Il ministero dell’Intelligence iraniano ha dichiarato di essere entrato in possesso di una gran quantità di documenti di valore strategico, riguardanti il programma nucleare israeliano. Teheran ha annunciato che li diffonderà nel corso del tempo, a seconda della delicatezza dei temi e dei dossier diplomatici in cui il paese è coinvolto.
Bisogna ricordare che i dati del materiale ottenuto dai servizi segreti della Repubblica islamica non hanno un valore solo per la gestione del confronto con l’entità sionista nel quadrante mediorientale, ma anche di ulteriore screditamento del regime di Tel Aviv. Infatti, Israele mantiene l’opacità riguardo l’avere o meno ordigni atomici a propria disposizione.
Anche se è risaputo che sin dagli anni Sessanta del secolo scorso Israele ne possieda, non lo ha mai confermato pubblicamente, il paese non si sottopone a ispezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) delle Nazioni Unite, e non ha firmato il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari.
Sulla televisione pubblica Islamic Republic of Iran Broadcasting (IRIB) è stato affermato che le informazioni sono state raccolte tempo fa, ma è stato mantenuto il silenzio in virtù della necessità di porre in sicurezza i materiali. Secondo Tasnim, un’agenzia legata alle Guardie della rivoluzione islamica, i documenti sono il risultato del lavoro di Roy Mizrahi and Almog Atias, catturati dalla polizia israeliana a fine aprile.
Il ministro dell’Intelligence, Esmail Khatib, ha affermato che la documentazione riguarda anche i rapporti tra il regime sionista e i paesi occidentali, toccando pure altre questioni come alcune iniziative a livello regionale. Secondo alcuni analisti, l’operazione iraniana è stata condotta attraverso l’azione complementare di agenti sul campo e di attività di guerra informatica.
I due arresti sono gli ultimi di una serie di operazioni che hanno portato Tel Aviv a individuare vari agenti segreti sul proprio territorio. Anche se per molti ciò ha mostrato la capacità israeliana di difendersi dalle minacce esterne, in realtà il gran numero di spie ha palesato la penetrabilità del regime sionista: lo scorso dicembre la polizia israeliana ha arrestato 30 persone per spionaggio, e la maggior parte di loro erano ebrei israeliani.
Siavash Fallahpour, corrispondente a Teheran dell’emittente con sede a Beirut Al Mayadeen, ha spiegato che questa vittoria dei servizi segreti iraniani è l’attestazione di come la Repubblica islamica ha ridefinito il concetto di deterrenza, portandolo dalla sola dimensione militare a una nuova cornice strategica, al passo con le forme dei conflitti odierni. Secondo il giornalista, le informazioni raccolte potrebbero essere usate anche nelle trattative in corso sul nucleare iraniano.
In un discorso tenuto l’8 giugno il presidente del parlamento iraniano Mohammad Bagher Ghalibaf ha criticato la proposta statunitense in merito, presentata a Teheran attraverso l’Oman, poiché non include alcun impegno concreto alla revocare, almeno parziale, delle sanzioni imposte unilateralmente all’Iran, un nodo fondamentale del dialogo in corso tra i vertici stelle-e-strisce e quelli della Repubblica islamica.
Intanto, lo scorso 6 giugno, il ministro degli Esteri Abbas Araghchi ha scritto su X una dura accusa a Regno Unito, Francia e Germania, per aver redatto – col sostegno statunitense – una bozza di risoluzione contro l’Iran, inoltrata ai 35 membri del Consiglio dei Governatori dell’IAEA, e prevista in discussione alla riunione dell’organo che si terrà tra il 9 e il 13 giugno.
Mentre è quasi impossibile trovare traccia sui giornali italiani di questa notizia, si evidenzia ancora una volta il doppio standard occidentale, che grida alla minaccia del nucleare iraniano (anche solo quello civile), mentre passa sotto silenzio il pericolo di ordigni non controllati nella mani di uno stato solito usare il terrorismo come arma di guerra, e solito anche non rispettare le risoluzioni ONU.
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