Maurizio Landini non nasconde la sua soddisfazione. Il segretario generale della Fiom è uscito dal voto del Comitato centrale rafforzato. Preferisce non personalizzare però, e precisa che a uscire rafforzata è la linea della Fiom, anche se la relazione era «personale», così come l’assunzione di responsabilità nelle scelte fatte alla Bertone «insieme ai lavoratori e alle Rsu». Il voto dice che a fronte di una doppia e opposta critica – della minoranza di Durante, legato alla maggioranza Cgil che chiedeva un’autocritica e un passo indietro della Fiom sul rifiuto di sottoscrivere il modello di Marchionne, e dell’area 28 Aprile di Cremaschi che al contrario contesta l’indicazione di voto favorevole espresso delle Rsu Fiom della Bertone – Landini ha raccolto il consenso del 71% del Comitato centrale. Al congresso Cremaschi, forte di un 12-13% aveva votato con Landini mentre il suo appello all’astensione ha registrato défaillance e Durante è sceso dal 27 al 19%.
La Fiom è divisa, scrivono i giornali. Cosa rispondi a chi insegue il sogno della vostra normalizzazione?
Che il voto conferma e rafforza la nostra linea e il gruppo dirigente che l’ha gestita in questa fase di aggressione da parte di Marchionne e della Federmeccanica. Abbiamo scelto ancora una volta di stare con i lavoratori, che con intelligenza hanno rifiutato di sottostare ai ricatti Fiat. Votando sì hanno impedito la riconsegna dell’azienda ai commissari che avrebbero avviato le procedure di licenziamento, ma al tempo stesso hanno deciso di tenere aperto il conflitto a difesa del contratto e dei diritti e hanno chiesto alla Fiom di non firmare il testo imposto da Marchionne e di non recedere dal ricorso al giudice. Dopo gli scontri a Pomigliano e a Mirafiori, che non hanno certo segnato una vittoria della Fiat, Marchionne si è inventato la trappola della Bertone, comprata da una procedura fallimentare e dove i due terzi dei dipendenti hanno la tessera della Fiom e sono da sei anni in cassa integrazione.Al ricatto «lavoro in cambio dei diritti» si aggiunge quello odioso della riconsegna alle procedure dell’azienda. Lavoratori, Rsu e Fiom hanno discusso a lungo e insieme hanno trovato una via d’uscita intelligente. Poi le Rsu hanno messo a disposizione di chi le ha elette il mandato ricevuto, per verificare il consenso, visto che non sono riuscite a salvare lavoro e diritti con un buon accordo. Il 71% ha condiviso questa scelta e la decisione della Fiom di non firmare la cancellazione del contratto, del diritto di sciopero, dell’elezione dei rappresentanti dei lavoratori.
Fino al ricorso alla magistratura?
Certo. Se il giudice ci darà ragione sulla vertenza relativa al contratto di Pomigliano vorrà dire che il progetto della Fiat è illegale e antisindacale.
Lo sciopero generale è riuscito oltre ogni speranza. Come lo interpreti?
Lo sciopero generale c’è stato quattro giorni dopo il voto alla Bertone. La sua straordinaria riuscita parla anche a chi nella Cgil temeva in un esito negativo e dice che ci sono momenti in cui i lavoratori che combattono contro la crisi e le risposte autoritarie e liberiste hanno una capacità di comprensione della realtà superiore a quella dei gruppi dirigenti sindacali. Per i metalmeccanici è stata una conferma delle adesioni al nostro sciopero di gennaio, ma in tutte le categorie i consensi sono stati molto alti, in particolare nelle categorie che come noi hanno subito accordi e contratti separati, dal commercio alla scuola al pubblico impiego. Un altro segnale importantissimo viene dalla grande presenza nei cortei dei giovani, degli studenti e della costellazione precaria, dei movimenti che si battono a favore di quei sacrosanti referendum che governo e Confindustria stanno tentando di affossare. Il mondo della precarietà chiede alla Cgil di continuare la mobilitazione, riunificare le lotte e offrire una rappresentanza e una partecipazione attiva a tutto il mondo del lavoro. Le presenze nuove e qualificanti dentro lo sciopero segnalano la dignità e la maturità dei movimenti e pongono, nel rispetto delle reciproche autonomie, una domanda di partecipazione e democrazia che impone alla Cgil di parlare a tutti questi soggetti.
