Il dado è stato tratto, la guerra mondiale è ormai innescata e nessuno sembra avere la forza o l’intelligenza necessaria a fermarla.
Stanotte gli Stati Uniti sono entrati direttamente nella guerra tra Israele e Iran, colpendo nella notte i tre siti nucleari strategici di Fordow, Natanz e Isfahan.
Donald “Tentenna” Trump ha subito definito l’operazione come “completamente riuscita“, ma anche aggiunto che “ora è il momento della pace”. Come al tavolo da gioco, “butto lì un carta e vediamo che succede“. Ma nel gioco della guerra ogni mossa diventa un precedente da cui non si torna indietro… Tanto più che il fatto stesso di dover intervenire direttamente come “massima potenza militare” certifica la debolezza di Israele, che non è in grado da sola di piegare l’Iran.
L’attacco è avvenuto con sei bombardieri B2 – due per sito, probabilmente – che hanno sganciato per la prima volta le bombe GBU-57, da 13.600 kg, definita “bunker buster”, progettata per penetrare nei siti sotterranei.
L’Iran ha confermato gli attacchi, ma ha assicurato che il proprio programma nucleare non si fermerà.
Capire l’entità dei danni è praticamente impossibile, dall’esterno, e il dubbio resterà nella testa anche degli irresponsabili che hanno voluto questa azione. Le bombe usate hanno infatti una capacità di penetrazione nel terreno di alcune decine di metri, ma molto dipende dalla struttura e composizione del terreno. In questo caso stiamo parlando di rocce di origine lavica, tra le più resistenti.
Inoltre, come descritto anche da uno dei pochi occidentali autorizzato ad entrarci – il complice Rafael Grossi, argentino posto a capo dell’AIEA, che ha prima “lanciato l’allarme” sul fatto che Tehran non aveva rispettato alcuni impegni e poi (ad attacchi israeliani iniziati) si è “corretto” affermando di non aver mai detto che “l’Iran stava costruendo un ordigno nucleare”, probabilmente sotto la pressione delle centinaia di scienziati che lavorano per l’agenzia Onu – i laboratori si trovano spesso a centinaia di metri di profondità.
Chiaro che anche se fossero rimasti intatti sarebbe comnque stata distrutta buona parte della “strada” per arrivarci, ma è altrettanto chiaro che trattandosi di obiettivi risaputi da sempre buon parte degli elementi più importanto dovrebbero essere stati spostati.
Vale soprattutto per il più “strategico”, quello di Fordow, scavato all’interno di una montagna nella provincia di Qom.
Ma questa incertezza sembra permettere a Trump di continuare a giocare sul doppio registro minaccia/offerta. “L’attacco è stato un successo completo. Se l’Iran non vuole la pace, le prossime azioni saranno ancora più forti e rapide“.
Ha anche aggiunto che l’operazione non prevede truppe di terra né un cambio di regime a Teheran.
Inutile far notare che “la pace” è stata rotta prima da Israele e ora dagli Stati Uniti, e che tutto il mondo lo sa benissimo. Più interessante è invece sottolineare il tentativo trumpiano di confinare il bombardamento di stanotte nell’ambito degli “avvertimenti” tesi a costringere l’Iran ad “arrendersi” e rinunciare al nucleare civile. Insomma: come se il gigantesco passo in avanti verso il conflitto generalizzato fosse in qualche modo parte di una “strategia diplomatica” in fondo “pacificatrice”.
Si sente, qui, il peso delle divisioni all’interno dell’amministrazione Usa, da tempo spaccata tra i neocon premono per seguire Netanyahu e la sua coorte di invasati e quanti – più legati al mondo “Maga” – preferivano evitare un confronto che nessuno sa come controllare.
“Non sappiamo quanto questo ci porterà in qualcosa di prolungato“, ha detto a POLITICO un funzionario dell’amministrazione, che come altri ha ottenuto l’anonimato per discutere delibere interne. “In questo momento il messaggio è che vogliamo eliminare la capacità nucleare e concentrarci sui negoziati“.
Non è indifferente ricordare che proprio nelle ore precedenti sia la Russia che la Cina avevano indirettamente dichiarato il proprio sostegno all’Iran. La prima, confermando che Tehran ha diritto a sviluppare un programma nucleare civile. La seconda avanzando un piano in quattro punti che ora sembra carta straccia, ma che probabilmente dovrà essere preso a base di future – improbabili, se qualcuno non disarma Israele – trattative regionali.
E’ fin troppo evidente che l’attacco all’Iran è anche un attacco all’esistenza stessa dei Brics, ossia all’insieme di paesi che vanno costruendo un’alternativa economica “paritaria” al vecchio e vampiresco colonialismo occidentale di matrice neoliberista. L’Iran stesso è da oltre un anno membro autorevole di questo consesso che comprende Russia, Cina, India, Brasile, Sudafrica, Etiopia, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.
Tra Pechino e Tehran, in particolare. è stata da poco completata e inaugurata una ciclopica linea ferroviaria destinata al traffico merci, chiaramente finalizzata a eliminare i tempi lunghi di trasporto via nave del petrolio e le pericolose “strettoie” tra la Malesia e l’Indonesia, potenzialmente nel mirino Usa.
