Il presidente americano Donald Trump ha autorizzato la portaerei USS Gerald R. Ford a entrare nei Caraibi. Ora si trova a nord di Porto Rico, unendosi alla USS Iwo Jima e ad altre navi della marina americana per minacciare un attacco al Venezuela. La tensione è alta nei Caraibi, dove circolano varie teorie sulla possibilità di quello che sembra un assalto inevitabile da parte degli USA e sulla catastrofe sociale che un tale attacco provocherebbe.
La CARICOM, l’organismo regionale dei paesi caraibici, ha rilasciato una dichiarazione che afferma la sua visione della regione come “zona di pace” e che le dispute devono essere risolte pacificamente. Dieci ex capi di governo di stati caraibici hanno pubblicato una lettera chiedendo che “la nostra regione non deve mai diventare una pedina nelle rivalità altrui”.
L’ex primo ministro di Trinidad e Tobago, Stuart Young, ha dichiarato il 21 agosto: “La CARICOM e la nostra regione sono una zona di pace riconosciuta, ed è fondamentale che questo sia mantenuto”. Trinidad e Tobago, ha detto, ha “rispettato e sostenuto i principi di non intervento e non ingerenza negli affari interni di altri paesi e per una buona ragione”. In superficie, sembra che nessuno ai Caraibi voglia che gli Stati Uniti attacchino il Venezuela.
Tuttavia, l’attuale primo ministro di Trinidad e Tobago, Kamla Persad-Bissessar (nota con le sue iniziali KPB), ha dichiarato apertamente di sostenere le azioni americane nei Caraibi. Ciò include l’omicidio illegale di ottantatré persone in ventuno attacchi dal 2 settembre 2025. Infatti, quando la CARICOM ha rilasciato la sua dichiarazione sulla regione come zona di pace, Trinidad e Tobago si è dissociata dalla dichiarazione.
Perché il primo ministro di Trinidad e Tobago si è messo contro l’intera leadership della CARICOM e ha sostenuto l’avventura militare dell’amministrazione Trump nei Caraibi?
Cortile di casa
Sin dalla Dottrina Monroe (1823), gli Stati Uniti hanno trattato tutta l’America Latina e i Caraibi come il loro “cortile di casa”. Gli Stati Uniti sono intervenuti in almeno trenta dei trentatré paesi dell’America Latina e dei Caraibi (il 90 percento dei paesi, in altre parole) – dall’attacco americano alle Isole Malvine dell’Argentina (1831-32) alle attuali minacce contro il Venezuela.
L’idea della “zona di pace” emerse nel 1971 quando l’Assemblea Generale dell’ONU votò affinché l’Oceano Indiano fosse una “zona di pace”. Nei due decenni successivi, mentre la CARICOM dibatteva questo concetto per i Caraibi, gli Stati Uniti intervennero in, almeno, la Repubblica Dominicana (dopo il 1965), Giamaica (1972-1976), Guyana (1974-1976), Barbados (1976-1978), Grenada (1979-1983), Nicaragua (1981-1988), Suriname (1982-1988) e Haiti (1986).
Nel 1986, al vertice CARICOM in Guyana, il primo ministro delle Barbados, Errol Barrow, disse: “La mia posizione rimane chiara: i Caraibi devono essere riconosciuti e rispettati come una zona di pace… Ho detto, e ripeto, che finché sarò primo ministro delle Barbados, il nostro territorio non sarà usato per intimidire nessuno dei nostri vicini, sia quel vicino Cuba o gli USA“.
Da quando Barrow fece quel commento, i leader caraibici hanno puntualmente affermato, contro gli Stati Uniti, di non essere il cortile di casa di nessuno e che le loro acque sono una zona di pace. Nel 2014, all’Avana, tutti i membri della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC) approvarono una proclamazione di “zona di pace” con l’obiettivo di “sradicare per sempre la minaccia o l’uso della forza” nella regione.
Persad-Bissessar, o KPB, ha respinto questo importante consenso tra le diverse tradizioni politiche nei Caraibi. Perché?
Tradimenti
Nel 1989, il leader sindacale Basdeo Panday formò lo United National Congress (UNC), una formazione di centrosinistra (il cui nome precedente era Caucus for Love, Unity, and Brotherhood). KPB si unì al partito di Panday e da allora è rimasta nell’UNC. Per tutta la sua carriera fino a poco tempo fa, KPB è rimasta al centro dell’UNC, sostenendo politiche socialdemocratiche e pro-welfare sia come leader dell’opposizione che nel suo primo mandato come primo ministro (2010-2015).
Ma già nel suo primo mandato, KPB mostrò che non sarebbe rimasta entro i confini del centrosinistra, ma sarebbe virata all’estrema destra su una questione: la criminalità.
