il solito bastone e carota, insomma. «Gli ucraini – ha avvertito –  potrebbero fare un accordo. Potrebbero non farlo. Potrebbero essere russi un giorno o potrebbero non esserlo. Ma voglio indietro questi soldi». Chiaro no?

Secondo la Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno gettato in fondo al pozzo (senza fondo) di questa guerra ben 300 miliardi di dollari. E si rifiutano categoricamente di spenderne altri. Anzi, per loro è arrivato il momento di ‘recuperare’, e pare di capire che, alla base delle clamorose divergenze politiche con l’Unione Europea, ci sia sostanzialmente una questione di soldi.

Che non riguarda, attenzione, solo la prosecuzione della guerra, ma mira invece a scaricare gli oneri finanziari della futura ricostruzione.

Ucraina al ‘Monte di pietà’

«In effetti – conclude il Telegraphi cinque pacchetti pro Ucraina votati dal Congresso Usa ammontano a 175 miliardi di dollari, di cui 70 miliardi sono stati spesi negli Usa per la produzione di armi. Una parte è sotto forma di sovvenzioni umanitarie, ma gran parte è denaro in prestito che deve essere restituito». Non si scappa, anche se le cifre, tra il ‘dato americano ufficiale’ e il preteso da Trump, appare subito, enormemente diverso, prima o poi dovrà anche essere spiegato.

Ma di fronte alla voragine di bilancio statunitense provocata dall’impegno ucraino, per Trump non c’è diritto internazionale che tenga. E manco strenua difesa dei valori democratici o di qualsiasi altro tipo, No, per lui contano solo i Presidenti americani. A cominciare da Washington, Lincoln, Jackson, Grant e Hamilton, che compaiono con le loro facce sui dollari di ogni taglio.

No dichiarazione G7 sull’«aggressione»

Washington si sfila dalla risoluzione Onu per i tre anni di guerra. La sovrapposizione di politiche russe e statunitensi sull’Ucraina procede veloce. Dagli Usa, il segretario del Tesoro Bessent e il consigliere per la sicurezza nazionale Waltz hanno esortato Zelensky a «abbassare i toni e firmare l’accordo» e consentire lo sfruttamento delle risorse naturali e delle terre rare ucraine. «Gli Stati uniti, con un interesse economico maggiore in Ucraina, provvederebbero uno scudo di sicurezza».

Trincee: «Trump il fidanzato di Putin»

Il miliardario presidente americano è diventato il principale argomenti di discussione per i militari di Kiev. Sui canali Telegram iniziano a circolare video di soldati che rompono o bruciano oggetti con le stelle e le strisce. E si moltiplicano le battute sino a ieri a bersaglio russo.

«Questa guerra non è più la stessa, una volta d’inverno la fanteria era ferma, ora guarda che caos: spuntano russi da tutti i lati». I soldati ucraini ridono sperando di arrivare vivi alla resa che sentono ormai prossima.

 * Da RemoContro

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