Cinquantamila persone hanno accompagnato – a Genova – la partenza della flotta italiana della Sumud Flotilla, diretta verso Gaza con aiuti e solidarietà per la popolazione stremata dal genocidio in corso.
Al Porto Antico erano pronte quattro imbarcazioni a vela con quattro delle 45 tonnellate di aiuti umanitari che verranno alla fine imbarcate nei prossimi giorni, quando si uniranno alle altre in preparazione a Catania.
A nessuno sfugge che un governo nazicriminale come quello di Netanyahu, Smotrich e BenGvir può usare la forza contro una manifestazione pacifica, come del resto ha già fatto negli anni e nei mesi scorsi, uccidendo attivisti, assaltando navi in acque internazionali, sequestrando mezzi e persone.
Ed anche in queste ore, del resto, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, ha preparato un nuovo piano violento per attaccare la più grande flottiglia di solidarietà con Gaza mai organizzata.
Ben-Gvir presenterà oggi il suo piano al primo ministro Benjamin Netanyahu e alle autorità di sicurezza. Secondo Israel Hayom, il ministro vuole andare oltre gli arresti e le deportazioni. Spinge per un piano deterrente per punire gli attivisti pacifici.
Le proposte includono incarcerare i partecipanti nelle stesse dure condizioni riservate ai palestinesi accusati di terrorismo. Gli uomini sarebbero inviati nella prigione di Ketziot e le donne in quella di Damon. Le condizioni escluderebbero la televisione, la radio e un’alimentazione adeguata. La detenzione durerebbe più a lungo dei precedenti arresti durante le flottiglie.
Israele intende giustificare queste misure etichettando gli attivisti come violatori di una “zona militare chiusa”. Le autorità pianificano anche di creare dei dossier su di loro, accusandoli di legami con il terrorismo sulla base di foto e associazioni passate. Ben-Gvir sostiene che il “trattamento mite” applicato in precedenza ai partecipanti delle flottiglie non è riuscito a fermarli.
Questa strategia genera timori di azioni violente in mare. Israel Hayom ha affermato che gli attivisti “potrebbero sfidare Israele non solo politicamente, ma anche militarmente”. Israele utilizza solitamente questa narrativa come pretesto per attaccare navi pacifiche.
Per questo, oltre alla dovuta assistenza delle singole istituzioni statali (tutte variamente complici del genocidio israeliano, ma obbligate in qualche misura e “difendere” i propri cittadini), gli attivisti stanno preparando iniziative di lotta per accompagnare la missione.
“Se perdiamo i contatti con i nostri ragazzi e le nostre ragazze per più di 20 minuti, o la merce non viene consegnata alla popolazione per cui è stata raccolta – ha detto dal palco Riccardo Rudino del Collettivo autonomo lavoratori portuali – saremo pronti a bloccare tutto ciò che riguarda Israele”.
Non solo armi, come già fatto nelle scorse settimane, ma anche merci civili. “Non si parla di una mobilitazione solo italiana – aggiunge Giovanni Ceraolo, del coordinamento Mare e porti di Usb – ma attraverso la rete che abbiamo attivato a livello internazionale siamo pronti a scioperare e bloccare in tutta Europa”.
La richiesta principale è la riapertura dei corridoi umanitari, “ma quello che serve davvero è il ripristino del diritto internazionale e la restituzione alla popolazione della Striscia del diritto all’autodeterminazione”.
Venti imbarcazioni sono salpate poco dopo le 15.30 da Barcellona. Circa 5.000 persone si sono radunate al Moll de la Fusta per salutare i circa 300 attivisti a bordo (tra cui la svedese Greta Thunberg e l’ex sindaca della città catalana Ada Colau).
Alla flottiglia si uniranno altre decine di barche, che partiranno da altri porti del Mediterraneo nei prossimi giorni. All’iniziativa parteciperà anche una delegazione svizzera composta da una quarantina di persone distribuite su cinque imbarcazioni, tre delle quali sono state ribattezzate Heidi, Guglielmo Tell e Henry Dunant. A bordo operatori sanitari, artisti, attivisti o semplici cittadini, un candidato al Consiglio di Stato ginevrino e influencer.
Prima della partenza da Catania, i partecipanti seguiranno alcuni giorni di formazione in Sicilia e in Grecia per prepararsi a tutti gli scenari possibili: attacco con droni, blocco della barca, arresto o persino un arrivo a Gaza, anche se questo è considerato improbabile.
L’obiettivo di questa formazione è anche verificare che ognuno possa sopportare la pressione psicologica e le difficili condizioni in mare.
Ogni imbarcazione sarà dotata di un localizzatore di emergenza, una sorta di pulsante che l’equipaggio potrà attivare per avvisare che la missione è stata interrotta. Ogni nave avrà anche il supporto di un team legale con sede a Ginevra. Sarà inoltre messa a disposizione delle famiglie una linea telefonica attiva 24 ore su 24.
La Flotilla è composta da decine di barche con a bordo delegazioni di attivisti e professionisti da 44 paesi del mondo.
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50.000 persone a Genova per accompagnare la partenza della Global Sumud Flotilla
La marea di persone che ieri ha attraversato Genova è impressionante. Una fiaccolata di 50 mila persone che ha accompagnato le circa 260 tonnellate di aiuti raccolti in città, partiti oggi con la Global Sumud Flotilla per rompere l’assedio di Gaza.
Anche noi abbiamo partecipato a questo sforzo di solidarietà, a fianco di Music For Peace e del Calp. I portuali dell’Unione Sindacale di Base hanno già annunciato che sono pronti a riaccendere la lotta nei terminal di tutta Europa se le navi verranno fermate dal terrorismo sionista.
Mentre i governi occidentali continuano a sostenere il genocidio, il coraggio dei portuali che prima bloccano le armi e poi si schierano in prima fila per aiutare il popolo palestinese è un esempio per tutti. È l’esempio di cosa significa la solidarietà tra popolo e popolo, contro chi ci vuole in silenzio e a subire le loro politiche di guerra. Seguiamo il viaggio della Global Sumud Flotilla e mobilitiamoci in loro sostegno!
Marta Collot, portavoce nazionale di Potere al Popolo
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Enea Bontempi
Sinceramente – e con tutto il rispetto per le buone intenzioni di chi la promuove e di chi vi partecipa – questa iniziativa mi sembra, ad un tempo, avventurista per la controrisposta che può determinare e nullista per l’aiuto concreto che può fornire alla causa palestinese.