Eppure, c’è chi vive queste nuove presenze come intrusioni nella linea e nella prassi della Cgil…
Guai a evadere questa offerta di partecipazione e questa domanda di democrazia e rappresentanza. Voglio sperare che il dibattito sullo sciopero che si terrà domani (oggi, ndr) nel direttivo della Cgil saprà cogliere le novità emerse il 6 maggio, spostando in avanti la discussione, mettendo al centro, con la battaglia per la riconquista dei contratti nazionali, sia la capacità contrattuale che la definizione di un progetto sociale alternativo, con il quale confrontarsi con governo e imprese. Si deve aprire una fase nuova finalizzata alla conquista di un modello di sviluppo socialmente ed ecologicamente compatibile, incrociando sensibilità più ampie. Il cosa, come, dove e perché produrre deve diventare una discussione generale nel paese.
Pensi che l’esito dello sciopero possa frenare le tentazioni di chi in Cgil pensa sia giunta l’ora di una resa dei conti con la Fiom?
Se la Fiat vuole cancellare la Fiom dalle fabbriche, nel paese governo e padroni vogliono cancellare la Cgil, almeno questa Cgil. Nessuno finga di non saperlo. A Bergamo, 24 ore dopo lo sciopero generale, la presidente degli industriali ha esposto una linea che punta alla restaurazione autoritaria delle relazioni sindacali al fine di modificare i rapporti di forza nel paese. Una linea coerente all’operato del governo persino nel tentativo di togliere di mezzo i referendum. Le imprese hanno l’ossessione della democrazia, in fabbrica come nella società. Che vergogna, poi, quegli applausi al capo della ThyssenKrupp. Spero che con il direttivo si apra una discussione capace di travalicare vecchie appartenenze congressuali, una dialettica tra catogorie e camere del lavoro simile a quella che ha prodotto lo sciopero generale del 6 maggio.
È incredibile la grande attenzione della politica allo sciopero e il sostegno delle opposizioni alla Cgil…
Ti rispondo per le rime: in piazza c’erano così tanti lavoratori che non ho avuto tempo di cercare mani politiche da stringere. Nello sciopero, come nelle vertenze Fiat, non siamo stati sostenuti dalle forze democratiche, i dirigenti d’opposizione si sono limitati a dare consigli non richiesti ai lavoratori su come votare ai referendum. Ma i lavoratoi sono maturi, sanno da soli cosa fare. Poi capisci come mai il 50% delle persone non andrà a votare o non sa per chi votare. Le forze democratiche dovrebbero interrogarsi sull’assenza di una legge sulla rappresentanza e la democrazia sindacale; dovrebbero indicare una via d’uscita dalla crisi antagonista a quella in atto; dovrebbero ricostruire un rapporto tra rappresentanza politica e partecipazione alla politica e prendere atto che leaderismi e populismi hanno ridotto al silenzio e ai rancori la nostra gente.
La Fiom è divisa, scrivono i giornali. Cosa rispondi a chi insegue il sogno della vostra normalizzazione?
Che il voto conferma e rafforza la nostra linea e il gruppo dirigente che l’ha gestita in questa fase di aggressione da parte di Marchionne e della Federmeccanica. Abbiamo scelto ancora una volta di stare con i lavoratori, che con intelligenza hanno rifiutato di sottostare ai ricatti Fiat. Votando sì hanno impedito la riconsegna dell’azienda ai commissari che avrebbero avviato le procedure di licenziamento, ma al tempo stesso hanno deciso di tenere aperto il conflitto a difesa del contratto e dei diritti e hanno chiesto alla Fiom di non firmare il testo imposto da Marchionne e di non recedere dal ricorso al giudice. Dopo gli scontri a Pomigliano e a Mirafiori, che non hanno certo segnato una vittoria della Fiat, Marchionne si è inventato la trappola della Bertone, comprata da una procedura fallimentare e dove i due terzi dei dipendenti hanno la tessera della Fiom e sono da sei anni in cassa integrazione.Al ricatto «lavoro in cambio dei diritti» si aggiunge quello odioso della riconsegna alle procedure dell’azienda. Lavoratori, Rsu e Fiom hanno discusso a lungo e insieme hanno trovato una via d’uscita intelligente. Poi le Rsu hanno messo a disposizione di chi le ha elette il mandato ricevuto, per verificare il consenso, visto che non sono riuscite a salvare lavoro e diritti con un buon accordo. Il 71% ha condiviso questa scelta e la decisione della Fiom di non firmare la cancellazione del contratto, del diritto di sciopero, dell’elezione dei rappresentanti dei lavoratori.
Fino al ricorso alla magistratura?
