Oggi, 16 novembre, si vota in Cile. Il voto è obbligatorio dal 2021 (non per i residenti all’estero) e perciò in questa tornata elettorale per la prima volta saranno chiamati a votare tutti gli aventi diritto. Questo elemento di novità fa credere a qualche analista politico che ci potrebbe essere qualche sorpresa nei risultati.
Oltre alle presidenziali ci saranno anche le elezioni parlamentari di Senato e Camera. Sembra che in Cile non ci sia un grande entusiasmo e dibattito di strada su queste elezioni nella popolazione non militante in qualche partito.
I candidati presidenziali sono otto – inizialmente erano addirittura oltre 100 – a dare la misura di quanto enorme sia la sfiducia della popolazione nell’attuale ventaglio di rappresentanza politica disponibile e ufficializzata a destra e “sinistra”.
Mentre i partiti al governo hanno realizzato delle loro primarie per esprimere un candidato unico, le destre non lo hanno fatto e si presentano con propri candidati separatamente. Probabilmente nel ballottaggio del 14 dicembre convergeranno sul candidato che, presumibilmente, si troverà a fronteggiare Jeannette Jara, candidata governativa.
Eduardo Artés, Franco Parisi, Marco Enríquez-Ominami, Johannes Kaiser, José Antonio Kast, Evelyn Matthei, Harold Mayne-Nicholls e Jeannette Jara sono i nomi degli otto candidati.
Leggendo questi nomi, c’è ben poco da appassionarsi e tifare con convinzione per qualcuno.
Eduardo Artés. Escludiamolo purtroppo fin da subito perché, in quanto candidato realmente alternativo al sistema politico e neoliberista vigente in Cile dall’11 settembre 1973, non ha alcuna possibilità di elezione, pur avendo raccolto le firme necessarie per la presentazione della candidatura. E’ il segretario generale del “Partido Comunista Chileno de Acción Proletaria” da lui fondato. Di famiglia contadina di origine italiana, ex militante spartachista del PCR, ha una lunga traiettoria militante rivoluzionaria che richiederebbe un capitolo a parte, ben al di là delle elezioni di cui stiamo parlando.
Le altre figure sono tutte comunque (con qualche differenza) in continuità con il sistema socioeconomico neoliberista che dall’esperimento cileno si è diffuso in tutto il globo dagli anni ‘70/’80. Una breve presentazione per ciascuno di loro:
Franco Parisi. Si era già presentato alle precedenti presidenziali del 2013 e del 2021, è del sedicente “Partito della Gente” e vive in Alabama (USA). Niente altro da aggiungere.
Marco Enríquez-Ominami. Si presenta come indipendente, ma ha ben poco ha in comune con il suo padre biologico Miguel Enríquez, fondatore del MIR cileno, e molto di più con il padre adottivo che è stato, tra l’altro, coordinatore assistente del programma economico della Concertación, caratterizzatasi da subito per la continuità e, soprattutto, l’implementazione al rialzo, del sistema neoliberista inaugurato da Pinochet.
Johannes Kaiser. Prima militante della UDI (Union Democratica Independiente) e poi del Partito Repubblicano, entrambi di estrema destra. Fonda nel 2024 il “Partito Nazionale Libertario”. Si era anche lui già presentato alle presidenziali del 2021. Come si evince anche dal nome che ha dato al suo nuovo partito, è piuttosto vicino sia ideologicamente che personalmente al presidente argentino Milei. Personaggio decisamente di estrema destra per le politiche sul porto delle armi, l’immigrazione, esplicitamente disposto ad appoggiare un nuovo golpe in caso di vittoria delle sinistre, fautore della libertà ai militari torturatori del regime di Pinochet, mette persino in discussione il voto alle donne…
José Antonio Kast. Fondatore di Acción Republicana che poi fa diventare “Partido Repubblicano” (di estrema destra, ultraconservatore, pinochetista). Rivendica vicinanza a Guzman, ideologo del regime di Pinochet. Più vicino a Bolsonaro che a Milei. Ammiratore di Giorgia Meloni (che l’ha ricevuto a settembre), specie sulle politiche migratorie e di sicurezza. Figlio di un membro del Partito nazista. La sua famiglia ha partecipato attivamente nella dittatura di Pinochet. Dal 2021 i sondaggi per lui sono migliorati. Gli evangelici lo appoggiano. E’ legato alle Forze Armate. Ha forti capacità di mobilitare e polarizzare. E’ stato l’alternativa al ballottaggio nell’ultima elezione presidenziale, in cui ha vinto Boric.
Evelyn Matthei. Suo padre era nella Junta Militar di Pinochet. Sostenitrice del pinochettismo e dell’inevitabilità delle stragi di quel periodo, in cui, sempre a suo dire, ci sarebbe stata una “guerra civile” e non una dittatura sanguinaria. E’ stata nella UDI e poi nel Partido Repubblicano, entrambi di estrema destra. Con la coalizione di questi due partiti si è presentata al ballottaggio nel 2013, venendo sconfitta da Michel Bachelet. In queste elezioni si gioca la carta di “persona con esperienza di governo”, sia nazionale (ex ministra del lavoro e della previdenza sociale nel governo di Piñera) che locale (ex sindaco di Providencia). Si presenta con la coalizione di destra “Chile Vamos”.
Harold Mayne-Nicholls. Giornalista sportivo. Ex calciatore ed ex dirigente calcistico. Nel 2011 ha creato la Fondazione Ganamos Todos, dedicata alla promozione dello sport e dell’attività fisica. Nelle dichiarazioni di campagna elettorale, chiede i voti di quelli che sono incerti tra gli estremi e si presenta come un “cittadino comune” che non ha bisogno di guardaspalle. Un po’ limitato come programma politico ….
E veniamo ora a colei che sembrerebbe la favorita del primo turno, ma non del secondo, che inevitabilmente ci sarà.
Jeannette Jara. Candidata ufficiale della coalizione dell’attuale governo. Membro del Partito Comunista (che è nel governo Boric) col quale ha un rapporto piuttosto ambiguo/conflittuale. Definisce però Cuba e Venezuela delle “dittature”. Come ministro del lavoro nell’attuale governo ha promosso la legge sulle 40 ore, che ha aspetti sia positivi che discutibili.
Essere la candidata ufficiale del governo le comporta molti aspetti negativi. Boric, infatti, è stato una delusione enorme per tutti quelli che l’hanno votato pensando che sarebbe stato il novello Allende. Boric non ha adempito a nessuna delle promesse elettorali, tipo libertà ai prigionieri dell”estallido social” dell’ottobre 2029, eliminazione delle AFP (pensioni private), non ratifica del TPP11, ha stabilizzato la militarizzazione dell’Araucania invece di trovare soluzione alle rivendicazioni Mapuche (sarà interessante vedere come e se voterà la popolazione Mapuche), solo per citarne qualcuna…
Per di più, a imbarazzare maggiormente la sua candidata, Boric non ha agito con la dovuta fermezza in un recente scandalo di un suo ministro.
Per questo Jara si è presentata in queste elezioni come critica dell’attuale governo di Boric cercando di prendere le distanze sia da lui che dal partito Comunista, che pure le aveva dato il via libera come candidata silurando Daniel Jadue (che comunque è stato poi escluso dalla partecipazione alle elezioni per sentenza del giudice; lunga e squallida storia di lawfare che merita altro spazio) e assicurandosi i voti della Democrazia Cristiana.
In conclusione, volendo fare un pronostico, lo scenario che si presenta attualmente come il più probabile è che il 16 novembre, salvo grandi sorprese dovute all’ingresso dei nuovi votanti “obbligati”, Jeannette Jara avrà la maggioranza relativa, ma insufficiente per un’elezione immediata. Ci sarà perciò il ballottaggio il 14 dicembre nel quale con grande probabilità Jara si confronterà con Kast o Kaiser. E allora sicuramente si ripeterà l’eterno dilemma, che conosciamo molto bene anche alla nostra latitudine: votare il meno peggio.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
