Menu

Kaja Kallas è un regalo al Cremlino

Alla fine, anche i commentatori europei dovranno ammetterlo: la guerra in Ucraina è stata una sconfitta strategica di quello che a volte viene definito l’Occidente collettivo, o della NATO, se vogliamo dirla in altro modo. La seconda in pochi anni, dopo la fuga dall’Afghanistan nel 2021.

Se la ritirata scomposta da Kabul ha segnato l’inizio della rottura dello stallo tra le grandi potenze in competizione, la seconda presidenza Trump, con i suoi nuovi indirizzi strategici, che riguardano un po’ tutti gli alleati ma che hanno la ricaduta più pesante sul teatro europeo, ufficializza la frattura irricucibile tra Washington e Bruxelles, con tutto il suo seguito.

E inoltre, sbatte in faccia a tutti l’insignificanza della UE nel suo insieme, come del gruppo informale dei “volenterosi” sulla guerra in Ucraina, per comprendere nell’equazione anche il Regno Unito. Un’insignificanza rappresentata perfettamente dal loro continuo sbraitare senza avere un peso reale nelle trattative di pace, ma anche per l’assenza di un qualsiasi piano, per quanto spericolato o complesso possa essere, per permettere a Kiev di continuare davvero il proprio sforzo bellico.

Nell’articolo che riportiamo qui sotto, tradotto dal britannico Telegraph, Owen Matthews delinea perfettamente quale sia uno dei motivi principali di questa insignificanza: una classe dirigente incapace, che non è davvero abituata ad avere una visione strategica. Kaja Kallas fa parte di questa élite europea grazie a von der Leyen, e dal giornalista britannico viene indicata come una dei principali “alleati involontari” delle scelte strategiche del Cremlino, che invece sa bene cosa vuole e cosa può ottenere, e lo persegue con coerenza.

Lo abbiamo scritto più volte: sul nostro giornale pubblichiamo contributi che non necessariamente esprimono la linea della redazione, allo stesso modo in cui dire le cose come stanno per ciò che riguarda il conflitto ucraino non significa parteggiare per Putin e l’establishment nato dallo smantellamento dell’Unione Sovietica.

Questo vale anche per l’articolo di Owen Matthews, che però fa emergere anche un altro elemento che, con un paio di altre righe prima di lasciarvi alla traduzione, è utile sottolineare. Il giornalista britannico parla dell’irritazione di funzionari della Casa Bianca a causa della “estonizzazione” della politica estera della UE.

Che tradotto, significa aver spinto l’intera diplomazia europea sui binari determinati dalle specifiche condizioni, politiche e storiche, della piccola Estonia, e della carriera politica di Kaja Kallas. Significa, in sostanza, l’aver costruito una governance istituzionale che ha fatto sì che un paese con meno abitanti di Roma possa determinare le scelte politiche dell’intera UE.

Se sul conflitto in Ucraina, magari, c’è un sostanziale accordo, su tanti altri dossier questo non c’è. E a dir la verità, anche la questione dei beni russi congelati, al cui uso si è opposto il Belgio, esprimono un dato di fatto con cui, anche da questa parte della barricata, bisogna fare i conti: nell’accelerazione storica che viviamo, emergono sempre più le contraddizioni del progetto imperialistico europeo incarnato dalla UE.

Paradossalmente, un cambio di meccanismo di voto, che abbandoni l’unanimità sui temi fondamentali, potrebbe accelerare il movimento centrifugo dei paesi intorno a Bruxelles. Per mantenere l’unità, è davvero rimasta solo la propaganda ideologica sul “giardino” europeo. Ma la crisi egemonica di una narrazione del genere, di fronte al sostegno dato al genocidio dei palestinesi, è anch’essa irreversibile.

Allora forse l’adesione a questa propaganda ideologica, che significa il sacrificio dell’Ucraina, sapendo benissimo di non contare nulla nelle decisioni che verranno prese, è davvero l’unica cosa che è rimasta in mano a una classe dirigente che non sa che fare per riprodurre il proprio puro e nudo dominio, ma ha bisogno di mantenersi unita per non autodichiarare la propria morte.

*****

Kaja Kallas, capo della politica estera dell’Unione europea, sa fin troppo bene che nulla è più fatale per il futuro dell’Ucraina che la disunione tra gli alleati occidentali di Kiev. “La Russia vuole vedere gli Stati Uniti e l’Europa divisi”, ha avvertito a marzo. “Non diamo loro questo”.

Eppure, ora, mentre inizia lo spiacevole processo di discussione approfondita di un vero e proprio accordo di pace, gli Stati Uniti e l’Europa difficilmente potrebbero essere più lontani. E la colpa deve essere attribuita al rifiuto dell’Europa di affrontare la realtà.

Mentre Kallas e altri leader europei parlano tra di loro, rimuovendo tutti i pezzi più dolorosi del piano di pace in 28 punti di Trump, i veri negoziati si stanno svolgendo tra Mosca, Washington e Pechino.

L’Europa non è al tavolo anche se lì viene delineata la futura architettura di sicurezza del continente. Piuttosto che impegnarsi con l’orribile realtà di dover parlare con i russi, Kallas e i suoi colleghi leader europei hanno preferito la purezza ideologica alla diplomazia pratica.