Nel 2011, KPB dichiarò lo stato di emergenza per una “guerra al crimine“. A casa sua a Phillipine, San Fernando, KPB disse alla stampa: “La nazione non deve essere tenuta in ostaggio da gruppi di teppisti intenzionati a creare il caos nella nostra società”. “Dobbiamo intraprendere un’azione molto forte“, disse, “un’azione molto decisa“.
Il governo arrestò settemila persone, la maggior parte rilasciate per mancanza di prove a loro carico, e la legge anti-gang del governo non poté essere approvata: questa era una politica che imitava le campagne contro i poveri nel Nord del mondo. Già in questo stato di emergenza, KPB tradì l’eredità dell’UNC, che trascinò ulteriormente a destra.
Quando KPB tornò al potere nel 2025, iniziò a imitare Trump con la retorica “Trinidad and Tobago First” e con un linguaggio ancora più duro contro i presunti spacciatori di droga. Dopo il primo attacco americano a una piccola barca, KPB rilasciò una dura dichiarazione a sostegno: “Non ho alcuna simpatia per i trafficanti, i militari americani dovrebbero ucciderli tutti violentemente“.
Penelope Beckles, leader dell’opposizione a Trinidad e Tobago, ha affermato che, sebbene il suo partito (il People’s National Movement) sostenga azioni forti contro il traffico di droga, tali azioni devono essere “legali” e che la “dichiarazione avventata” di KPB deve essere ritirata. Invece, KPB ha rafforzato il suo sostegno alla militarizzazione americana dei Caraibi.
Problemi
Certamente, Trinidad e Tobago affronta un groviglio di vulnerabilità economica (dipendenza da petrolio e gas, carenza di valuta estera, lenta diversificazione) e crisi sociali (criminalità, disuguaglianza, migrazione, esclusione giovanile). Tutto ciò è aggravato dalla debolezza delle istituzioni statali nell’aiutare a superare queste sfide.
La debolezza del regionalismo isola ulteriormente piccoli paesi come Trinidad e Tobago, vulnerabili alle pressioni dei paesi potenti. Ma KPB non agisce solo a causa delle pressioni di Trump; ha preso una decisione politica di utilizzare la forza americana per cercare di risolvere i problemi del suo paese.
Quale potrebbe essere la sua strategia? Primo, ottenere che gli Stati Uniti bombardino le piccole barche che forse sono coinvolte nelle secolari operazioni di contrabbando caraibiche. Se gli USA bombardano abbastanza di queste piccole barche, allora i piccoli contrabbandieri riconsidererebbero il loro transito di droga, armi e beni di consumo di base.
Secondo, utilizzare la benevolenza generata con Trump per incoraggiare gli investimenti nell’essenziale ma stagnante industria petrolifera di Trinidad e Tobago. Potrebbe esserci un guadagno a breve termine per KPB. Trinidad e Tobago richiede almeno 300 milioni di dollari se non 700 milioni di dollari all’anno per la manutenzione e l’ammodernamento dei suoi impianti petrolchimici e di GNL (e poi ha bisogno di 5 miliardi di dollari per lo sviluppo dei giacimenti offshore e la costruzione di nuove infrastrutture).
L’enorme investimento di ExxonMobil in Guyana (si vocifera oltre 10 miliardi di dollari) ha attirato l’attenzione in tutti i Caraibi, dove altri paesi vorrebbero attrarre questo tipo di denaro. Aziende come ExxonMobil investirebbero a Trinidad e Tobago? Se Trump volesse premiare KPB per la sua compiacenza, direbbe all’AD di ExxonMobil Darren Woods di espandere gli investimenti nei blocchi in acque profonde che la sua azienda ha già effettuato a Trinidad e Tobago. Forse il calcolo di KPB di mettere da parte le idee di zona di pace le frutterà qualche soldo in più dai colossi del petrolio.
Ma cosa spezza questo tradimento? Certamente distrugge ulteriormente ogni tentativo di costruire l’unità caraibica e isola Trinidad e Tobago dalla più ampia sensibilità caraibica contraria all’uso delle proprie acque per confronti militari statunitensi.
Ci sono problemi reali a Trinidad e Tobago: l’aumento della violenza legata alle armi da fuoco, il traffico transnazionale e la migrazione irregolare attraverso il Golfo di Paria. Questi problemi richiedono soluzioni reali, non le fantasie dell’intervento militare americano. Gli interventi militari americani non risolvono i problemi, ma approfondiscono la dipendenza, fanno aumentare le tensioni ed erodono la sovranità di ogni paese. Un attacco al Venezuela non risolverà i problemi di Trinidad e Tobago, ma potrebbe anzi amplificarli.
I Caraibi hanno una scelta tra due futuri. Un percorso porta verso una militarizzazione più profonda, la dipendenza e l’incorporazione nell’apparato di sicurezza statunitense. L’altro porta verso la rivitalizzazione dell’autonomia regionale, la cooperazione Sud-Sud e le tradizioni anti-imperialiste che hanno a lungo sostenuto l’immaginazione politica caraibica.
* da GlobeTrotter
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
