Avete confermato sciopero generale e manifestazione nazionale a Roma,
nonostante la decisione della Cgil; sono comunque valide le vostre
ragioni?
Non solo confermiamo le ragioni di questa scelta, ma riteniamo che
attendere due mesi per scendere in piazza ci sembra una scelta quantomeno
poco saggia. Il mondo del lavoro soffre una situazione drammatica, il
diritto alla casa è subordinato ad affittopoli e alla nuova tangentopoli,
i migranti vengono cacciati via; si fanno solo i contratti che cancellano
i diritti, la cassa integrazione e l’inflazione crescono.. che c’è da
aspettare? In più, il 6 maggio è una data molto vicina alle elezioni
amministrative (il 16, ndr) e quindi assume un sapore insidioso. Lo si
potrebbe leggere come uno sciopero di sostegno ad ipotesi politiche, più
che alle esigenze dei lavoratori. Sappiamo bene quali siano oggi. Tra due
mesi potrebbero essere anche diverse, perché qui ora va tutto molto di
fretta.
Non temete che un secondo sciopero, per di più del primo sindacato del
paese, possa nascondere la vostra iniziativa anche sul piano anche delle
ragioni?
Credo che i lavoratori abbiano espresso in moltissime iniziative e
altrettante piazze l’esigenza di dare risposte forti, visibili, condivise.
E di darle ora, non tra due mesi. Lavoriamo alla costruzione di uno
sciopero «generale e generalizzato» che contenga tutte le lotte e i
movimenti di questi mesi. Anzi, invitiamo tutti a riempire la piazza di
Roma già dall’11. Poi saranno i contenuti e le modalità dello sciopero a
fare la differenza. Uno stop di sole 4 ore con manifetsazioni regionali
non risponde a queste esigenze. C’è bisogno di portare una fortissima
risposta al governo e ai padroni, quindi a Roma, sui terreni del lavoro,
della precarietà del diritto allo studio e di quelli dei migranti.
Che significa «generalizzato»?
È nel dna dell’Usb essere un sindacato rivolto non soltanto ai dipendenti
delle aziende o delle amministrazioni pubbliche; e quindi siamo attenti a
tutto ciò che oggi si esprime dentro la società. A quelle figure che non
hanno la filiera della produzione come riferimento diretto. Per noi la
generalizzazione dello sciopero è un’ovvia conseguenza. Potremmo arrivare
a chiamarlo direttamente «sciopero generalizzato», perché deve contenere
tutte quelle istanza sociali che si esprimono nel paese. Gli esempi di
battaglie unitarie – nel Lazio, ma non solo – e la risposta che hanno
prodotto sono il segnale che questa è la strada giusta.
Come si fa a organizzare i settori che non sono dentro una filiera
produttiva?
Quello che abbiamo definito, per ora sperimentalmente, «sindacato
metropolitano», credo sia la risposta giusta. Un sindacato capace di stare
nei posti di lavoro e nelle vertenze, nei contratti; ma anche nel
territorio. Lì è possibile trasformare le nostra strutture in «agenzie
territoriali», in momenti più aperti in cui incontrare i vari soggetti,
con o senza un posto di lavoro. Offrendo loro risposte sul piano della
lotta e una capacità di ascolto, l’invenzione di modalità di conflitto che
altrimenti il sindacato non praticherebbe. Ma anche di offrire quei
servizi e sostegni indispensabili per chi è senza casa, senza reddito, è
precario o migrante.
Che clima state raccogliendo?
Vediamo grande attenzione e e disponibilità. Continuiamo a riempire
pullman, treni e aerei. Mai così tanti. La stessa parola d’ordine sta
funzionando davvero. Dopo la delusione – per chi aveva sperato in una
risposta positiva, adeguata e tempestiva della Cgil alla richiesta di
mobilitazione – credo che anche pezzi di movimento che avevano immaginato
percorsi diversi possano ora decidere di attraversare anche lo sciopero
dell’11 marzo.
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