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Macron propone una stretta sull’informazione. La UE vuole controllare i messaggi di tutti

Mentre in Italia il giornalismo mostra tutta la sua pochezza e, soprattutto, il suo asservimento, in merito alle polemiche intorno a Francesca Albanese e alla due giorni di mobilitazioni del 28 e 29 novembre, contro la finanziaria di guerra e per la Palestina libera, anche nel resto della UE la tendenza ormai è la stessa: l’informazione deve essere piegata alle esigenze strategiche delle capitali europee, e anzi è bene ampliare la sorveglianza indiscriminata e la schedatura, che in questi tempi di crisi il dissenso fa male ai mercati.

Avevamo già visto la nascita a Bruxelles di un vero e proprio “ministero della Verità”, di orwelliano sapore. Ora rincara la dose il presidente francese Emmanuel Macron, che ricordiamo aver cambiato più governi che cravatte, probabilmente, negli ultimi mesi. Il Napoleone dei nostri tempi (ahinoi!) ha lanciato una proposta controversa, ovvero quella di istituire un “marchio di qualità” per distinguere i siti di informazione “degni di fiducia” da quelli che non lo sono.

Sebbene Macron assicuri che tale potere non sarà in mano allo Stato ma a “professionisti dell’informazione” (come Reporters sans frontières e la sua Journalism Trust Initiative), la sostanza del problema rimane. Perché, dicono le voci critiche a questa proposta, che secondo il settimanale – di centrodestra, è bene ricordarlo – Le Point sono già più di 500 organi di stampa, non c’è garanzia rispetto alla neutralità di chi certifica il “marchio di qualità”.

E sia chiaro: è giusto avere opinioni sui fatti del mondo. Noi pubblichiamo ogni giorno un giornale che indica in maniera ben chiara la sua posizione, già nella testata. Ma imporre un meccanismo di controllo amministrativo preventivo significa screditare a priori qualsiasi contenuto, etichettandolo come disinformazione.

Non a caso, questa misura sarebbe in contrasto persino con una legge francese del 1881, che garantisce la libertà di pubblicazione salvo specifici reati giudicati, come la cultura giuridica vuole, a posteriori. Macron sta insomma proponendo una misura che sarebbe in linea coi tempi di Napoleone III, non a caso.

A Bruxelles, invece, la recente approvazione del nuovo regolamento “Chat Control”, apre le porte al pericolo di espansione indiscriminata della sorveglianza preventiva, di violazione sistematica della privacy, di schedatura di massa. E infine, come è sempre più evidente in ogni atto della UE, di minare la libertà di espressione.

Quello a cui il Consiglio Europeo ha dato il via libera si presenta come uno strumento per una lotta nobile: si tratta del Regolamento per prevenire e combattere l’abuso sessuale dei minori, altrimenti detto CSAR. In realtà, si tratta del tentativo di definire un’infrastruttura permanente di verifica e scansione dei messaggi che gli utenti delle varie piattaforme digitali possono scambiarsi.

Il meccanismo tecnico si fonda sul client-side scanning, che permette l’analisi dei contenuti sul dispositivo dell’utente prima che questi vengano crittografati. La versione che dovrà essere votata in Parlamento Europeo nelle prossime settimane sembra edulcorata rispetto a quella iniziale. Infatti, non sarà più un funzionario pubblico a verificare i materiali, ma sarà alle piattaforme titolari dei diritti sulle chat che sarà affidato il controllo di ultima istanza.

Nei fatti, significa delegare i colossi digitali, il privato, alla verifica di ciò che inviamo o ci viene inviato, offrendo loro una leva ulteriore di potere, essendo legata a possibili incriminazioni. Inoltre, lo stesso European Data Protection Supervisor, l’autorità indipendente di sorveglianza per la UE, e diverse associazioni per i diritti digitali hanno sottolineato che le scansioni automatiche di messaggi privati sono una violazione della privacy garantita dall’articolo 7 della Carta dei Diritti Fondamentali UE.

Insomma, quella stessa architettura che viene millantata come garante della pace e dei diritti sta venendo picconata, giorno dopo giorno, per costruire una UE che sia adatta alla guerra, esterna e interna, che Bruxelles vuole condurre per riuscire a contare qualcosa nella competizione internazionale.

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2 Commenti


  • Anna M.

    Reporters sans frontiere te lo raccomado! Ne aveva già scritto Gianni Mina’ anni fa. Dato il clima presente in fatto di informazione non credo ci sia molto da aggiungere


  • Ta

    Infatti! RSF, una dozzina di anni fa, si rese responsabile di una schifosa campagna contro Cuba e la sua rivoluzione…

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