Il Madagascar è una delle isole più affascinanti del pianeta ma è anche uno dei paesi più poveri del mondo. Da decenni la popolazione sopravvive tra disoccupazione, fame e servizi essenziali precari. La ricchezza naturale e turistica del Paese non si è mai tradotta in benessere diffuso: al contrario, le disuguaglianze si sono accentuate, mentre un’élite politica ed economica ha continuato ad accumulare privilegi.
Dal 2009 ad oggi: l’ascesa e il declino di Rajoelina
Andry Rajoelina arrivò al potere nel 2009 grazie anche al ruolo dell’unità militare CAPSAT (Corps d’Administration des Personnels et Services de l’Armée de Terre), che si ribellò contro il presidente Marc Ravalomanana e spianò la strada al giovane sindaco di Antananarivo. Da allora Rajoelina è rimasto una figura centrale della politica malgascia, alternando presidenza e opposizione, fino a tornare stabilmente al potere negli anni più recenti.
Ma il suo governo è diventato simbolo di corruzione, di nepotismo e di incapacità nel rispondere ai bisogni primari dei cittadini. Mentre interi quartieri della capitale rimanevano senz’acqua ed elettricità per giorni, il presidente inaugurava una costosissima ed inutile teleferica a Tananarive, vista da molti come il simbolo di un potere distante e scollegato dalla realtà.
La protesta della Generazione Z
Le nuove generazioni, cresciute tra precarietà e frustrazione, hanno detto basta. Studenti universitari, liceali e giovani lavoratori hanno dato vita a un movimento spontaneo che si è ribattezzato “Generazione Z”, usando i social per organizzare sit-in, manifestazioni e scioperi. La mancanza cronica di acqua ed energia è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la rivolta è diretta contro un potere percepito come corrotto e arricchito sulla pelle di un popolo affamato.
Le piazze delle principali città del Madagascar – da Antananarivo a Toliara, da Diego Suarez a Mahajanga – si sono riempite di giovani che chiedono dignità, trasparenza e cambiamento.
Dalle proteste alla rivolta popolare
Le manifestazioni pacifiche sono state represse con la forza: la polizia ha sparato gas lacrimogeni e proiettili di gomma, ma in più occasioni anche proiettili veri. Almeno 22 persone sono morte secondo le Nazioni Unite, mentre centinaia sono rimaste ferite. Ogni vittima ha rapidamente trasformato la protesta in una rivolta popolare che ha trascinato con sé anche parte delle forze armate.
Proprio il CAPSAT, che nel 2009 aveva favorito l’ascesa di Rajoelina, oggi ha scelto di schierarsi con la popolazione. I suoi soldati hanno dichiarato che non avrebbero sparato sui manifestanti e hanno invitato polizia e gendarmeria a fare lo stesso. Molti reparti li hanno seguiti.
La fuga di Rajoelina e lo scontro istituzionale
Di fronte all’escalation, Rajoelina e parte del suo entourage sono fuggiti. Fonti francesi parlano di un aereo militare inviato da Parigi per metterlo in salvo. Dall’estero, il presidente continua a proclamarsi legittimo Capo dello Stato e a emanare decreti, tra cui il più eversivo è lo scioglimento del Parlamento che lo stava per abbandonare.
In una delle sue ultime dichiarazioni, Rajoelina ha sostenuto che “alcuni paesi stranieri avrebbero offerto l’invio di proprie truppe”. Evidentemente per ristabilire l’”ordine” in Madagascar, ma che lui stesso afferma che avrebbe rifiutato l’intervento. Non ha specificato quali fossero questi paesi, alimentando interrogativi: chi era davvero pronto a intervenire e perché? Si trattava di difendere la sua presidenza, o di mantenere equilibri geopolitici ed economici nel Paese?
Intanto, l’Assemblea Nazionale ha reagito con forza: quasi all’unanimità ha votato l’impeachment del presidente, dichiarando illegittimo lo scioglimento del Parlamento stesso. A questo punto la crisi istituzionale è totale: chi ha il potere legale? Un presidente in esilio che rilascia comunicati o un Parlamento che rivendica la sua sovranità?
Quello che c’è sicuramente è la popolazione nelle strade, insieme a esercito, polizia e gendarmeria che hanno scelto di stare dalla parte della gente.
L’intervento della HCC e l’ascesa del Colonnello Randrianirina
La ‘Haute Cour Constitutionnelle (HCC)”, massima autorità costituzionale, ha preso atto della realtà e del pericoloso vuoto istituzionale che si è creato e ha chiesto al Colonnello Michael Randrianirina (alto ufficiale del CAPSAT e protagonista degli ultimi giorni) di assumere la carica di “presidente ad interim”.
Randrianirina ha accettato e annunciato che alcune istituzioni sono state sospese, che invece l’Assemblea Nazionale resterà in carica, che entro 18-24 mesi si terranno elezioni e prima un referendum costituzionale, e che la gestione del Paese sarà fatta insieme ai giovani della Generazione Z. Un governo civile dovrebbe nascere a breve per guidare la transizione.
La narrazione internazionale e le incognite
Molti osservatori e media stranieri hanno parlato subito di colpo di Stato. Ma la realtà appare diversa: non un classico golpe militare per abbattere un paese democratico o un altro regime militare, bensì una sollevazione popolare che ha costretto le istituzioni ad allinearsi alla volontà della gente.
Resta ora da capire come reagirà la comunità internazionale. La Francia, storicamente influente sull’isola, ha già mostrato di sostenere la fuga di Rajoelina. Gli altri paesi europei, gli Stati Uniti, la Cina molto presente economicamente nel Paese e soprattutto l’ONU saranno chiamati a decidere se riconoscere e accompagnare la transizione in corso o se considerarla una rottura dell’ordine costituzionale e combatterla.
E c’è il grande nodo degli aiuti internazionali e dei fondi sottratti illegalmente al Paese e portati all’estero da politici e industriali corrotti: saranno bloccati, restituiti, o continueranno a sfuggire al controllo della popolazione malgascia?
Due certezze
Al di là delle incognite, due cose oggi appaiono chiare:
1. Non si è trattato di un classico colpo di Stato militare, ma di una rivolta popolare contro ingiustizia, corruzione e povertà.
2. Il popolo malgascio sta reclamando con forza e dignità il diritto di decidere il proprio destino e di spezzare le catene di ogni forma di neocolonialismo.
Non sappiamo come si evolverà la situazione, le incognite ed i dubbi sono numerosi ed evidenti. L’esercito rispetterà quello che ha promesso? La comunità internazionale accetterà la trasformazione di questo paese o cercherà di colpirla economicamente per fare scoppiare nuove contraddizioni, disordine e caos? La politica che appoggiava Rajolina, il suo metodo, la corruzione imperante in tutto il paese accetterà di farsi da parte?
Nonostante queste incognite le strade del Madagascar restano piene di giovani e in questo paese i giovani sotto i 20 anni sono il 50% della popolazione … la storia è ancora tutta da scrivere.
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Speranza roberto
Solidarietà al popolo malgasci. Mi stupisce il silenzio quasi totale del governo e media italiani, indifferenti davanti a questa tragedia, occupati solo da questioni mediooorientali, contrasti politici interni, e gossip vari