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Kallas VS Merkel: sull’Ucraina va bene solo la propaganda guerrafondaia

Fa un po’ sorridere sentire Kaja Kallas, Alto rappresentante per gli Affari Esteri UE, fare la ramanzina ad Angela Merkel. Fosse anche solo per il fatto che, mentre la prima è stata primo ministro di un paese che conta circa la metà degli abitanti del comune di Roma, la seconda è stata per 16 anni alla guida della principale potenza economica europea.

Ma quando il nodo del contendere è come la posizione dei paesi Baltici, tra cui l’Estonia di Kallas, e la Polonia abbiano bloccato anche le idee tedesche intorno alla possibilità di composizione diplomatica dei contrasti con la Russia, lasciando come unica opzione quella che fossero le armi a parlare, il sorriso se ne va in fretta.

È stata la ricostruzione dei fatti che Merkel ha fatto in Ungheria, dove è andata a presentare la sua autobiografia Libertà, uscita alla fine dello scorso anno, che ha sollevato polemiche e la reazione dell’Alta rappresentante europea. La quale rappresenta la linea più oltranzista contro Mosca, nello spirito che discende sin dal bisnonno, il quale guidò la Kaitseliit, un’organizzazione paramilitare nazionalistica ora integrata nelle forze armate estoni.

Queste le parole dell’ex cancelliera: “a giugno 2021 sentivo che Putin non stava più prendendo sul serio l’accordo di Minsk. Ed è per questo che volevo un nuovo formato in cui noi, come Unione Europea, potessimo parlare direttamente con Putin“. Ma questa posizione, dice Merkel, “non era sostenuta da tutti. Principalmente dai Paesi baltici, ma anche la Polonia era contraria“.

Apriti cielo. A partire dal fatto che Merkel abbia fatto queste dichiarazioni in Ungheria (poco importa che siano apparse in un’intervista a Partizán, canale famoso proprio per le sue critiche a Orbán), da più parti si è gridato allo scandalo, per il fatto che la politica tedesca – la quale sa sicuramente cosa accadeva all’epoca, dato che era al governo – abbia parlato di opzioni diplomatiche, e chi gli si è opposto.

L’intervista che, in risposta a Merkel, Kallas ha rilasciato a EER News, il servizio pubblico estone d’informazione in lingua inglese, dovrebbe essere preso ad esempio della propaganda guerrafondaia europeista, ma anche della manipolazione della comunicazione e delle contraddizioni di una narrazione egemonica occidentale e suprematista che è ormai marcita e irrecuperabile… per fortuna!

L’Alta rappresentante ribadisce che ogni responsabilità della guerra in Ucraina è in capo alla Russia, che ha deciso di “attaccare un’altra nazione sovrana. Quanto alle loro cosiddette ragioni, non ci sono giustificazioni. Il diritto internazionale non dà a nessuno il diritto di usare la forza contro un altro paese“. Sarebbe da ricordare la prossima volta che a Bruxelles parleranno di cosa ha fatto Israele a Libano, Siria, Iran.

Ma è al limite del distopico la risposta appena precedente. Kallas dice di aver da poco letto un libro su U Thant, terzo segretario generale delle Nazioni Unite e il primo asiatico, di cui sottolinea un passaggio su come sia i paesi africani sia quelli asiatici percepiscano in coloro che provengono dal ‘Primo Mondo’ un per cui, secondo loro, l’Occidente ha sempre ragione. “E penso che da questo tipo di mentalità derivi forse anche questa [opinione della Merkel]”.

Espressione del senso di superiorità occidentale non è l’intransigenza guerrafondaia e vendicativa di chi si sente di aver diritto di imporre il proprio volere alla Russia, in quanto sconfitta della Guerra Fredda (ma pur sempre potenza atomica). Lo sarebbero invece le parole di Angela Merkel, le quali esprimono il dubbio sul fatto che un’opzione diplomatica perseguita coerentemente nel 2021 avrebbe potuto evitare la conflagrazione del conflitto in Ucraina.

A rimarcare il ribaltamento della realtà operato dalle affermazioni della politica estone ci pensa poi un’altra frase espressa nero su bianco nell’intervista: “siamo certamente dalla parte giusta della storia. Sicuramente un’altra convinzione che non ha nulla a che vedere con la pretese occidentale che i bianchi europei, e i loro discendenti in giro per il mondo, abbiano sempre ragione.

A ribadire l’assurdità della propaganda guerrafondaia ci si è aggiunto anche Marko Mihkelson, presidente della commissione Affari esteri del parlamento estone. A suo avviso, “se mai ci fosse stato un momento o un modo per fermare Putin, sarebbe potuto accadere al vertice NATO del 2008 a Bucarest. Purtroppo, fu la Merkel a bloccare la concessione di un Piano d’azione per l’adesione alla NATO a Ucraina e Georgia“.

Esattamente il contrario della realtà: le preoccupazioni sulla sicurezza del Cremlino ignorate dalla NATO che passano dall’eseere causa del conflitto a ostacolo alla pace. E sia chiaro che qui non si sta osannando l’operato di Angela Merkel o di altri politici che si sono sempre distinti per le proprie politiche antipopolari. Qui si sta mettendo sul piatto la concretezza dei processi storici.

Su questo, un ultimo appunto. Con la guerra in Ucraina, la UE si è ritrovata a dover inseguire un riarmo impossibile per pensare di poter contare ancora qualcosa, mentre la rottura degli equilibri precedenti al 2022 ha spinto Trump alla Casa Bianca e a una guerra commerciale che sta incancrenendo ancora di più la crisi economica e industriale del Vecchio Continente.

L’accordo sui dazi con Washington e il finanziamento dello sforzo militare ucraino hanno sancito il fallimento del progetto europeista come costruzione di un soggetto al pari degli altri nella competizione globale, mentre anche a livello interno le mobilitazioni per la Palestina e, per fare un esempio, la crisi francese mostrano la perdita di legittimità sempre maggiore da parte delle classi dirigenti.

Paradossalmente, se la UE si fosse assunta un ruolo diplomatico autonomo, capace di disinnescare un conflitto ai propri confini, avrebbe ottenuto il ruolo internazionale che cercava, e diversi altri guadagni economici e geopolitici. Invece, l’oltranzismo guerrafondaio, in primis di paesi baltici e Polonia, ci ha condotto dove siamo ora.

Se Kallas dicesse che ciò significa che bisogna armare ancora di più la UE, a nostro avviso è la dimostrazione lampante di come Bruxelles abbia perso il proprio appuntamento con la storia, e di come la gabbia europeista sia un ostacolo allo sviluppo interno, ma anche a una diplomazia di pace alternativa e finalizzata alla crescita comune.

Insomma, una prova ulteriore di come la rottura della UE sia fondamentale per ogni esperienza che si voglia instradare su una via diversa rispetto al baratro della guerra imperialista, che Bruxelles ha fatto proprio in tutto e per tutto.

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