Certo. Se il giudice ci darà ragione sulla vertenza relativa al contratto di Pomigliano vorrà dire che il progetto della Fiat è illegale e antisindacale.
Lo sciopero generale è riuscito oltre ogni speranza. Come lo interpreti?
Lo sciopero generale c’è stato quattro giorni dopo il voto alla Bertone. La sua straordinaria riuscita parla anche a chi nella Cgil temeva in un esito negativo e dice che ci sono momenti in cui i lavoratori che combattono contro la crisi e le risposte autoritarie e liberiste hanno una capacità di comprensione della realtà superiore a quella dei gruppi dirigenti sindacali. Per i metalmeccanici è stata una conferma delle adesioni al nostro sciopero di gennaio, ma in tutte le categorie i consensi sono stati molto alti, in particolare nelle categorie che come noi hanno subito accordi e contratti separati, dal commercio alla scuola al pubblico impiego. Un altro segnale importantissimo viene dalla grande presenza nei cortei dei giovani, degli studenti e della costellazione precaria, dei movimenti che si battono a favore di quei sacrosanti referendum che governo e Confindustria stanno tentando di affossare. Il mondo della precarietà chiede alla Cgil di continuare la mobilitazione, riunificare le lotte e offrire una rappresentanza e una partecipazione attiva a tutto il mondo del lavoro. Le presenze nuove e qualificanti dentro lo sciopero segnalano la dignità e la maturità dei movimenti e pongono, nel rispetto delle reciproche autonomie, una domanda di partecipazione e democrazia che impone alla Cgil di parlare a tutti questi soggetti.
Eppure, c’è chi vive queste nuove presenze come intrusioni nella linea e nella prassi della Cgil…
Guai a evadere questa offerta di partecipazione e questa domanda di democrazia e rappresentanza. Voglio sperare che il dibattito sullo sciopero che si terrà domani (oggi, ndr) nel direttivo della Cgil saprà cogliere le novità emerse il 6 maggio, spostando in avanti la discussione, mettendo al centro, con la battaglia per la riconquista dei contratti nazionali, sia la capacità contrattuale che la definizione di un progetto sociale alternativo, con il quale confrontarsi con governo e imprese. Si deve aprire una fase nuova finalizzata alla conquista di un modello di sviluppo socialmente ed ecologicamente compatibile, incrociando sensibilità più ampie. Il cosa, come, dove e perché produrre deve diventare una discussione generale nel paese.
Pensi che l’esito dello sciopero possa frenare le tentazioni di chi in Cgil pensa sia giunta l’ora di una resa dei conti con la Fiom?
Se la Fiat vuole cancellare la Fiom dalle fabbriche, nel paese governo e padroni vogliono cancellare la Cgil, almeno questa Cgil. Nessuno finga di non saperlo. A Bergamo, 24 ore dopo lo sciopero generale, la presidente degli industriali ha esposto una linea che punta alla restaurazione autoritaria delle relazioni sindacali al fine di modificare i rapporti di forza nel paese. Una linea coerente all’operato del governo persino nel tentativo di togliere di mezzo i referendum. Le imprese hanno l’ossessione della democrazia, in fabbrica come nella società. Che vergogna, poi, quegli applausi al capo della ThyssenKrupp. Spero che con il direttivo si apra una discussione capace di travalicare vecchie appartenenze congressuali, una dialettica tra catogorie e camere del lavoro simile a quella che ha prodotto lo sciopero generale del 6 maggio.
È incredibile la grande attenzione della politica allo sciopero e il sostegno delle opposizioni alla Cgil…
Ti rispondo per le rime: in piazza c’erano così tanti lavoratori che non ho avuto tempo di cercare mani politiche da stringere. Nello sciopero, come nelle vertenze Fiat, non siamo stati sostenuti dalle forze democratiche, i dirigenti d’opposizione si sono limitati a dare consigli non richiesti ai lavoratori su come votare ai referendum. Ma i lavoratoi sono maturi, sanno da soli cosa fare. Poi capisci come mai il 50% delle persone non andrà a votare o non sa per chi votare. Le forze democratiche dovrebbero interrogarsi sull’assenza di una legge sulla rappresentanza e la democrazia sindacale; dovrebbero indicare una via d’uscita dalla crisi antagonista a quella in atto; dovrebbero ricostruire un rapporto tra rappresentanza politica e partecipazione alla politica e prendere atto che leaderismi e populismi hanno ridotto al silenzio e ai rancori la nostra gente.
* da “il manifesto” dell’11 maggio 2011
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa