La bambina e il padre sono stati trasportati da Baghdad a Pisa con un aereo della 46° brigata aviotrasportata di stanza all’aeroporto militare Dall’Oro, dove tra pochi giorni inizieranno i lavori per il più grande Hub militare italiano.
Auguriamo a Riam la miglior permanenza possibile nel nostro paese e un decorso operatorio veloce e risolutivo, così come alla sua famiglia una vita migliore.
Questo viaggio della speranza permette alla bimba irachena di uscire dall’incubo di una brutta malattia e a tutti noi di ricordare le immense sofferenze delle altre centinaia di migliaia di bambini e bambine iracheni, costretti a vivere in un paese sottoposto a due aggressioni (la prima nel 1991, “desert Storm”, la “seconda guerra del golfo” nel 2003) che hanno causato oltre un milione di morti tra civili innocenti. Tanti altri si sono ammalati e continuano ad ammalarsi per l’inquinamento da uranio impoverito, fosforo bianco e altri agenti chimici contenuti nel munizionamento delle truppe statunitensi e NATO.
Stessa sorte per altre decine di migliaia di bambini e bambine jugoslave, afgane, libanesi, che muoiono lentamente a causa delle medesime cause: occupazioni miliari, guerre e bombardamenti voluti dalla più potente coalizione militare del mondo.
Nel pieno rispetto delle sofferenze attuali di Riam e della sua famiglia, considereremmo innaturale e ipocrita tacere sullo stridente contrasto tra la grancassa mediatica per l’arrivo della piccola irachena a Pisa e il quotidiano bollettino di vittime “collaterali” dei bombardamenti, nascosto o relegato a trafiletti invisibili dai mass media nazionali e locali.
Evidentemente le nostre forze armate adottano la metodologia del Pentagono, conosciuta come “conquistare i cuori e le menti” delle nostre popolazioni, allo scopo di legittimare le attuali guerre neo coloniali, chiamate ipocritamente “operazioni di pace”.
Se così non fosse, la 46° brigata dovrebbe mettete immediatamente fine al trasporto del carburante necessario a rifornire in volo i bombardieri che ogni giorno martellano l’Afghanistan, causando decine di vittime e centinaia di feriti tra inermi civili, in maggioranza bambini.
Questo tipo di attività svolta dagli aerei militari di stanza all’aeroporto militare pisano è emerso il 24 novembre 2009, giorno successivo al disastro aereo costato la vita a cinque avieri in volo di addestramento su un C-130J.
Flight International – una delle più autorevoli riviste internazionali di aeronautica – scriveva: «Il Lockheed Martin C-130J dell’Aeronautica italiana, precipitato il 23 novembre, è stato identificato come il primo esemplare a essere stato modificato in aereo cisterna», qualificato per «il rifornimento in volo dell’elicottero AgustaWestland AW101 e dell’aereo da combattimento Eurofighter dell’aeronautica italiana».
Chissà se la piccola Riam è arrivata in Italia con uno di questi aerei, di ritorno dopo aver scaricato il suo carburante di guerra nelle zone di combattimento.
Conosciamo da molti anni “Un ponte per…” e ne apprezziamo l’attività, le campagne pacifiste, le iniziative di solidarietà e di corretta informazione sulle conseguenze delle guerre nei vari paesi aggrediti dal 1991 a oggi.
Abbiamo condiviso e condividiamo con loro simili battaglie, tra cui quella recente contro la costruzione dell’Hub militare all’aeroporto Dall’Oro. Per questo è urgente evidenziare a loro e a tutto il mondo pacifista e anti guerra i pericoli evidenti che si nascondono dietro a simili operazioni, anche se hanno un genuino contenuto di solidarietà umana.
La storia della solidarietà concreta verso le popolazioni colpite dalle guerre e dalle loro conseguenze ci dice che è possibile aiutare singole persone, famiglie, villaggi e intere cittadine senza bisogno della “mediazione” del Ministero della Difesa o, peggio ancora, di singole armi di un Esercito pesantemente impegnato in guerre che producono vittime, feriti, malati e distruzione di ospedali per curarli.
I minori mezzi tecnici della solidarietà di base danno sicuramente migliori risultati, sia in termini materiali (gli esempi sono tantissimi e molto concreti), ma soprattutto in termini di chiarezza di fronte ad un’opinione pubblica sempre più frastornata da messaggi totalmente contradittori, che mettono sullo stesso piano vittime e carnefici, legittimando i secondi in totale svantaggio delle prime.
L’indipendenza politica, culturale ed economica del movimento contro la guerra è condizione essenziale per la credibilità delle battaglie che portiamo avanti. L’indipendenza è elemento imprescindibile in questa battaglia impari, soprattutto in una fase storica nella quale le politiche di “peacekeeping” tendono sempre più a usare organizzazioni della società civile come proiezione delle operazioni militari.
Ci auspichiamo che tutte le realtà del movimento contro la guerra assumano questo principio come guida per le battaglie dell’oggi e del domani, soprattutto alla luce delle nefaste esperienze degli anni passati, che hanno inflitto danni micidiali alle mobilitazioni pacifiste.
Il No alla guerra deve essere “senza se e senza mediazioni”.
La Rete dei Comunisti – Pisa
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