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Romagna mia…

Nelle scorse settimane si è aperta una vertenza a Cesena fra l’Astercoop che ha in appalto il magazzino di Coop Adriatica e la sua piattaforma nella zona industriale della città e i lavoratori in merito a 15 licenziamenti .

Ai lavoratori interessati al provvedimento la comunicazione è pervenuta in perfetto stile anglosassone: un avviso in una busta consegnata all’uscita del turno di lavoro.

Altri licenziamenti sono previsti per i prossimi mesi. Essendo i lavoratori “soci” non sono previste nemmeno quelle tutele minime per il rapporto di lavoro subordinato.Tutto questo avviene dopo che alcuni mesi fa Coop Adriatica, giocando sulla solita catena di appalti e sub-appalti, utilizzava per l’imbustamento di verdura fresca una cooperativa di S.Arcangelo di Romagna, che a sua volta affidava il lavoro ad un’altra cooperativa di Rimini,  con mano d’opera interamente cinese a 4,50 euro l’ora! Senza il rispetto del Contratto nazionale di lavoro.

Nonostante la vertenza sia gestita da CGIL-CISL-UIL notoriamente poco inclini a creare problemi ai padronicoop, una parte dei lavoratori ha espresso una certa determinazione nella lotta : sia durante i momenti assembleari sia durante gli scioperi.

La rabbia doveva essere tanta se qualche ignoto ha danneggiato le auto di alcuni dirigenti della suddetta cooperativa e li ha minacciati. L’episodio in sé non dice nulla. Se non fosse che in questi ultimi 2-3 anni sono sempre più frequenti fatti del genere (almeno quelli conosciuti per essere stati pubblicati dalla stampa locale). Sono sicuramente il segno di una tensione reale crescente dentro il mondo del lavoro in un territorio dove il monopolio dei sindacati confederali è ancora molto forte per tutta una serie di ragioni che fanno perno sulla struttura produttiva , a tipologie contrattuali precarie pre-esistenti al pacchetto Treu che determinano un forte ricatto occupazionale e il rapporto clientelare. Da notare che i sindacati tradizionali da sempre fanno inter-mediazione di mano d’opera.

Nella sola Provincia di Forlì-Cesena impiegati nella filiera agro-alimentare ci sono decine di migliaia di braccianti a giornate che vengono licenziati a fine anno e poi riassunti. Circa 2 anni fa un lavoratore nigeriano impiegato nella stessa piattaforma menzionata solleva di peso un capetto arrogante e lo ficca a testa in giù dentro un cassonetto dell’immondizia.

Tre anni fa nel settore del trasporto pubblico l’80% dei lavoratori Setram di Cesena presenta contro i turni massacranti il certificato di malattia paralizzando il trasporto. Sempre nel settore del trasporto pubblico 2 anni fa ignoti entrano in un deposito di autobus a Forlì e spezzano le chiavi nei cruscotti dei mezzi lasciando una scritta “un’azienda un contratto”.

L’anno scorso scioperi spontanei contro i provvedimenti disciplinari ad una lavoratrice di un macello avicolo industriale nella valle del Bidente (Forlì).

L’anno scorso nel parcheggio del macello avicolo industriale di S. Vittore di Cesena del gruppo Amadori vengono incendiate 2 auto di capi-reparto da ignoti.

Qualcuno potrebbe definire tutto questo come una ripresa del fenomeno carsico di autonomia di classe ma forse è meglio non scomodare parole troppo grosse.

Questi fatti devono comunque essere oggetto di riflessione visto e considerato che gli sporadici tentativi fatti in Romagna per promuovere il sindacalismo di base hanno dato scarsi risultati. Sicuramente la Romagna continua ad essere un modello di controllo della forza lavoro esercitato da partiti e sindacati.

Trovare il punto debole di questa perfetta “dittatura” non è facile. Forse i morsi della crisi, anche se in Romagna non è così accentuata come in certe regioni del paese o nelle aree metropolitane, possono rappresentare un varco per invertire la rotta per costruire un percorso che diventi espressione visibile e organizzata di una conflittualità latente.

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