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Sul piatto della Shangai Cooperation Organization, innanzitutto, la sicurezza collettiva

Si è svolto ieri a Tianjin, non molto lontano da Pechino, il vertice dei ministri degli Esteri dei paesi membri della Shangai Cooperation Organization (SCO), una delle organizzazioni ‘regionali’ che ha assunto ormai un ruolo centrale negli equilibri del mondo multipolare. Fosse anche solo per il fatto che, pur con soli 10 membri, copre sostanzialmente quasi tutta l’Asia (e non solo).

Oltre a Cina, Russia e repubbliche centro-asiatiche, ne fanno parte anche India, Pakistan, Iran e Bielorussia. La SCO è una di quelle realtà di dialogo che rappresentano un forum alternativo a quelli egemonizzati dall’Occidente per ciò che riguarda la cooperazione economica, culturale, ma anche quella sulla sicurezza.

Xi Jinping, facendo gli onori di casa del Dragone che ha la presidenza annuale, ha accolto i diplomatici dei paesi SCO, in questo incontro preparatorio del summit annuale che si avrà tra il 31 agosto e il 1° settembre di quest’anno, sempre a Tianjin. Il presidente cinese ha posto l’accento sull’importanza della collaborazione con i vicini, per far fronte anche alle sfide di un mondo sempre più turbolento.

Oltra ad aver chiamato a un miglior allineamento delle politiche di sviluppo, con esplicito riferimento alla Belt and Road Initiative, si è anche espresso nettamente contro le politiche egemoniche e ‘bullistiche’, ovvero quelle dei dazi per esempio, anche se non nominate. Ha parlato chiaramente di politiche atte a promuovere un mondo multipolare più equo ed equilibrato.

Riguardo al ‘bullismo’ internazionale ha parlato il ministro russo Lavrov, commentando – al posto di Putin, che per ora non ha preso parola sull’argomento – le affermazioni di Trump. Il tycoon ha dato altri 50 giorni per risolvere la crisi ucraina, prima di implementare nuove e dure sanzioni contro Mosca.

In maniera anche un po’ ironica, ha fatto presente che messaggi del genere ce ne sono stati tanti, e la Russia sopravviverà anche a questi. Ma, in maniera anche pragmatica, ha detto che al Cremlino vogliono capire concretamente cosa può essere messo in campo in questi due mesi. Lavrov ha tirato la stoccata dicendo sono UE e NATO che vogliono proseguire il conflitto, e Trump è sotto pressione.

Il ministro russo e Xi Jinping si sono incontrati in un faccia a faccia, a margine del vertice, discutendo vari argomenti, tra cui la visita di Putin in occasione del summit alla fine del 31 agosto-1° settembre. Lavrov ha ricordato che, con l’occasione, si festeggerà la ricorrenza degli 80 anni della sconfitta dell’imperialismo giapponese durante la Seconda guerra mondiale.

Come era già successo per le commemorazioni riguardanti il fronte europeo, Mosca sottolinea la lotta al nazismo come elemento che deve essere ricordato, soprattutto mentre la sua campagna in Ucraina si caratterizza per la volontà di ‘denazificazione’. Ma tali parole sono un chiaro riferimento anche alle dichiarazioni giapponesi commentate il giorno stesso portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian.

Tokyo ha appena pubblicato il suo nuovo Libro bianco sulla Difesa, nel quale si afferma che la Cina può compromettere seriamente la sicurezza nazionale del paese del Sol Levante. Il governo guidato da Shigeru Ishiba avrebbe persino autorizzato l’abbattimento di qualsiasi velivolo senza pilota (di droni, in sostanza) nei cieli nipponici.

Se ci si aggiunge il fatto che il Financial Times ha ultimamente pubblicato informazioni che sembrano confermare una certa pressione da parte di Washington sugli alleati del Pacifico, Giappone e Australia, per sapere il comportamento in caso di escalation col Dragone intorno a Taiwan, si capisce anche perché Lavrov abbia voluto ricordare gli 80 anni dalla sconfitta giapponese.

Ma non è stata solo la presenza di Lavrov ad animare il vertice. Per la prima volta da cinque anni a questa parte, il ministro degli Esteri dell’India si è recato in Cina. Un messaggio importante dopo le pesanti tensioni al confine tra i due paesi riscoppiate nel maggio 2020 e continuate a fasi alterne nei successivi anni.

Infine, la figura di Araghchi Abbas, ministro degli Esteri di Teheran, è stata al centro di molte attenzioni. Le sue proposte sono state certo le più interessanti dell’incontro: istituire un centro studi per il contrasto alle sanzioni unilaterali, l’approfondimento dell’integrazione sia mediatica sia culturale per contrastare le narrazioni e la guerra cognitiva occidentale, e soprattutto la creazione di un Forum regionale per la sicurezza della SCO.

Formare – ha detto Araghchi – un meccanismo permanente per monitorare, documentare e coordinare risposte ad aggressioni militari, atti di sabotaggio, terrorismo di stato e violazioni della sovranità nazionale degli stati membri“. Il pensiero è diretto ovviamente a come Teheran abbia dovuto affrontare senza tutele gli attacchi israeliani e statunitensi.

Ma una proposta del genere ha una portata dirompente, perché significa legare in un meccanismo di difesa comune buona parte dell’Asia. Una garanzia ulteriore contro attacchi illegali, ma un passo che potrebbe essere visto da molti come una sorta di NATO alternativa, seppur non ai livelli di impegno bellico dell’alleanza atlantica.

Staremo a vedere fino a dove arriveranno questi sforzi, soprattutto perché è difficile pensare a un accordo del genere tra dieci paesi con politiche estere spesso contrastanti.

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