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Il convoglio europeo rischia il deragliamento

Il 1 agosto è dietro l’angolo – quella la data fissata da Trump, per ora, per far scattare i dazi al 30% sulle merci europee – e viene da chiedersi come stia messa “l’”Europa” in proposito.

Tutto fermo. Sì, i commissari di Bruxelles si incontrano, i capi di stato si telefonano, von der Leyen presiede riunioni… ma di reazioni pratiche non se ne vedono. Né prevedono.

Il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, parla quasi come un giornalista di passaggio: “L’attuale incertezza causata da dazi ingiustificati non può persistere all’infinito e pertanto dobbiamo prepararci a tutti gli esiti, compresa la possibilità, se necessario, di misure proporzionate e ponderate per ripristinare l’equilibrio nelle nostre relazioni transatlantiche. Discuterò con i ministri i prossimi passi per le prossime settimane”.

Se necessario”, segnalerebbe Crozza, è un’”espressione forte”, no?

Così “forte” che l’ha immediatamente derubricata: “Continuiamo a credere che il nostro rapporto transatlantico meriti una soluzione negoziata, in grado di gettare le basi per nuova stabilità e cooperazione. Per questo manteniamo aperto il dialogo con l’amministrazione Usa”. Sperando che calino quella percentuale verso una rapina più “accettabile”….

Idem dalle labbra di von der Leyen, terrorizzata dalla possibilità di uno “scontro” con gli Stati Uniti che – come già detto più volte – lascerebbe i 27 a corto di rapporti commerciali nel mondo, visto che ha già ridotto a quasi zero quelli con la Russia e ridotto grandemente quelli con la Cina, proprio per compiacere gli Usa. Veder diventare quasi irraggiungibili anche i mercati americani sarebbe una botta difficilmente assorbibile.

La riunione dei 27 – oltre a indicare la necessità di un maggiore coordinamento con gli altri alleati delusi da Trump (Canada, Giappone, Corea del Sud, Messico e in generale l’America Latina) – ha partorito davvero poco. Come massima misura pratica – udite, udite! – ci sarebbe nientepopodimeno che limitare l’export dall’Ue dei rottami di alluminio. Meno rottami, a questo siamo…

Resta solo sullo sfondo, quasi come “arma fine di mondo” un meccanismo anti-coercizione dai contenuti ancora vaghi.

C’è da chiedersi se a qualcuno possa sembrare una “ritorsione” adeguata all’offesa (dazi al 30%, aggiuntivi a quelli già in vigore sulle automobili e sull’alluminio, appunto). Se sì, chiamare la neuro per un’emergenza grave…

Ciò nonostante buona parte dei paesi membri va chiedendo “dialogo e moderazione” – a cominciare com’è noto da Giorgia Meloni, passata da “sovranista” a “sdraiatissima”, dimentica persino del ruolo di “pontiere” che si era auto-attribuita – spesso puntando a risolvere per via “nazionale” e in silenzio il contenzioso sulle singole merci in cui ciascuno è specializzato.

Inutile lanciarsi in previsioni. La materia è praticamente sconfinata, gli interessi in campo innumerevoli e quasi sempre divergenti. Ma proprio per questo ci sembra che si stia aprendo la più grave crisi di prospettiva strategica per l’Unione Europea.

Il progetto precedente – raggiungere una supremazia economica tale da rendere la UE un imperialismo quasi-autonomo, ma sotto l’ombrello nucleare statunitense (con ovvi risparmi in spesa militare) – è ormai sepolto.

Di fronte c’è l’alternativa del diavolo tra l’accettare di essere di nuovo ridotta a colonia statunitense, come nel secondo dopoguerra e fino alla caduta del Muro, oppure “restare sola” in un mondo che giustamente odia gli europei per moltissime ragioni storiche e contemporanee.

Sola e senza alcuna garanzia di poter restare “unita”. Non ci sono motivi “ideali” o tanto meno “morali” che impongano di stare insieme. E gli interessi, ripetiamo, spingono in varie direzioni.

Basta guardare a come i “volenterosi” stanno risolvendo l’obiettivo del riarmo. Francia e Gran Bretagna (che è fuori dalla UE…) provano a mettere insieme i loro piccoli arsenali nucleari, destinando somme crescenti alla spesa militare nazionale.

La Germania – l’unica per il momento ad avere ampi spazi di manovra sul debito pubblico, punta a costruire “l’esercito più forte d’Europa”, facendo riecheggiare i deliri dell’”imbianchino”.

Gli altri giustamente tacciono, privi come sono del conquibus – nucleare o finanziario – per decidere alcunché da soli.

Situazione interessante, no? Si potrebbe addirittura creare uno spazio serio per riaprire la partita sul “cambio di sistema”.

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2 Commenti


  • Tonino

    Chissà, il catalizzatore della crisi potrebbe essere il ritorno della leva obbligatoria in Germania. Come reagirà la carne da cannone designata? Accetterà di buon grado l’imposizione degli ultrasessantenni che la governano o si rivolterà scatenando una catena di eventi difficilmente prevedibile?


  • angelo

    se a salvarci devono essere le geniali melona vonder***** o metsola kallas stiamo freschi

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