Di questo sciopero “se ne percepiva il desiderio, la voglia è cresciuta insieme alle necessità, ai tagli al welfare, ai licenziamenti, alle privatizzazioni, alla negazione dei diritti di cittadinanza. Ora ci siamo, possiamo portare sulla piazza del Campidoglio la nostra rabbia, l’indignazione di una metropoli consegnata sempre più nelle mani della rendita, delle banche, della malavita organizzata in lobbie di potere che si vanno sempre più consolidando”.
Ci siamo dati/e un’ occasione straordinaria per dare corpo ad una mobilitazione talmente puntuale da poter divenire punto di riferimento cittadino per una vertenza metropolitana contro una manovra finanziaria definita senza mezzi termini “lacrime e sangue”. Qui non è in gioco la riduzione del danno: o il bilancio cambia o sarà il disastro per decine di migliaia di abitanti di Roma.
Stiamo passando finalmente dalla progettazione e dalla sperimentazione all’organizzazione materiale di un evento che apre un nuovo spazio della rappresentanza sociale sia sul profilo sindacale che su quello più di movimento. Una tappa esaltante che trova origine nel coraggioso e ‘folle’ sciopero dell’undici marzo, che si nutre della capacità organizzativa e dell’indipendenza fin qui dimostrata. Per un lungo anno, dopo l’irruzione sul bilancio comunale del 2010, abbiamo costruito l’itinerario che ci ha portato fin qui, accumulando consenso attraverso lo scontro con la Regione Lazio e contestando gli “Stati generali della città” di Alemanno.
Ciò che a Roma è stato praticato -dalla vertenza sul bilancio comunale lo scorso anno alla mobilitazione regionale di dicembre 2010 culminata con l’arrampicamento sui ponteggi del palazzo della Giunta Polverini – è parte di quella “confederalità sociale” che ha spinto attivismi di natura diversa, sindacale e metropolitana, a condividere momenti di lotta fortemente conflittuali e trattative di largo respiro e larga rappresentanza. Questa modalità ha mostrato la sua complessità contemporaneamente alla sua ricchezza e ha dato l’idea di un sindacato maggiormente in grado di tutelare e rappresentare interessi e diritti sociali.
Solitamente gli scioperi e le mobilitazioni venivano indetti dal sindacalismo di base e successivamente generalizzate o attraversate dai movimenti, dagli studenti e dalle studentesse, dai migranti e dalle migranti, da chi lotta ogni giorno in difesa dei beni comuni. Il rapporto paritario con tutti i soggetti coinvolti ha consentito invece a tutte e tutti di stare in maniera autorevole dentro al percorso che sta generando lo sciopero metropolitano del 30. L’idea che il risultato fosse un bene comune e che per raggiungerlo, dentro una fase di crisi profonda e di welfare in declino, anche le pratiche dovessero essere all’altezza, ci ha consentito di mostrare la stoffa del sindacato anche nelle relazioni con i movimenti. Questo ha prodotto una sinergia che ha fatto sentire tutti e tutte più forti. Quello che non guasterà è che deve produrre anche risultati tangibili.
Possiamo dire che l’intreccio sul territorio della pratica sindacale con la preziosa presenza di sportelli sempre legati alle lotte, alle occupazioni di case, agli spazi sociali, alle iniziative contro la precarietà e per i diritti dei migranti, contro le devastazioni ambientali e le nocività ha contribuito significativamente nella definizione delle caratteristiche dell’assedio al Campidoglio. Un assedio che si avvale di una giornata di sciopero intercategoriale che potrebbe finalmente bloccare la città e far sentire al sindaco il peso di un’opposizione sociale lontana dalla sedie del consiglio ma pericolosamente vicina e desiderosa di strappare il bilancio che ci spetta.
