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Dimentichiamo troppo spesso che tutti, in questa terra, siamo stranieri. Arriviamo da clandestini, transitiamo come migranti, viviamo spesso da rifugiati e partiamo senza documenti di viaggio.

Le frontiere che delimitano i Paesi, le Nazioni o le Patrie sono delle costruzioni politiche validate dalle consuetudini o come realtà riconosciuta dal diritto. Tutto è precario nell’assunzione dell’inevitabile fragilità che attraversa tutte le umane istituzioni. Eppure ci si ostina a rendere eterno, immortale, divino e dunque atto a richiedere sacrifici umani un’entità in balia di contingenze storiche.

Non casualmente, a l’occasione della festa che ricorda la nascita della nazione, si organizzano spesso sfilate militari che vorrebbero rassicurare i cittadini della protezione contro i nemici, interni e soprattutto esterni della patria.

D’altronde il dizionario ricorda bene che… Il termine patria deriva dal latino pater «padre» e indica in generale la terra natale, la terra dei padri, vale a dire il Paese, il luogo e la collettività cui gli individui si sentono affettivamente legati per origine, storia, cultura e memorie. Si tratta di una paternità esclusiva dove l’identità del cittadino si lega a quella della patria.

Da questo termine derivano gli altri che conosciamo, patriota, patriottismo, combattente per la patria o traditore della patria. Naturalmente il significato dipende dal momento, dai rapporti di forza, dai condizionamenti culturali, ideologici o religiosi.

Gli organizzatori delle guerre e cioè i fabbricanti di armi, di confini e di interessi legati al mutevole capitalismo globale, usano con dovizia gli accenti romantico-identitari che la patria offre ai migliori acquirenti. In certe parti del mondo mettere assieme armi, bandiere e migliaia di morti è un tutt’uno. I nemici si troveranno al tempo opportuno.

Conosciamo bene la curiosa tendenza a gestire la politica con alleanze ‘sacre’ , il mercato come divino, le guerre ‘sante’ e la patria come il simbolo vivente della perennità. Morire sul lavoro o dopo una lunga e penosa malattia, di incidente o semplicemente di vecchiaia, non è lo stesso che morire sul ‘campo d’onore’ per la patria. Solo quest’ultima morte sarà degna di nota, di ricordo o di un monumento funerario.

Morire per la giustizia e la verità non è comparabile al morire per la patria. Nella mentalità comune la divinità incarnata nella patria abbisogna di sacrifici umani.

Fu così che nacquero e si svilupparono le conquiste coloniali e la ‘madrepatria’ da esportare dove necessario, in nome del popolo e nel nome di Dio. In questa stessa ottica furono mandati al macello migliaia e milioni di giovani, armati per difendere, proteggere o estendere i confini della patria. I grandi decidono le guerre, riescono a convincere la gente comune e sono i poveri coloro che ne soffrono le conseguenze. Divinizzare ciò che per sua natura è una costruzione umana comporta riesumare un termine talvolta passato di moda eppure sempre attuale. Si tratta dell’idolatria.

Adorazione tributata a oggetti o a immagini a cui si attribuiscano caratteri e poteri divini…ciò è quanto ricorda la definizione classica del termine. Il denaro, il potere, la violenza salvifica, la guerra ‘santa’ e in generale quanto diventa il dio a cui sacrificare, può definirsi idolatria. Come tutti gli idoli queste realtà non vedono, non parlano e non ascoltano.

Si limitano a divorare o consumare chi diventa loro suddito. Non hanno un cuore ma solo interessi e contribuiscono a conservare il sistema di dominazione in buona salute.

Ridare relatività a concetti resi assoluti. Desacralizzare tutto ciò che è di umana fabbricazione e mettere al centro di tutto la fragilità e la sacralità della vita. Perché di quest’ultima non siamo né creatori né proprietari, ma solo umili testimoni.

 Niamey, marzo 2025

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1 Commento


  • Manlio Padovan

    L’idealismo è la porta attraverso la quale sono entrate in Occidente la falsità e l’ipocrisia; ed esse sono talmente presenti nella vita di ogni giorno che ormai sono indistinguibili nel breve periodo.
    L’idealismo è il nemico dell’Occidente. Quell’idealismo che risale al “divino” Platone che non per caso fu personaggio ipocrita: un imbecille che previde il carcere ed il lavaggio del cervello per gli atei; non gli passò per la mente che se esistevano personaggi famosi dichiaratamente atei, un nome per tutti: Democrito, forse le sue idee avevano qualcosa che non andava…e, da buon idealista, giù col carcere ed il lavaggio del cervello.
    La stessa cultura stupida che si portano dietro tutti gli idealisti.
    Non per nulla l’idealista confonde l’idea con la realtà.
    C’è chi ha affermato che tutta la filosofia dell’Occidente è solo una glossa a Platone.
    Dall’idealismo hanno preso piede le religioni cosiddette rivelate, ebraismo-cristianesimo in primis, che rivelate non furono ma sono state solo espedienti politici; esse sono un crimine contro l’umanità, contro l’uomo e a società, perché il loro scopo è stato quello di assumere su di sé il patriarcato, nato 5000 anni fa: quindi ben prima delle religioni rivelate; e lo assunsero su di sé per meglio difenderlo e diffonderlo ed imporlo con tutte le conseguenze sociali che da quella forma mentis derivano.
    I popoli nativi erano molto più realisti, tanto che per vincere la riluttanza di essi alla conversione fu applicata anche il America l’Inquisizione al tempo della conquista.
    Fu un cristiano della prima ora, Tertulliano, ad imporre alle donne arabe il velo a copertura del viso; l’Islam verrà 300 anni dopo.
    Ci vuole realismo, non idealismo!

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