Anche senza alcuna alleanza militare con Tehran, insomma, Cina e Russia – oltre ad una marea di altri paesi – hanno tutto l’interesse materiale a impedire che il duo sciagurato (Israele/Usa) “ridisegni” il Medio Oriente secondo schemi e interessi diametralmente opposti e potenzialmente devastanti. Non va infatti ignorato – come fanno i media italici, capofila degli imbecilli internazionali – che il Pakistan, paese musulmano confinante con l’Iran e già in possesso di testate nucleari, oltre che di lanciatori di buona affidabilità, si era già dichiarato disponibile ad aiutare la Repubblica Islamica.
E’ assodato che la credibilità di Trump e degli Usa è ridotta ormai a zero. Il tycoon-presidente aveva sciorinato per ore il ritornello secondo cui avrebbe deciso “entro due settimane” se unirsi a Israele nei suoi sforzi per distruggere i siti nucleari di Tehran. E intanto aveva dato il via all’operazione, facendo avvicinare il più possibile i bombardieri strategici agli obbiettivi.
Nelle relazioni internazionali ci si scruta tra vecchie canaglie rotte ad ogni trucco e inganno, certo, ma l’affidabilità almeno temporanea della parola e/o la chiara identificazione degli obiettivi strategici è un pre-requisito. Bombardare a tradimento e allo stesso tempo parlare di “pace” è squalificante, “poco professionale”, in definitiva irresponsabile…
Uscire dal tunnel in cui gli Usa si sono infilati seguendo – o teleguidando – l’aggressività sionista sembra perciò al momento una mission impossible. In fondo anche all’interno, secondo questo sondaggio recentissimo, il consenso per l’allargamento del conflitto è d4ecisamente “scarsino”…
Anche perché tutto il mondo ha imparato a misurare gli Stati Uniti in base ad un criterio quasi infallibile: fa cinquanta anni a questa parte non hanno mai vinto una guerra né, tanto meno, raggiunto un nuovo equilibro minimamente stabile.
(in aggiornamento)
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Pasquale
Bombardare e parlare di pace è stata sempre la prerogativa del ‘padrone’ yankee. Non bisogna mai dimenticare che finora è l’unica potenza che ha usato l’atomica sui civili. La prospettiva di un mondo multipolare fa paura all’egemonia anglogiudaicoamericana. La guerra all’Iran viaggia su questa linea.
moreno stievano
Va sottolineato, in tutto questo drammatico contesto, l’ennesimo atteggiamento inesistente dell’Europa, se non la consueta e vigliacca aderenza alla posizione usa e israeliana. Esercito europeo, riarmo per una posizione di forza e indipendente nel nuovo mondo che cambia sono solo chiacchere per addormentare il popolino.
Gianleonardo
Quelli che volevano convincerci che NOI siamo “il giardino” e GLI ALTRI sono “la giungla”, ancora una volta si affidano spudoratamente alla “legge della giungla”: ha sempre ragione “il più forte”.
Domanda:
Siamo davvero sicuri che “il più forte” sia sempre quello “meglio armato”?
La Storia (anche recente) registra molte eccezioni.
Chi vivrà vedrà
salvatore drago
Dalla gruerra di Corea, finita CON UN SOSTANZIALE PAREGGIO, Gli USA (non gli americani come si usa in modo molto scorretto ed egemonizzante dire) non sono riusciti a vincere una sola guerra: Vietnam, Laos, Cambogia, Somalia, Iraq ecc..)Sono riusciti a destabilizzare, portare dittature feroci in tutte le parti del mondo ed in special modo in America Latina, ma mai a vincere una guerra “mettendo gli scarponi sul suolo “nemico”, Grenada e Panama a parte. Sono dei bulli, bulli di periferia, appoggiati da vassalli UE e molti Paesi petrodollari in testa. Delle tigri, ma tigri dai piedi di argilla come avrebbe detto MAO.
Mi spaventa l’dea delle mosse che possa fare il rappresentante di un capitalissmo ormai morente. Mi spaventa ancor di più la sudditanza dei governi occidentali che chiedono 800 miliardi di euro per il “riarmo”, per prepararci alla guerra contro i popoli di tutta la terra.
Giovanni
Parlano di pace , si la pace eterna per nemici ed alleati riottosi.
a
yankee go home e ho detto tutto (Peppino)
Raf
nonostante la Storia, sono consapevole della “pesantezza” del mio nonostante, perdonatemi, ma fino a quando esisteranno forze armate e sistemi di distruzione di massa ci sarà sempre qualche pezzo di merda fascista che tali strumenti li userà per l’orrore e questo la Storia ce lo insegna, per chi vuole imparare anzichè ricordare e basta, che ricordare è solo in primo passaggio, se non insegna un cazzo è come NON ricordare, come sottomettersi al ciclo sterminatore e stragista della Storia senza problematizzazione, senza Critica. per questo ritengo che solo la smilitarizzazione costituisce l’autentici passo contro la guerra, il resto è pensiero guerrafondaio con tutto l’orrore di cui è latore.