Se lo sciopero generale e la manifestazione dell’11 marzo hanno segnato uno spartiacque dal quale siamo ripartiti, l’appuntamento del 30 maggio ci offre l’opportunità di realizzare al meglio quella vertenza metropolitana già sperimentata con la Regione ma mai accompagnata da uno sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori. Sul tavolo che stiamo chiedendo al sindaco, alla giunta e ai capigruppo consiliari siederà una delegazione meticcia e autorevole, fortemente rappresentativa di chi la crisi la paga ogni giorno. Il lavoro svolto ha rafforzato l’indipendenza e l’autorganizzazione, ci si è misurati/e con l’iniziativa cercando linguaggi, condividendo giudizi e parole d’ordine. Insieme stiamo generalizzando per quello che sarà possibile una giornata importante nello scontro con le politiche di Alemanno e insieme ora potremo continuare, dentro un nuovo spazio di conflitto e di tutela dei nostri diritti. In ballo c’è la difesa e la rappresentanza di milioni di persone con un presente devastato dalla crisi.
Anche questo passaggio servirà per costruire quella necessaria confederalità sociale non più rinviabile verso un “divenire metropolitano”. Non intendiamo fermarci, non è più possibile fermarci. Ci siamo messi in movimento e non vogliamo più smettere. L’utilità di questi percorsi la percepiamo tutta e ci ritorna come energia da spendere, quell’energia necessaria per connettere le lotte e metterli in crisi.
La mobilitazione vuole entrare decisamente in rotta di collisione con i meccanismi di privatizzazione insiti nelle manovre capitoline, legandosi fortemente con il sostegno del si nella scadenza referendaria di giugno. Dentro la rete “Roma Bene Comune” si sta sviluppando uno sciopero metropolitano possibile, uno spazio di conflitto potente che unisce studenti, precari e lavoratori desiderosi di far saltare l’iniqua manovra finanziaria. L’USB dentro questo luogo sociale plurale ha avuto la capacità di valorizzare autonomia ed indipendenza, e questo è stato possibile solo grazie ad un rinnovato rapporto con l’attivismo territoriale.
Già in mattinata l’Usb comunicava i primi dati sulle adesioni alla mobilitazione. All’Atac si è ndati intorno all’80%.
Ma oggi incrociano le braccia anche i lavoratori Acea, Ama, i dipendenti capitolini, le coop sociali e d tutte le aziende colpite da privatizzazioni e tagli di bilancio. Sono alte le percentuali di adesione dei lavoratori del trasporto pubblico romano allo sciopero metropolitano indetto per l’intera giornata di oggi dall’Unione Sindacale di Base. L’astensione dal lavoro si attesta su una media del 80% per i bus. Sono chiuse le ferrovie Roma Pantano e Roma Viterbo; per la linea A della metropolitana viaggiano 6 treni su 27; mentre la B subisce rallentamenti. Si tratta inoltre di dati destinati a salire in serata, dopo il termine della fascia di garanzia alle ore 20.00.
USB sottolinea che lo sciopero odierno non riguarda solo i lavoratori di Atac, ma anche quelli di Ama, Acea, Zetema, Farmacap, i dipendenti capitolini – amministrativi, educatrici, insegnanti, oses – i precari delle cooperative sociali.
Fra i primi dati, emerge il 50% circa di strutture chiuse fra nidi e scuole d’infanzia ed una buona adesione fra gli amministrativi ACEA, non vincolati dall’obbligo all’erogazione servizi minimi previsti dalla legge 146 che invece riguarda il personale operativo.
I lavoratori, uniti ai movimenti cittadini nella rete collettiva Roma Bene Comune, scioperano contro le privatizzazioni, le esternalizzazioni ed i tagli previsti dal progetto di bilancio presentato dalla Giunta Alemanno; contro la riduzione dei servizi, l’aumento delle tariffe ed il drastico abbassamento dei livelli salariali e occupazionali; per una idea di città più libera, più giusta, più sostenibile e più solidale; in difesa dei beni comuni, a sostegno dell’appuntamento referendario del 12 e 13 giugno.
Ascolta le intervist realizzate da Radio Città Aperta:
a Paolo Di Vetta
Alessio Bortolami:
Daniela Pitti
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