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Marcegaglia all’offensiva, «avviso comune» a giorni

 

Presto, presto, facciamo qualcosa sulla rappresentanza! La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha rotto gli indugi. «Stiamo lavorando molto e chiameremo a giorni i sindacati per discutere insieme una proposta sulla rappresentanza e sulla cosiddetta esigibilità dei contratti». Lunedì, secondo alcune agenzie, dovrebbero partire le lettere di invito per Cgil, Cisl e Uil; l’incontro potrebbe esserci già nella stessa settimana.
Rappresentanza ed esigibilità. Il primo punto riguarda la titolarità a firmare accordi o contratti, il secondo – che nessuno s’era mai posto, in 60 anni, prima che Marchionne ne facesse una questione di vita o di morte – le sanzioni (per i sindacati o i singoli lavoratori) in caso di sciopero. Questioni delicate, che toccano principi costituzionali e le regole base della democrazia; su cui dunque sarebbe bene intervenire dopo un esame attento dei pro e dei contro.
E invece qui si vuole andar giù di forza, tracciando percorsi violentemente antidemocratici. Sentiamo ancora la Marcegaglia: «oggi dobbiamo completare il disegno (iniziato con la riforma del modello contrattuale del 2009, ndr) attraverso un accordo sulla rappresentanza che dica sostanzialmente che se un’azienda fa un accordo con la maggioranza dei sindacati, questo accordo deve valere per tutti i lavoratori». E chi se ne frega se la maggioranza assoluta dei dipendenti, per caso, condivide l’idea di un solo sindacato (o comunque della «minoranza delle sigle»).
L’indiziato numero uno alla scomparsa dai tavoli di trattativa è la Cgil, naturalmente. Cisl, Uil, più Ugl e magari altre sigle di comodo utili per fare «una grande maggioranza», sono già pronte a siglare un «avviso comune» sui contenuti annunciati dalla Marcegaglia. Poi ci penserà Maurizio Sacconi a trasformarlo in un articolato di legge che questo parlamento potrebbe approvare anche in tempi brevi.
Uni dei problemi, infatti, è evitare gli effetti di un’eventuale condanna in tribunale per il «modello Pomigliano» (causa sollevata dalla Fiom, che vi vede sia una truffa rispetto alla «cessione d’azienda», sia un «comportamento antisindacale»). Una legge ad aziendam, insomma, che però diventerebbe – questa sì – una bomba nucleare sul diritto del lavoro e le relazioni industriali.
Ma proprio la Cgil – Fiom e singole situazioni a parte – appare ancora molto lenta nella reazione, quasi ritenesse impossibile quel che invece sta avvenendo sotto i suoi occhi. Ma anche qui qualcosa sta cambiando. Ieri Antonio Mattioli, responsabile delle politiche contrattuali della Cgil Emilia Romagna (non una federazione secondaria, dunque) ha spiegato che «nelle prossime settimane dovremo far vivere la nostra proposta con l’obiettivo di costruire vere e proprie barricate contro l’arroganza di quell’associazione antidemocratica costituita da soggetti come Bombassei, Sacconi, Angeletti e Bonanni. In gioco c’è la democrazia, diritti inalienabili per una società civile». E quindi «la nostra proposta deve vivere nel confronto con i lavoratori, per preparare la nostra organizzazione a uno scontro senza precedenti». Perché «quando l’obiettivo è distruggere il contratto e impedire l’esercizio democratico della rappresentanza, non ci si può permettere di parlare di ‘confronto’».
da “il manifesto” del 10 giugno 2011

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