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Senza lavoro né pensione. Il dramma dei lavoratori “esodati”

In questi anni sono stati incentivati a lasciare il lavoro e adesso sono senza reddito da lavoro o da pensione. I provvedimenti messi in campo dal governo li costringono infatti ad altri 5-6 anni di attività, ma un reddito a fine mese non ce l’hanno più. Ci sono ad esempio almeno cinquemila ex dipendenti delle Poste che sono finiti in questa “terra di nessuno”. Dagli interstizi della contro-riforma pensionistica emergono i lavoratori “esodati” , definiti in alcuni casi “soprannumerari”, figli di un dio minore di aziende fallite o che si erano licenziati in previsione della pensione a portata di mano nel 2012 o 2013. E che ora si trovano in una sorta di limbo, fuori dal lavoro e con la pensione che si allontana di colpo aprendo la prospettiva di un vuoto di reddito.
In seguito alla riforma Monti-Fornero esistono in circolazione alcune decine di migliaia di lavoratori – secondo stime sindacali – che prevedendo una pensione ormai a portata di mano avevano accettato “esodi” volontari da parte di aziende in ristrutturazione oppure si erano licenziati accettando buonuscite commisurate agli anni mancanti alla pensione. Solo che adesso quest’ultima si è allontanata di 5 o 6 anni grazie al “superscalone Fornero”. I sindacati chiedono che per questi lavoratori valgano le vecchie regole ma non hanno ricevuto ancora nessuna rassicurazione da parte del governo che si è detto pronto a esaminare il dossier ma che non ha preso impegni.

Nel caso delle Poste, circa 5000 dipendenti (ma molti lavoratori parlano di 7000 unità) avevano concordato con l’azienda un esodo incentivato e oggi sono in mezzo al guado. Il sindacato ha chiesto un incontro urgente all’azienda che però non ha dato nessuna risposta. Il “Fatto” di oggi riporta testimonianze come questa: “Ho maturato ad oggi 39 anni e 2 mesi contributivi. Lavoro in Poste Italiane come dirigente d’ufficio. In aprile mi hanno proposto di farmi accompagnare alla pensione che maturavo a fine 2012. Ho iniziato a lavorare giovane, ho studiato e mi sono laureato mentre lavoravo e pagavo i contributi. Ora con la nuova normativa mi trovo senza stipendio e dovendo pagare i contributi per due anni. Poste dice che il firmato è consensuale e che continuare a lavorare è impossibile. Quindi dal primo gennaio 2012 sono a casa, accompagnato non al meritato riposo dopo quaranta anni di contribuzione, ma al patibolo”. Ed ancora una testimonianza: “Mi ritrovo il 31 gennaio 2012 con 57 anni di età e 35 anni di contributi. Dalla fine di dicembre 2011 entrerò in mobilità per 3 anni (azienda fallita). Alla fine della mobilità avrò 59 anni e 11 mesi con 38 anni di contributi. Se non viene modificata la legge ho due opzioni: la prima pagare i contributi volontari per 4 anni e 3 mesi oppure aspettare altri 6 o 7 anni per la pensione di vecchiaia. In entrambi i casi senza nessun reddito”. A volte le cose sono più complesse: “Sono uscita dalle Poste il 1 di luglio: mi hanno proposto di licenziarmi (dopo 35 anni e 6 mesi di lavoro, a 59 anni) in cambio dell’assunzione part-time di mia figlia. Ho accettato perché avevo la pensione a portata di mano ma ora con la riforma sono diventati 5 anni e mezzo!”.
Le speranze e le aspettative di molti adesso sono puntati sul “decreto milleproroghe”, il maxi-provvedimento con cui i governi mettono una pezza sugli errori o le inadempienze prodotti dalle scadenze stabilite nelle varie leggi e non rispettate. Il ministro Elsa Fornero ha detto che studierà il dossier che riguarda sia i lavoratori esodati che quelli precoci, ossia quelli che hanno cominciato a lavorare da giovanissimi e che, nonostante abbiano maturato il massimo di contributi, non hanno raggiunto l’età anagrafica prevista dalla nuova legge per andare in pensione.

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3 Commenti


  • Maurizio Bonfante

    E che dire, mi mancavano 4 settimane. La ditta, il cui titolare chiude dopo le chiusure del 2011. (Lavoravo presso un ditta di servizi, paghe contributi ecc. ecc.) Sono stato licenziato il 31/12/11 con un accordo per il pagamento di 90 giorni come mancato preavviso, pertanto 13 settimane, quelle che mi serviva per raggiungere i requisiti. Ora mi trovo senza lavoro e con 5 anni di attesa per la pensione, precisamente Novembre 2015. Col vecchio sistema avrei dovuto percepirla nel Febbraio del 2013. All’INPS mi riferiscono di non disperare in quanto qualche cosa sta bollendo, speriamo non sia solo acqua. Il vostro articolo mi rincuora, ma non di molto. Sono uno che è nato due mesi dopo, Ottobre 1951 se fossi nato in Agosto (magari in sette mesi) non avrei questi problemi. Ringrazio per l’ospitalità e tenete sempre informati questi poveri “Esodati” che sanno tanto da “Epurati”.
    Colgo l’occasione per salutare
    maurizio


  • Lorenzo Graziani

    Parlare degli esodati fa bene ma non basta, ci vorrebbe qualche anima buona (sindacato, associazione… partiti ecc.) che abbracciasse veramente la situazione e organizzasse qualche manifestazione per sensibilizzare maggiormente il governo.
    Che il governo si muova da solo senza essere spronato ci credo poco.
    Poi adesso si parlerà solo di lavoro mentre delle pensioni (con i loro problemi) non se ne parlerà più.
    Sono desolato


  • Di Girolamo Enrico

    Ho 8 figli a carico l’azienda in cui lavoro sta per chiudere, avendo stipulato un accordo il 15/11/2011,
    pensando di andare in pensione entro il 2014, ora mi ritrovo senza nulla. A pensare che si poteva risolvere tutto semplicemente acquistanto 2 cacciabombardieri f35 in meno, aerei dal costo esorbitante, e assolutamente inutili.
    Comunque non mi devo preoccupare, andro a mangiare
    con tutta la mia famiglia a casa di Monti, o di Berlusconi
    che ha pensato bene di fragarci tutti.

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