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Milei rimane a galla coi soldi statunitensi, mentre le legislative si avvicinano

Il governo di Milei in Argentina traballa, e il rischio di un’ennesima crisi del debito viene scongiurata solo dalle promesse fatte dall’alleato Trump. Sembra che il tycoon voglia fare di tutto per dare un’opportunità al ‘politico della motosega’ di non crollare definitivamente alle vicine legislative, ma i segnali delle scorse settimane non sono incoraggianti.

Andiamo con ordine e spieghiamo tutti i fatti. La politica d’austerità messa in atto dall’inizio del suo mandato, a fine 2023, ha portato costi sociali altissimi tra la popolazione. Inoltre, almeno dall’estate, la disoccupazione è tornata a crescere e l’economia del paese sembra essersi inceppata. Nonostante questo, l’inflazione non ha ancora raggiunto il target previsto.

Ci sono poi i problemi sulle riserve valutarie e sugli investimenti. Il pesos ormai è in caduta libera, gli investimenti non ripartono e sono pochi i dollari che entrano nel paese, o almeno di meno di quelli che si aspettava il governo. Tra gli attori di mercato si è diffuso il dubbio sulla capacità di Buenos Aires di ripagare i suoi debiti, in particolare quello da 20 miliardi fatto col Fondo Monetario Internazionale ad aprile.

Il tracollo politico ha fatto il resto: del resto, è quello che succede quando la sovranità si cede ai mercati. Infatti, lo scandalo di corruzione che ha colpito direttamente la sorella del presidente argentino, Karina, sua consigliera, e il fatto che siano interessati fondi della sanità, già pesantemente martoriata, hanno innescato forti proteste, fino a costringere i due Milei alla fuga da una sassaiola.

Le elezioni nel distretto della capitale non sono andate bene, e questo da solo rappresenta circa il 40% dell’elettorato attivo. Una prova generale delle legislative che rinnoveranno parte del Parlamento a ottobre, con il partito di Milei, La Libertad Avanza, che già si appoggia ad altri partiti per legiferare: ha solo 7 senatori su 72 e 37 deputati su 257.

Insomma, con un Sud-America tutto fuorché vicino agli Stati Uniti, anche il più saldo appoggio che Trump ha nel continente rischia di venir spazzato via, e allora la Casa Bianca ha deciso di venire in aiuto. The Donald ha incontrato Milei a New York, durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 23 settembre.

Il giorno dopo il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha scritto su X: “gli Stati Uniti sono pronti a riacquistare parte del debito argentino denominato in dollari, e lo faranno se le condizioni lo richiederanno“. Ha poi aggiunto: “sono stato anche in contatto con numerose aziende statunitensi che intendono effettuare ingenti investimenti diretti esteri in diversi settori dell’Argentina, in caso di esito positivo delle elezioni“.

È evidente di come si tratti, in realtà, di un appoggio ‘condizionato’. Nel senso che per ora il Tesoro ha fatto l’annuncio, cercando così di tamponare i risultati disastrosi in borsa, il crollo del peso e lo schizzare in alto degli interessi sul debito. Che i soldi vengano dati, e che le aziende statunitensi si impegnino a mantenere a galla il paese, però, è legato alla vittoria di Milei.

Un vero e proprio ricatto contro l’intero popolo argentino, che si associa anche alla competizione con la Cina per la penetrazione nella regione. Buenos Aires ha debiti anche col Dragone, e l’ambasciatore Wang Wei si è detto disposto a “lavorare con l’Argentina per promuovere la cooperazione in tutti gli aspetti“.

Per quanto possa essere un ‘amico’, Trump è pronto a scaricare Milei, nel caso in cui perdesse quest’altro presidio in America Latina. Ipotesi che non può che far preoccupare, considerata la volontà espressa dal Pentagono di indirizzare verso le Americhe l’attenzione delle armi stelle-e-strisce: più Washington perde le presa su quello che considera il ‘cortile di casa’, più potrebbe considerare come unica via quella dell’intervento militare.

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