E’ l’unanimità dei “sì” (un voto contrario, sette astenuti su oltre 400 aventi diritto al voto) a un piattaforma che comunque i padroni si rifiuteranno di discutere perché “contraria allo spirito dell’accordo del 28 giugno”. Basta sentire cosa strillano in queste ore Cisl e Uil per sapere l’opinione padronale.
Unanimità significa che la “destra” camussiana capeggiata da Fausto Durante ha intravisto lo spiraglio fornito (volutamente, è chiarissimo) dall’ipotesi di poter stabilire “procedure di raffreddamento” per aderire di nuovo a un percorso che fin qui ha ostacolato con ogni mezzo lecito per la tradizione Fiom.
A sinistra, lo stesso punto ha fatto salire la tensione con l’ex “area 28 aprile”, oggi parte organica de “La Cgil che vogliamo” capeggiata da Giorgio Cremaschi ora presidente del Comitato Centrale dei metalmeccanici (ma vicino al pensionamento) e Sergio Bellavita, membro della segreteria nazionale (da cui erno rimasti fuori, per scelta autonoma, i “destri” di Durante). Parliamo di due dirigenti che sono tra i promotori dell’Assemblea nazionale del 1 ottobre e che non partecipano al percorso “uniti contro la crisi”. Ovvia la denuncia di un possibile “cambio di maggioranza” interno alla Fiom. Ma nessuno ha ritenuto di poter o dover spaccare la Fiom in un momento così complicato. E’ una considerazione che obbliga tutti a riflettere, evitando di gettar lì giudizi che magari durano una settimana.
La situazione di partenza – il giorno prima di Cervia – è sinteticamente riassumibile in poche righe. La Fiom è isolata politicamente (nessun partito presente in Parlamento, a parte i dipietristi per motivi puramente strumentali e mediatici), ma anche sul piano sindacale; gli unici attestati di solidarietà gli erano arrivati dai sindacati di base.
Il governo, a partire dl ministro anti-lavoro Maurizio Sacconi, ne aveva fatto l’obiettivo dichiarato di un’offensiva che “non doveva fare prigionieri”. Il Pd ha speso decine di intercessioni di quasi tutti i suoi dirigenti per chiedere un “addio alle armi” dei metalmeccanici.
La confederazione Cgil – specie sotto la guida della Camusso (ex dirigente Fiom dimissionata oltre un decennio fa da Paolo Sabattini “per manifesta incapacità sul campo” (la frase “intelligenza con il nemico” era nel frattempo stata cancellata dal lessico politico-sindacale, ma quello voleva dire) – aveva fatto della canncellazione dell”anomalia Fiom” l’obiettivo con cui presentarsi più “autorevole” (della sua “affidabilità” i adroni erano già certi) ai tavoli di “complicità”.
Il contratto che scadrà il 31 dicembre era già stato “disdettato” unilateralmente da Cisl, Uil, Fismic e Federmeccanica (oltre alle associazioni datoriali delle piccole imprese e delle cooperative metalmeccaniche). Che avevano già annunciato di non esser neppure disposti a discutere di un rinnovo per loro inesistente, visto che ne avevano fatto un altro, separato, ovviamente molto più favorevole alle imprese.
L’accerchiamento era dunque completo. La Fiom ha cercato la via per uscire dall’angolo. Se a Cervia c’è stato uno “spariglio” tenendo sotto controllo tutte le carte, che dovrebbe )nelle intenzioni) costringere la Cgil – almeno all’inizio – a “coprire frenando” le iniziative Fiom -, oppure un “primo cedimento” che ne prepara di più sostanziosi, lo sapremo per certo durante questo autunno.
Intanto, diversi articoli da quotidiani diversi aiutano a farsi un quadro meno “politicista” e, sperabilmente, un po’ più politico.
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da “il manifesto” del 24 settembre 2011
Rocco Di Michele
Le tute blu alla riconquista del contratto nazionale
«Per prima cosa – aveva detto Landini – proponiamo a Fim, Uilm, Federmeccanica, Unionmeccanica e Cooperative un confronto sulle regole di approvazione di un contratto, che confermino il ruolo delle Rsu, e sulla certificazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali. Si tratta di un punto che non viene affrontato né dall’Accordo del 28 giugno né dall’articolo 8 della Finanziaria». Netto anche il punto che escude qualsiasi «derogabilità» degli accordi aziendali rispetto ai contratti nazionali (come previsto sia dall’art. 8 della manovra che dall’«accordo del 28 giugno» firmato da Susanna Camusso). Dal lato salariale la richiesta economica è di 206 euro di aumento per il triennio e la rivalutazione dell’elemento perequativo per i lavoratori non coperti da contrattazione di secondo livello (quelli delle piccole e piccolissime imprese).
