Il Mali oggi è appeso a un filo, sospeso sull’orlo di un precipizio, a un passo dalla guerra civile. Dall’8 di questo mese a oggi, oltre 150 persone sono state arrestate, una cinquantina di ufficiali e ben cinque generali.
Tra loro, una figura amatissima dal popolo maliano, simbolo di integrità nei momenti più bui della nostra storia recente, Nema Sagara.
Nema non è una donna qualunque, è una pioniera. Negli anni ’90, quando finalmente si aprì l’accesso delle donne a tutti i corpi, vigili del fuoco, polizia, gendarmeria, guardia nazionale ed esercito, lei fu tra le prime a indossare l’uniforme.
Pilota militare, specializzata nel controllo dello spazio aereo, oggi sessantenne, gode di un rispetto immenso. Negli anni 2000 avrebbe avuto più volte l’occasione di prendere il potere con le armi, ma non lo fece, non per mancanza di forza, ma per scelta. Perché Nema ha sempre servito il Paese, mai se stessa.
Quando i terroristi minacciavano Bamako, Nema comandava tre battaglioni nella regione di Mopti, insieme ai generali Gamou e Didier Dacko. In quei giorni, decise di ritirare i soldati più giovani e inesperti dal fronte, lasciando combattere solo i veterani. «È impensabile» diceva, «mandare allo sbaraglio ragazzi di 18 anni armati alla meglio, quando un soldato maliano su due condivide lo stesso Kalashnikov, uno carica, l’altro spara». Questa era la cruda realtà.
Oggi il Mali non è più solo ostaggio dell’improvvisazione, è divorato dalla bulimia di potere di una giunta corrotta fino al midollo. Nema Sagara è stata arrestata con accuse ridicole, “tentato colpo di Stato” e “destabilizzazione del Paese”.
E non è la sola. Ricordiamo l’arresto di Choguel Maïga, ex primo ministro della giunta dal 2020 al 2024, cacciato per aver avuto il coraggio di dire la verità sulla corruzione, la stessa corruzione che la giunta aveva promesso di combattere rovesciando Ibrahim Boubacar Keïta. Non condivido le sue politiche liberali e di destra, ma non è un corrotto. La sua colpa? Aver parlato.
Il vero motivo dell’arresto di Nema è ancora più chiaro, durante un consiglio dei ministri guardò negli occhi i quattro generali al potere e disse che quello che stavano facendo era criminale. Denunciò un governo farsa, dove amanti diventano miliardarie in cinque anni grazie a ricatti su funzionari e imprenditori, «Niente appalti se non paghi 100.000 o 200.000 euro».
In Mali, chi è miliardario di solito ha ereditato la ricchezza, loro invece hanno costruito imperi personali mentre il popolo sprofondava nella miseria.
E il quinto generale, Ismaël Wagué? Intoccabile. È lui che ha portato il gruppo Wagner in Mali. Comanda 10.000 uomini armati fino ai denti, addestrati e dotati persino di droni. Arrestarlo significherebbe aprire un fronte che la giunta, con meno di 20.000 uomini male equipaggiati e peggio addestrati, non potrebbe reggere.
Assimi Goïta si vende come panafricanista e anti-francese, ma è solo un populista che elimina ogni ostacolo alla sua permanenza al potere. Intellettuali, insegnanti, politici e funzionari, esiliati o in prigione. Giornalisti e attivisti, arrestati grazie a una legge ad hoc sulla “cibercriminalità” voluta dal procuratore Touré, lo stesso che conosco da quando eravamo ragazzi nello stesso quartiere, che ha mangiato a casa mia, e che oggi mi ha condannato a 15 anni per “oltraggio alla sicurezza nazionale”.
Goïta grida contro la Francia ma non rinuncia alla cittadinanza francese, come molti dei suoi generali. Chiede ai migranti maliani di tornare in patria, sapendo che senza i 400 miliardi di franchi CFA che essi inviano ogni anno, otto milioni di famiglie morirebbero di fame.
Tutti i presidenti maliani hanno avuto scontri duri con la Francia. Amadou Toumani Touré arrivò a definire Sarkozy “l’uomo più orrendo” che avesse incontrato nella sua carriera politica, dopo aver tentato inutilmente di fermare l’assassinio di Gheddafi.
E a te, che so leggerai queste righe, dico, non ti ho mai chiesto un favore. Ma abbi almeno un briciolo di decenza umana. Hai sostenuto chi ha fatto bruciare viva, a 94 anni, una donna che ti aveva accolto, aiutato e sostenuto negli studi. Hai fatto arrestare e uccidere amici e compagni solo perché ti hanno detto la verità in faccia.
La verità è che questa giunta non governa, comanda. Ha trasformato il Mali in un campo militare dove la parola d’ordine è obbedire o sparire. Chi critica viene zittito, imprigionato o fatto sparire. Si arricchiscono dietro la maschera del panafricanismo, mentre il popolo sopravvive senza elettricità, quella stessa che importiamo dalla Costa d’Avorio, Paese a cui minacciano guerre verbali.
A voi giovani, soprattutto della diaspora, dico, studiate la storia politica del Mali. Ricordate le rivoluzioni che, pur imperfette, hanno aperto la strada alla democrazia. Perché se restiamo in silenzio, tra cinque anni non avremo più nessuna voce capace di difendere il popolo.
Il Mali oggi non è nelle mani di leader panafricanisti, è nelle mani di populisti travestiti da patrioti, che dietro le quinte costruiscono imperi personali. Hanno pagati e marionette che girano video sui social insultando chiunque, spacciandosi per giornalisti senza nemmeno la terza media, e più il popolo dorme, più loro si rafforzano.
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Vannini Andrea
nostalgia di francafrique?!
Redazione Contropiano
confondere l’analisi geostrategica – è sicuramente un bene che la Francia e l’Occidente sia estromessi da’Africa e altre colonie – e l’analisi “di classe” (una giunta militare è una giunta militare, non un soviet, e la si giudica per quel che fa all’interno di quel paese) non è un buon servizio al socialismo… anzi, ne mette in ridicolo la credibilità.
Manlio Padovan
Bisognerebbe andare a fondo per conoscere la attività criminale dei missionari cristiani che vanno nel Terzo mondo a emanare zizzania per attuare nel modo più perfido e vigliacco quel divide et impera che da sempre consente il dominio dei popoli.Essi aprono la strada all’imperialismo occidentale come hanno fatto in Sudan costringendolo a due guerre civili. E lo stanno oggi facendo in Mozambico ma nessuno ne parla.
D’altronde il piano Mattei, ha affermato recentemente “il” Meloni si attua con le organizzazioni religiose.
Ma gli africani sono decenni che ci chiedono di smetterla di aiutarli.