La Regina Elisabetta non è stata un semplice simbolo del passato coloniale, non è stata un residuo, un’ombra sbiadita di un’epoca buia, ne è stata parte attiva, lucida, presente, complice.
La morte non dovrebbe trasformare nessuno in una figura intoccabile o santo, nemmeno, e forse soprattutto, i sovrani. Non può cancellare la responsabilità, né riscrivere la storia, non può coprire il sangue con la seta del silenzio.
Questa è una fotografia della Regina Elisabetta ad Aden, nel 1954, sorridente, regale, in visita a quella che allora era una colonia britannica. Negli anni successivi, sotto il suo regno, il Sud dello Yemen avrebbe conosciuto l’orrore: oltre 200.000 yemeniti deportati o uccisi nel tentativo di soffocare le spinte indipendentiste.
Nello stesso tempo, in Kenya, l’Impero costruiva campi di concentramento per schiacciare la ribellione dei Mau Mau, una generazione di africani spezzata, torturata, umiliata.
E ancora, in Nigeria, si compiva uno dei più grandi orrori del Novecento, il genocidio del popolo Igbo: più di tre milioni di vite cancellate, un milione di donne, trecentomila bambini. Tutto per impedire l’indipendenza del Biafra, tutto per proteggere interessi petroliferi. Il sangue innocente è sempre il prezzo più alto del potere.
E mentre questi crimini si consumavano, l’Operazione Legacy cancellava le prove, distruggeva archivi, eliminava ogni traccia del colonialismo più crudele. In Canada, sotto l’egida della Corona, le scuole residenziali indottrinavano, abusavano, uccidevano bambini indigeni.
E a Buckingham Palace, fino alla fine degli anni ’60, le persone appartenenti a minoranze etniche venivano escluse dal lavoro, non per caso, per legge, per razza.
Questo è il vero lascito della Regina Elisabetta, non solo corone e cavalli, tè e parate, ma un’eredità di violenza coloniale e saccheggio, di razzismo istituzionalizzato e memoria negata.
E mentre il mondo si inginocchia davanti al sangue blu, io scelgo di ricordare un altro sangue, quello rosso, quello che non ha mai avuto una voce, né una lapide degna.
Il sangue dei bambini Igbo, delle donne yemenite, degli anziani kikuyu, dei popoli indigeni cancellati dalla storia.
Per favore, ricorda: la Regina Elisabetta non è stata un residuo del colonialismo, ne è stata parte attiva. E noi, oggi, dobbiamo ancora fare i conti con le sue cicatrici.

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