L’austerità europea è stata resa ancora più stringente col nuovo Patto di Stabilità. Vari paesi – tra cui l’Italia – sono ancora sotto procedura d’infrazione, la Francia registra forti tensione sui propri titoli di stato, persino in Germania viene spesso denunciato lo stato increscioso in cui si trovano infrastrutture ed edifici pubblici, colpiti dal restringimento delle spese.
Eppure la preoccupazione di questa classe dirigente europea rimane solo quella di alimentare le velleità di trasformare la UE in una “grande potenza armata”. Costi quel che costi e con previsioni ormai decisamente drammatiche.
Sia in Francia sia in Germania, recentemente, è stata diffusa la notizia che autorità sanitarie e ospedali devono prepararsi a ricevere soldati feriti al fronte (ovviamente, quello orientale con la Russia, visto che altri non ce ne sono o comunque non se ne prevedono).
Il ministero della Salute di Parigi ha emanato una circolare che invita gli ospedali civili a organizzarsi per poter accogliere militari evacuati dal teatro di conflitti, dopo essere stati feriti. Il documento è girato il 18 luglio, ma è stato reso pubblico soltanto ora, e sprona le agenzie sanitarie, in collaborazione col ministero della Difesa, a completare le procedure necessarie molto velocemente: entro marzo 2026.
Nella circolare, letta dal settimanale Le Canard Enchainé, si parla della necessità di prepararsi a ricevere “100 pazienti al giorno per 60 giorni consecutivi“, con “picchi di attività che possono raggiungere 250 pazienti al giorno per tre giorni consecutivi“. Gli operatori di questi luoghi dovranno essere formati anche alla medicina riabilitativa.
Nei fatti, quello che viene chiesto è di allestire centri di smistamento di feriti a livello regionale, che possano ricevere i soldati e orientarli verso gli ospedali civili più adatti. Nella circolare si parla anche della creazione di centri medici nei pressi degli snodi del trasporto (stazioni di autobus e dei treni, aeroporti e porti) per “consentire il reinserimento dei soldati stranieri nei loro paesi di origine“, evidentemente quelli di alleati coinvolti nell’ipotetico conflitto.
Non si può affatto escludere – anzi… – che tale previsione sia relativa al sempre sognato intervento dei “volenterosi” in Ucraina, posizionando in zona di guerra truppe occidentali che sarebbero a quel punto un bersaglio “normale” tanto quelle di Kiev.
Ma è anche chiaro che fin da ora questo intervento non sia affatto pensato – come si continua a dire pubblicamente – come un intervento di peace keeping (sul modello di quello Onu in Libano e altrove, ossia come “forza di interposizione” composta però necessariamente da soldati di paesi neutrali), ma come ingresso direttamente in guerra.
Per favorire il quale – stolidamente – i “volenterosi” continuano a pretendere un cessate il fuoco che dia loro il vantaggio di non perdere truppe già in fase di avvicinamento al fronte. Come se la Russia non fosse in grado di capire tale “profonda strategia”…
È a questo punto un dettaglio, ma inquietante, che in un tale scenario si preveda anche che gli operatori sanitari siano chiamati ad arruolarsi nel “Servizio sanitario dell’esercito”. Si tratta di un ulteriore passo della militarizzazione della vita civile che viene promossa a forza di proclami allarmistici, transizioni a un’economia di guerra e invocazione di una sorta di “missione di difesa”, da parte dell’Occidente, della propria egemonia in decadimento.
Del resto, questa iniziativa sanitaria dovrebbe essere svolta in coordinamento con la NATO e l’Unione Europea, i due fondamentali vettori delle politiche imperialiste e guerrafondaie occidentali. E sempre in virtù degli impegni NATO, anche in Germania si stanno prendendo misure simili, come riporta il quotidiano Berliner Zeitung.
Infatti, al vertice NATO tenutosi a Riga nel 2023, sono stati definiti gli “obiettivi di resilienza“, per rendere le infrastrutture civili funzionali a uno scenario bellico. Sulla base di queste indicazioni, lo scorso luglio il Senato di Berlino, insieme alla Bundeswehr, ha cominciato a lavorare a un “Piano quadro per la difesa civile degli ospedali“.
Secondo questo progetto, Berlino dovrebbe diventare un hub logistico e sanitario per il fronte di guerra (anche in questo caso, posizionato a Oriente, contro la Russia).
Le stime – non si capisce su quali basi siano state effettuate – parlano di un totale di oltre mille feriti al giorno. Un bilancio terribile, cui in genere corrisponde un numero appena minore di morti che appare addirittura fuori scala per le dimensioni degli eserciti coinvolti (Francia, Germania, Gran Bretagna hanno truppe “di professione”, forzatamente limitate nei numeri; mentre i paesi più russofobi – i baltici – hanno forti limiti di popolazione).
Perdere 50-60.000 al mese (o il doppio, sommando l’analogo “messaggio” francese) significherebbe ritrovarsi a corto di “carne da macello” nel giro di appena un trimestre. Basti ricordare che quando si è cercato di quantificare il numero di soldati europei da inviare a Kiev ci si è in genere fermati a 20-30mila per i paesi più grandi. A meno di non prevedere il ricorso d’urgenza alla leva obbligatoria per sfoltire le liste di giovani disoccupati…
A Berlino, comunque, si ordina agli ospedali di attrezzarsi per vederne arrivare quotidianamente almeno un decimo, la stessa cifra presentata nella circolare francese.
Poiché, anche in questo caso, l’iniziativa parte dal quadro di accordi presi nella cornice NATO e UE, che ormai presenta comunque qualche differenza importante, viene da chiedersi se anche il nostro governo si stia muovendo nella stessa direzione.
Anche l’Italia sta trasformando la già devastata sanità pubblica in uno strumento militare?
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