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Gaza. L’ora della fine per i collaborazionisti

L’uccisione del giornalista ventottenne Saleh Aljafarawi nel quartiere di Sabra (nella foto) durante i primissimi giorni della tregua nella Striscia di Gaza, ha sollevato un’ondata emozionale simile a quanto accaduto con Anas al-Sharif e molti altri loro colleghi, grazie ai quali il mondo ha potuto vedere, praticamente in diretta, gli orrori del genocidio.

A differenza degli altri, Saleh Aljafarawi è stato ucciso da bande palestinesi che hanno collaborato con l’occupante durante il genocidio, saccheggiando gli aiuti umanitari e cercando di creare ulteriore caos fra la popolazione stremata.

Sulla natura di queste bande si era scatenato un dibattito all’interno delle stesse fila sioniste, con Netanyahu che neppure era riuscito a negare di star rifornendo di armi delle bande legate all’Isis.

A cessate il fuoco raggiunto, questi ascari “hanno esordito” continuando l’eccidio di giornalisti cominciato dai loro padroni e stanno ingaggiando intensi scontri a fuoco con la polizia di Hamas, intenta a garantire il ritorno nei loro quartieri degli sfollati, che i collaborazionisti stanno invece ostacolando.

Questa versione, a dispetto dei sionisti nostrani, che parlano di criminali legati ad Hamas, è stata indirettamente confermata anche da Trump il quale, interrogato su come mai i combattenti di Hamas siano riapparsi per le strade in armi, invece di procedere al disarmo, ha risposto: “Abbiamo dato loro l’approvazione per un certo periodo di tempo… Vogliamo che sorveglino che non ci siano molti crimini. Ci sono circa due milioni di persone che tornano ai loro appartamenti letteralmente demoliti e molte cose negative possono accadere. Vogliamo che questo processo avvenga in maniera sicura. Credo che andrà tutto bene”.

Ennesima dimostrazione che le armi della Resistenza sono necessarie a proteggere le popolazioni, mentre il disarmo non porterà mai alla pace.

Di seguito un articolo più dettagliato su queste milizie collaborazioniste e la loro funzione.

Israele scatena i suoi collaboratori contro i rimpatriati di Gaza

Nel momento in cui i negoziati per un cessate il fuoco a Gaza prendevano piede, l’attenzione si è spostata sul destino delle reti di collaborazionisti, moltiplicatesi negli ultimi sette mesi. Diretti e potenziati dal servizio di sicurezza israeliano Shin Bet, questi gruppi erano stati schierati per pattugliare le aree prima dei raid israeliani, a controllare che i combattenti della resistenza non tendessero imboscate, sostituendo di fatto i cani addestrati dell’unità Oketz dell’esercito, secondo gli analisti militari israeliani.

I centri di distribuzione degli aiuti gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), con sede negli Stati Uniti, offrivano le condizioni ideali per il reclutamento, offrendo un contatto diretto con soldati statunitensi e israeliani.

Tra i gruppi più importanti c’era la cosiddetta banda di Yasser Abu Shabab, la cui sfera di influenza si è espansa durante l’operazione israeliana ‘Carri di Gideone 1’. Agli uomini di Abu Shabab fu concesso un ampio controllo su sezioni di Rafah, dove hanno sequestrato complessi per ospitare le famiglie dei collaborazionisti e i civili disposti a vivere sotto la loro autorità.

Abu Shabab, ex spacciatore e assassino conclamato, già incarcerato dal Ministero degli Interni di Gaza e capo dei cosiddetti “Comitati Popolari”, ha creato quello che sembrava essere quasi il nucleo di una ‘società civile’. Ha diffuso immagini che mostravano l’apertura di una scuola, una moschea e una clinica medica al servizio degli sfollati nelle aree sotto il suo controllo.

Non esistono dati ufficiali, ma fonti locali stimano che qualche centinaio di famiglie vivesse all’interno di zone controllate da Israele e dominate da questi gruppi, anche dopo che i più importanti clan di Gaza hanno pubblicamente revocato la protezione tribale nei confronti di qualunque individuo di cui venisse dimostrata la collaborazione con l’occupazione.

Mentre Israele si preparava al ritiro, le sue forze armate hanno chiarito brutalmente la propria posizione: “I miliziani che hanno collaborato con noi a Gaza non entreranno in Israele. Devono affrontare il loro destino. Non abbiamo costretto nessuno a combattere Hamas. Devono assumersi le conseguenze delle loro decisioni“.

Analogamente, il quotidiano israeliano Hadashot Yisrael ha commentato: “Ora che la guerra è finita, Hamas sarà libera di operare in tutta Gaza. Buona fortuna a Yasser Abu Shabab e alle altre organizzazioni che hanno collaborato con Israele”.

Nell’ambito della prima fase del piano di cessate il fuoco statunitense, il piano di ritiro israeliano ha assegnato a questi gruppi una nuova missione: impedire ai civili sfollati di tornare nelle zone della “Linea Gialla”, che costituiscono quasi il 58% del territorio di Gaza. Le bande di Abu Shabaab si sono quindi trovate tra centinaia di migliaia di sfollati e le loro case distrutte.

Solo negli ultimi tre giorni, unità collaborazioniste hanno arrestato decine di palestinesi che tentavano di tornare alle loro case. I combattenti della resistenza si sono scontrati con le bande nei quartieri di Shujaiyya, Al-Zeitoun e Tel al-Zaatar a Gaza City, così come a Beit Lahia. In alcune zone, i residenti infuriati hanno risposto con pietre.

Questi sviluppi hanno reso chiaro che le ambizioni dei collaborazionisti di sostituire Hamas come autorità di governo o di sicurezza di Gaza sono crollate. Il loro ruolo è ora limitato all’applicazione delle direttive israeliane, spesso in diretto scontro sia con la resistenza che con la popolazione.

Altre reti più piccole, modellate sulla formazione originale di Abu Shabab, sono apparse anche a Shujaiyya, Al-Zeitoun, Al-Sheikh Radwan e Jabalia al-Balad.

Nel frattempo, ieri sera sono scoppiati scontri armati tra membri del clan Dughmush e l’unità di sicurezza Radaa di Hamas, dopo che uomini armati di Dughmush hanno ucciso un comandante di alto rango delle Brigate Al-Qassam e tre civili sfollati, durante il ​​primo giorno del cessate il fuoco. Fonti locali hanno riferito che lo scontro, durato diverse ore nel quartiere di Sabra, ha lasciato sul terreno decine di ricercati, ma ha causato la morte anche di diversi agenti del Ministero dell’Interno e di agenti di polizia.

 * da Al-Akhbar, 13 ottobre 2025 – https://en.al-akhbar.com/news/israel-unleashes-its-collaborators-on-gaza-s-returnees

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