A conclusione del Consiglio Affari Esteri della UE, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha lanciato una dura accusa alla Russia: “oltre novemila attacchi chimici proibiti sono stati registrati dall’inizio della guerra in Ucraina” da parte di Mosca. Questi attacchi si sarebbero inoltre intensificati mostrando, a suo avviso, la mancata volontà di Putin di sedersi davvero a un tavolo di pace.
Sarebbero state le intelligence di Germania e Olanda a raccogliere e a verificare i dati al riguardo. Si tratterebbe dunque di una verifica, a suo modo di vedere, ‘indipendente’ da Kiev. Ma giudicare i servizi segreti dei paesi europei come parte non in causa è impossibile, mentre una dichiarazione del genere sembra ricordare la famosa falsa provetta di armi chimiche sventolata da Colin Powell.
Bisogna dire che non è la prima volta che viene lanciata un’accusa del genere a Mosca. A dicembre il tenente generale Igor Kirillov era stato ucciso in un attentato orchestrato dal Servizio di sicurezza ucraino (SBU). Il giorno prima era stato condannato in contumacia per 5 mila casi di utilizzo di granate e droni equipaggiati con sostanze chimiche irritanti vietate dalle convenzioni internazionali.
Anche il Dipartimento di Stato USA aveva formulato accuse simili, e Kirillov era stato posto sotto sanzioni da Canada e Regno Unit. Non si tratta, insomma, di una novità nel panorama della guerra ucraina. Il fatto che venga ritirato fuori ora non è perciò uno scandalo, ma di certo assolve ad almeno altri due obiettivi, che poco hanno a che vedere con le armi chimiche in sé.
Tralasciando momentaneamente se sia vero o meno l’utilizzo di tali strumenti, ma tenendo ben presente che non è stata rilasciata alcuna ulteriore specifica (cosa che solleva dubbi, dunque, su quali siano queste armi chimiche), la UE si trova di fronte al rilancio del tentativo di Trump di trovare un’intesa con Putin per chiudere il conflitto, cosa che Bruxelles non vuole assolutamente.
C’è un margine di 50 giorni per far sì che qualsiasi passo avanti salti, garantendo così alla UE la continuazione di una guerra in cui si sono imbarcati e che ormai è diventato strumento del proprio riarmo. La stessa Giorgia Meloni ha sottolineato che il presidente russo ignora la mano tesa del tycoon. Annunciare l’uso di armi chimiche vuole dunque irrigidire l’opinione pubblica di fronte a qualsiasi trattativa.
Il secondo motivo risiede nel veto che Slovacchia e Ungheria, allo stesso Consiglio Affari Esteri dell’annuncio di Kallas, ha impedito che venisse adottato il 18esimo pacchetto di sanzioni alla Russia. È chiaro che la denuncia dell’uso di armi chimiche ha la funzione di dare ulteriore spinta alla necessità dell’approvazione di questo pacchetto, mettendo in cattiva luce Bratislava e Budapest.
L’aver riportato nel dibattito pubblico la questione delle armi chimiche, in una fase come questa, è evidentemente una mossa dettata da interessi specifici, mentre la UE combatte per avere ancora un senso come soggetto autonomo della competizione globale.
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Walter Gaggero
solita prassi, riesconono dal cassetto dellebmenzogne levarmi chimiche.
angelo
kallas una che andrebbe volentieri all’ONU a sventolare la provetta di borotalco. ma chi si accoppia con questa?