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Il narcotraffico, un motore storico dell’economia statunitense

Quando ho sentito che Trump avrebbe inviato numerose navi e migliaia di marines nei Caraibi per bloccare il flusso di cocaina nel suo paese, ho pensato che sarebbero stati di stanza al largo delle coste della Colombia. Mi sbagliavo: devono assediare il Venezuela, perché da quella nazione bolivariana, secondo la propaganda e i media, escono migliaia e migliaia di droghe nocive che intossicano americani ed europei.

Poi mi sono ricordato del doppio standard che il governo degli Stati Uniti ha sempre mantenuto su questo tema, poiché ha mantenuto uno stretto rapporto, quasi sessuale, con il traffico di droga e i suoi profitti multimiliardari, mentre conduceva campagne mediatiche roboanti e presunte guerre presumibilmente per combatterlo.

Ricordiamo brevemente quando e come gli Stati Uniti hanno iniziato ad abbracciare con passione il narcotraffico globale (per non parlare delle esperienze intensamente intime in Vietnam, Laos, Cambogia, Colombia, Nicaragua, Afghanistan, ecc.).

I cinesi arrivarono in massa negli Stati Uniti a metà del XIX secolo. Fuggivano da guerre, carestie e malattie causate dagli interessi economici dell’Impero britannico, in particolare dalla cosiddetta Prima Guerra dell’Oppio del 1839-1842.

La Compagnia Britannica delle Indie Orientali era una compagnia semi-statale, che esercitava un immenso potere militare e amministrativo su vasti territori dell’India, allora sua colonia, ma sotto l’autorità della Corona britannica. La Compagnia aveva avviato una massiccia produzione di oppio, che introdusse in Cina, creando un mercato enorme.

Milioni di cinesi divennero dipendenti da questa droga, indebolendo l’economia e la società cinese. L’imperatore, allarmato dagli effetti devastanti dell’oppio, tentò di vietarne il commercio e il consumo alla fine degli anni ’30 dell’Ottocento. Tuttavia, gli inglesi ignorarono le restrizioni e continuarono a introdurre l’oppio. Quando, nel 1839, le autorità cinesi iniziarono a confiscare le spedizioni, la regina Vittoria costrinse i cinesi, con cannonate, invasioni e morte, ad accettarne l’uso: i profitti avrebbero rafforzato l’economia britannica.

Sua Maestà lo fece in nome e in difesa di quello che già chiamavano “libero scambio”. Sconfitta e umiliata, nel 1842 la Cina fu costretta a cedere Hong Kong e ad aprire diversi dei suoi porti al commercio estero, oltre a risarcire i mercanti britannici per le presunte perdite subite durante la guerra.

Tra il 1856 e il 1860 si svolse la Seconda Guerra dell’Oppio, in cui la Cina fu nuovamente sconfitta. Ora, oltre agli inglesi, si rafforzarono anche gli scambi commerciali con i paesi occidentali, in particolare con la Francia. Il governo cinese fu costretto a continuare a tollerare il consumo di massa di oppio. Si stima che circa 40 milioni di cinesi fossero dipendenti entro la fine del XIX secolo, dando origine a una crisi sociale ed economica senza precedenti.

Nonostante i profitti, i vincitori non abbandonarono il commercio e i consumi in Cina. Nel 1865, per gestire il movimento di capitali e l’espansione internazionale degli enormi profitti derivanti da questo commercio, fu fondata a Hong Kong la Hong Kong and Shanghai Banking Corporation (HSBC), oggi una multinazionale con sede a Londra.

HSBC consolidò il commercio globale di oppio: si stima che il 70% del trasporto marittimo di Hong Kong fosse legato all’oppio. HSBC contribuì a espandere l’influenza dell’Impero britannico in Asia, contribuendo a creare una rete bancaria e commerciale internazionale che ancora oggi influenza l’economia globale. Una parte di quegli incalcolabili profitti lasciati dalla tossicodipendenza di milioni di persone in Cina e in tutto il mondo finì in Francia. Anche gli Stati Uniti ne ricevettero la loro quota.

Cercando di affermarsi come potenza, costrinse le autorità cinesi sconfitte a firmare il Trattato di Wanxia nel 1844 e ad aprire i loro porti al commercio senza controllo. Questo, tra le altre cose, permise la legalizzazione indiretta del commercio di oppio. Russell & Company, il principale agente commerciale americano in Cina, con sede nella provincia di Canton, l’attuale Guangzhou, svolse un ruolo significativo in questo processo. Era specializzata nel commercio di tè, seta e… oppio.

L’azienda era un attore importante nel traffico e nella vendita di oppio indiano in Cina. Organizzava e coordinava persino il traffico dalla Turchia, passando per l’India, verso la Cina. Si stima che solo tra il 1820 e il 1830, l’azienda importasse annualmente circa 1.500 casse di oppio nell’area di Canton. Una cassa, utilizzata per lo stoccaggio e il trasporto dell’oppio, poteva contenere circa 60 chili di droga. Quelle 1.500 casse valevano all’epoca fino a due milioni di dollari. Un’enorme fortuna.

Era quindi logico che Russell & Company desse pieno appoggio agli inglesi nell’avvio della guerra contro la Cina, e poi convincesse il presidente americano Franklin Pierce a fornire il suo appoggio diplomatico illimitato a inglesi e francesi durante la Seconda Guerra dell’Oppio, mentre questi ultimi esercitavano pressioni e ricatti sul governo cinese.

Ci vuole un’enorme dose di immaginazione e un sacco di zeri per calcolare quanto il regno britannico avrebbe guadagnato dal commercio di oppio, guidato da Sua Maestà Vittoria, che divenne la prima e più grande trafficante di droga della storia umana. Un boss tra i boss.

Il commercio di oppio e il saccheggio della Cina, durante e dopo le due guerre, resero multimilionari gli azionisti della Russell & Company, cittadini americani illustri e rispettati come Warren Delano Jr., nonno del presidente Franklin D. Roosevelt. Rigonfiarono anche le casse del sistema bancario americano.

Costituì anche un grande incentivo per gli Stati Uniti nel confermare che scatenare guerre e saccheggiare la popolazione, con qualsiasi pretesto, era un’ottima strategia per la propria economia.

* da Venezuela News

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1 Commento


  • marco

    biologicamente il cervello è dotarto di recettori sensibili a sostanze che in origine servivano a qualcosa… ma poi l’essere umano è degradato

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