Nel voto (506 favorevoli, un contrario e 7 astenuti) si è aggregata alla maggioranza anche l’ala «camussiana» guidata da Fausto Durante, com’era logico fosse dopo il placet della segretaria generale. E nonostante i palesi mal di pancia di Giorgio Cremaschi il voto ha registrato la convergenza anche della sua area. L’unico momento di «differenziazione» si è verificato su due emendamenti presentati da quest’area. A conferma che in quella organizzazione si può discutere anche in modo molto acceso, ma quando c’è da decidere al primo posto viene l’unità; anche perché sarà il voto di tutti i lavoratori, non solo quello degli iscritti, a dirimere le opinioni. Quello che a Cisl e Uil fa paura, insomma.
Quel nuovo clima in casa Fiom
La piattaforma contrattuale approvata ieri dall’assemblea della Fiom contiene un dato che ha un’alta valenza simbolica. È la clausola di raffreddamento, che inibisce azioni di lotta a negoziati in corso. Il fatto che la piattaforma sia stata votata anche dalla componente più radicale, che inizialmente ne aveva proposto lo stralcio, rafforza l’impressione che Fra le tute blu della Cgil qualcosa è cambiato.
E che gli applausi del giorno prima alla Camusso fossero più di un gesto di cortesia. La sensazione è che la logica della conflittualità a oltranza stia lasciando il posto, in casa Fiom, a una visione di più ampio respiro. Più dialettica, minore demonizzazione dell’avversario, pur nella difesa delle proprie posizioni. Non è escluso che a tutto ciò abbia contribuito l’attenuazione da parte di Landini della condanna dell’accordo del 28 giugno.
E poco importa se un ordine del giorno ha ribadito ieri il no a quell’accordo. L’impressione è che, al di là di questioni di bandiera, la linea stia cambiando. Che spazi di dialogo interno si siano riaperti. Che dall’assemblea esca una Fiom più compatta, ma anche meno ostile. Anche alla Cgil. Anche a chi si sforza, in tutti i modi, di dare futuro al Paese.
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dall’agenzia Asca
METALMECCANICI: UILM, DA FIOM MISTIFICAZIONI SUL CONTRATTO
”Quante mistificazioni da parte della Fiom sul contratto!”. Lo ha detto Rocco Palombella, Segretario Generale della Uilm al margine dei lavori del Comitato direttivo provinciale dei metalmeccanici romani.
”Proprio ieri i metalmeccanici della Cgil – ha proseguito Palombella – si sono riuniti al cospetto del Segretario generale della loro confederazione ed hanno prospettato una piattaforma per il rinnovo di un ipotetico contratto nazionale di lavoro. Ma il contratto nazionale c’e’ gia’, l’abbiamo rinnovato noi e scadra’ alla fine del prossimo anno. Ecco la bugia che stanno raccontando ai loro iscritti, proponendo, addirittura come elemento di novita’ delle norme di raffreddamento del conflitto che risalgono al lontano 1980”.
”Come e’ possibile che i vertici dei metalmeccanici della Cgil e quelli confederali – ha proseguito Palombella – si siano potuti trovare d’accordo dopo che la Camusso ha ratificato insieme agli altri vertici confederali e di Confindustria l’intesa del 28 giugno siglata a Roma nella ”foresteria di Via Veneto’. Quell’accordo conferma le deroghe contrattuali volute dalla nostra categoria e dalle Confederazioni di riferimento mentre i metalmeccanici della Fiom continuano ad opporsi alle stesse deroghe. Sono allo sbando e la situazione diventa ancor piu’ surreale quando la Cgil benedice la piattaforma avanzata da Landini. Possibile che nessun loro iscritto chieda ragioni di questi controsensi? Noi affermiamo con orgoglio che il contratto nazionale dei metalmeccanici rinnovato nell’ottobre del 2009 e’ gia’ stato stampato e viene distribuito anche in questi giorni in tutti luoghi di lavoro”.
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Non sorprendente il fatto che il giorno dopo il “confronto” tra la Camusso e Maurizio Landini, tutti i grandi quotidiani si siano disinteressati di fatto dell’esito dell’assemblea Fiom. Vogliamo scommettere che titoleranno indignati al primo conflitto che ormai avevano mentalmente archiviato?
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