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La Siria qaedista verso la firma degli Accordi di Abramo. La Turchia sta a guardare

L’Amministrazione USA si aspetta che la Siria sia il prossimo paese arabo a firmare gli Accordi di Abramo. Lo ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt:” Il presidente spera certamente che altri paesi della regione aderiscano agli Accordi di Abramo. Quando ha incontrato il presidente Sharaa, una delle sue richieste principali postegli è stata che la Siria firmasse gli Accordi di Abramo”1.

In generale, sui media arabi la sensazione diffusa è che il processo per arrivare all’adesione agli accordi di normalizzazione o, comunque, per stipulare un accordo simile, sia ben avviato, con colloqui in atto fra le parti2. Anche la gigantografia del “nuovo Medio-Oriente” ridisegnato da Netanyahu, apparsa nei giorni scorsi a Tev Aviv e comprendente, fra le altre, l’immagine Al-Golani, costituisce un buon indizio.

Restano da stabilire i confini: è scontato che la leadership qaedista sia disposta a riconoscere la sottrazione piena delle alture del Golan occupate dal 1967, altrimenti i colloqui non sarebbero iniziati, come chiarito anche dal troglodita Ministro degli Esteri di Tel Aviv Gideon Sa’ar3; resta da capire il destino del resto del territorio siriano oggetto dell’espansione sionista dopo la caduta di Assad. Ci si aspetta un atteggiamento tutt’altro che assertivo da parte siriana. Si ricordi che Al-Golani e soci stanno già adempiendo alle richieste di reprimere le organizzazioni palestinesi presenti nel paese.

La “nuova Siria” dunque, in fatto di complicità con il regime sionista, in poco più di sei mesi ha “scavalcato a destra” Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Le prime due, infatti, hanno formalmente interrotto il processo di adesione agli Accordi di Abramo a causa del genocidio a Gaza; la Siria si assumerebbe l’ignominioso compito di far ripartire le adesioni, magari dopo il raggiungimento di un cessate il fuoco a Gaza.

La Turchia, invece, mentre nei primi giorni dopo il cambio di regime era percepita come la vera vincitrice della situazione, tanto che ad Ankara, in un delirio di esaltazione neo-ottomana, c’era chi proclamava che “dopo Damasco sarebbe stata presa Gerusalemme”4, ora sembra marginalizzata. Anzi, a voler forzare i termini, appare l’utile idiota che ha effettuato il lavoro sporco a beneficio degli interessi USA e dell’espansionismo sionista. Tutt’ora, sulle casse turche gravano una serie di milizie dell’Esercito Nazionale Siriano e una presenza militare diretta che non portano affatto i frutti sperati in termini d’influenza sugli eventi.

Quest’orientamento in senso più marcatamente filo imperialista, da parte di Damasco, avrebbe lo scopo di ottenere un rilassamento delle sanzioni occidentali nei confronti del paese, dato che liberalizzazioni ed incapacità amministrative hanno portato ad un’ulteriore, drastico peggioramento delle condizioni materiali rispetto a prima del cambio di regime5; tuttavia, nonostante le promesse di Trump6, risultati non se ne vedono.

Risultati non se ne vedono nemmeno rispetto alle promesse, da parte delle nuove autorità, di tutelare le minoranze. Ad esempio, il 22 giugno un attentato suicida nella Chiesa Greco-Ortodossa di Mar Elias a Damasco ha ucciso 25 fedeli e ne ha feriti un’altra sessantina.

L’attentato è stato rivendicato dalla sigla Saraya Ansar al-Sunnah, emersa negli scorsi mesi su iniziativi di fuoriusciti dalla stessa Hayat Tahrir al-Sham, accusata di essere troppo morbida con le minoranze7. Secondo l’osservatorio siriano per i diritti umani, però, è coinvolto anche un membro del Ministero della Difesa di HTS8; pertanto potrebbe trattarsi, piuttosto che di estremisti dissidenti rispetto al nuovo pragmatismo dei capi, di una semplice ribrendizzazione di miliziani della stessa HTS, atta a sollevare Al-Golani da responsabilità dirette. Gente incaricata di fare il lavoro sporco, in buona sostanza.

Sul fronte dei rapporti con l’Amministrazione Autonoma del Nord-Est, le cose non vanno meglio. Dopo l’accordo di facciata stretto nel marzo scorso, nessun passo avanti è stato fatto; anzi, la dialettica si sta inasprendo.

La materia del contendere è rappresentata sempre dalle solite questioni, ovvero il grado di autonomia della regione curda e le modalità di integrazione delle Forze Democratiche Siriane nell’esercito centrale. Su questi due temi, Salih Muslim, influente dirigente curdo-siriano, in un’intervista9 ha ribadito:” Il nostro obiettivo è una Siria decentralizzata, un sistema che si allontana dal centralismo, che è autonomo, autogovernato e fondato sulla libertà, sui diritti delle donne e sul diritto all’autodifesa legittima” e “Non accetteremmo mai arruolamenti individuali o il trasferimento di unità altrove, né nulla del genere è mai stato discusso. Le Forze Democratiche Siriane devono rimanere una forza distinta all’interno di qualsiasi futuro esercito siriano”. Si tratterebbe di un’autonomia di fatto quasi totale.

Riguardo questi due temi, gli strateghi sionisti, essendo fautori di caos e frammentazione fra i propri vicini, sostengono le forze curde (che, da parte loro, si sono dette aperte a riceverne supporto10) e puntano a fare bingo, ovvero ad ottenere una Siria balcanizzata, in cui i vari attori, pur contrapposti fra di loro su base etnico-religiosa, sono tutti allineati con Tel Aviv.

Allo stato attuale, come detto, la Turchia non sembra in grado di opporsi in maniera efficace a questi disegni, assicurando alla Siria un quadro istituzionale unitario; in ultima analisi, l’operazione di rovesciamento del regime baathista si sta rivelando un clamoroso boomerang, che potrebbe influenzare negativamente anche il fronte interno.

Come spiegato da alcuni analisti locali11, infatti, ad Ankara vi sono forti preoccupazioni che i vari gruppi legati al PKK scelgano di seguire le orme del Governo Regionale Curdo dell’Iraq e, in parte, delle SDF, perseguendo l’alleanza col blocco statunitense-sionista. In tal caso, la chiamata al disarmo di Ocalan, gli appelli all’unità turco-curda di Demirtas12 ed il processo di pace con il PKK fallirebbero ancora prima di aver mosso i primi passi.

1 https://www.jpost.com/middle-east/abraham-accords/article-859223

2 https://english.enabbaladi.net/archives/2025/06/syria-on-brink-of-joining-abraham-accords/

3 https://www.reuters.com/world/middle-east/israel-interested-establishing-diplomatic-ties-with-syria-lebanon-foreign-2025-06-30/

4 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/12/28/con-la-turchia-a-damasco-per-israele-ce-un-problema-in-piu-0178848

5 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/siria-la-fragile-ripartenza-post-assad-206283#:~:text=Il%20prezzo%20del%20pane%20sovvenzionato,con%20la%20liberalizzazione%20del%20mercato.

6 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2025/05/24/siria-loccidente-riduce-le-sanzioni-ma-evoca-disastri-0183375

7 https://ecrats.org/en/security_situation/analysis/15256/

8 https://www.syriahr.com/en/364788/

9 https://thecradle.co/articles-id/31253

10 https://www.jpost.com/breaking-news/article-856114

11 https://amwaj.media/en/article/deep-dive-will-israel-s-war-on-iran-end-turkey-s-peace-with-the-pkk

12 https://x.com/hdpdemirtas/status/1934923066003607614/photo/1

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