La risposta di Kallas al piano di Trump è stata che l’Europa sostiene “una pace giusta e duratura” e che la politica di Bruxelles è quella di “rafforzare l’Ucraina e indebolire la Russia”. Sembra buono. A parte per il fatto che il rafforzamento dell’Ucraina ha bisogno di denaro, armi e, ancor più urgentemente, di una disponibilità di giovani ucraini disposti a continuare a combattere e morire.

In concreto, i 27 membri dell’UE si sono dimostrati ostinatamente riluttanti a sborsare più denaro per colmare il deficit di bilancio di 60 miliardi di euro che ha Kiev. Viktor Orbán ha guidato la resistenza ai continui finanziamenti dell’UE per Kiev, ma i nuovi governi di destra in Slovacchia, Cechia e Austria si stanno unendo agli europei scettici sull’Ucraina. Anche l’italiana Giorgia Meloni, convinta sostenitrice di Kiev, ha rinviato un voto del governo su un nuovo pacchetto di armi mentre si sta discutendo di un accordo di pace.

Il piano di ripiego di Kallas per finanziare lo sforzo bellico dell’Ucraina è stato quello di spingere verso un prestito da 140 miliardi di euro garantito coi beni russi congelati detenuti in Belgio. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha persino proposto di utilizzare poteri d’emergenza per superare l’opposizione dei membri a sostenere il prestito con i propri soldi.

Ma sia la Banca Centrale Europea che il Fondo Monetario Internazionale hanno dichiarato che il “Reparations Loan” è illegale. Inoltre, Bart De Wever, primo ministro del Belgio, ha annunciato senza mezzi termini che l’idea che la Russia possa essere sconfitta in Ucraina è “una completa illusione”.

Sia come primo ministro dell’Estonia che ora come responsabile degli Esteri della UE, Kallas ha guidato i falchi del continente in merito alla questione Russia. Ha insistito sul fatto che la Russia ha “un piano a lungo termine per un’aggressione a lungo termine” e “pone una minaccia esistenziale per la nostra sicurezza”.

Ha affermato che “la Russia ha invaso almeno 19 paesi […] nessuno dei quali ha mai invaso o attaccato la Russia”. Ma trascurare la piccola questione dell’invasione dell’URSS da parte di Hitler nel 1941 – in alleanza con Romania, Italia, Ungheria e Finlandia – significa ignorare la sorgente della paranoia e dell’intransigenza che ancora oggi domina il pensiero strategico del Cremlino.

Mesi prima di essere nominata, ha anche lanciato l’idea di dividere la Russia in paesi più piccoli, facendo direttamente il gioco delle affermazioni del Cremlino riguardo a una minaccia esistenziale proveniente dall’Occidente.

Alla fine, l’unica domanda davvero importante è se la posizione intransigente di Kallas stia aiutando o meno l’Ucraina. Il suo costante rifiuto di parlare con Putin e il suo insistere sul fatto che la giustizia è più importante della pace ha contribuito a garantire che l’Europa sia effettivamente esclusa dal momento conclusivo rappresentato dai negoziati. Il pensiero magico e l’inflessibilità di Kallas e dei suoi compagni falchi ha prodotto esattamente la fatale disunione occidentale da cui lei stessa aveva messo in guardia all’inizio della presidenza Trump.

Secondo quanto riferito, alti funzionari della Casa Bianca sono irritati da quella che descrivono come la “estonizzazione” della politica estera europea. Inoltre, la nuova Strategia di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti pubblicata questa settimana segnala un importante cambiamento nell’atteggiamento di Washington nei confronti dei paesi in Europa, che erano un tempo i suoi più stretti alleati.

Il documento pone il raggiungimento di una fine negoziata della guerra in Ucraina come priorità assoluta, esorta la NATO a smettere di essere un’alleanza in continua espansione e insiste sul fatto che l’Europa assuma pienamente la responsabilità della propria difesa. Washington incolpa anche i governi dell’UE per lo stallo degli sforzi di pace e, soprattutto, afferma ufficialmente che “la crescente influenza dei partiti patriottici europei” – in altre parole, la destra scettica sull’Ucraina – dà agli Stati Uniti “motivo di grande ottimismo”.

Anche in Ucraina c’è frustrazione per l’appello di Kallas a combattere fino alla vittoria, ma senza produrre un piano realistico né fornendo denaro sufficiente per ottenere un tale risultato. “Il mio paese si sta dissanguando”, ha scritto Iuliia Mendel, ex addetta stampa di Volodymyr Zelensky. “Molti che si oppongono di riflesso a ogni proposta di pace credono di difendere l’Ucraina. Con tutto il rispetto, questa è la prova più chiara che non hanno idea di cosa stia realmente accadendo in prima linea e all’interno del paese in questo momento”.

Molti saranno d’accordo con il profondo sospetto di Kallas nei confronti del Cremlino e condivideranno le sue speranze di vittoria, riparazione e di processo per Putin. Ma nessuna di queste cose è davvero realizzabile – anche perché l’Europa ha costantemente inviato molti più soldi al Cremlino per pagare petrolio e gas di quanto abbia dato a Kiev per difendersi. Il tempo per l’ideologia è finito. A questo punto molti, forse la maggior parte degli ucraini preferirebbero una pace ingiusta a una guerra senza fine.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *