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Non saranno solo gran parte degli 800 licenziati da Trenitalia a passare un capodanno di lotta e di ansia per la perdita del posto di lavoro. In tutta Italia sono decine e decine le aziende che si apprestano, a partire dal primo giorno del prossimo anno, a chiudere ed a mandare a casa i lavoratori e le lavoratrici. Un capodanno non certo di festa e di spensieratezza, quindi. Quasi una metafora di una situazione comune a buona parte della popolazione che proverà per qualche ora a togliersi dalla mente, questa sera, problemi di disoccupazione, di mutui e di bollette da pagare, di infinita precarietà, sempre più diffusi e pressanti.
Spumante e panettone in tenda, davanti all’azienda che sta chiudendo, per i dipendenti dello stabilimento della Rdb di Montepulciano (in provincia di Siena) che dal 2012 si aspettano notizie migliori sul loro futuro. Già ridotti da 120 ai 78 attuali nel giro di neanche quattro anni i lavoratori si alternano a turni di otto ore nella roulotte e nel tendone montati dal 10 ottobre scorso come «presidio» davanti alla sede locale dell’azienda di manufatti e cementi, per evitare che vengano portate via le attrezzature.
La fabbrica ora è chiusa per le festività ma, dopo il pignoramento nei giorni scorsi del capannone della produzione e di alcuni macchinari, potrebbe non riaprire più dopo lo sfratto esecutivo per gli affitti non pagati. Entrata nella procedura prefallimentare per la crisi di liquidità con 130 milioni di debito a breve termine la Rdb, in attesa dell’ingresso nella società del gruppo Sacci (il principale creditore), ha deciso la chiusura di più di metà dei propri 14 stabilimenti, tra cui Montepulciano. In attesa del prossimo incontro con l’azienda fissato il 13 gennaio, i lavoratori hanno dovuto prendere atto della lettera con cui la Rdb ha chiesto la modifica della motivazione della cassa integrazione straordinaria, in scadenza a luglio, da crisi a cessazione di attività. Ora gli operai sperano che il 2012 porti un compratore disposto a mettere su carta le dichiarazioni di intento, che sarebbero già arrivate, a rilevare il sito.
Capodanno di lotta anche per gli operai della Eaton di Massa. Nonostante l’intervento del ministero e la dura presa di posizione del governatore della Toscana Rossi, che nella sua visita alla fabbrica pochi giorni fa ha addirittura parlato di “capitalismo cinico da combattere” (!), la multinazionale è rimasta irremovibile nel negare la richiesta di altri 4 mesi di cassa integrazione in deroga, decretando così la immediata messa in mobilità per i 304 dipendenti. Stasera, molti dei dipendenti della Eaton si daranno il cambio per mantenere il presidio presso lo stabilimento occupato ormai da settimane per impedire all’azienda di pensare che i lavoratori stiano abbassando la guardia.
Proprio la Toscana è una delle regioni dove la deindustrializzazione sembra avanzare a passi da gigante. Nonostante l’accordo di ieri sera dopo l’incontro alla Regione Toscana, con Banca Monte dei Paschi di Siena che ha riaperto una linea di credito a Richard Ginori, i sindacati confermano la manifestazione di protesta organizzata per questa sera con il brindisi di mezzanotte davanti alla storica fabbrica di Sesto Fiorentino (Firenze), «È vero che grazie all’accordo il prossimo 9 gennaio i 401 dipendenti riceveranno lo stipendio di dicembre – spiegano i sindacati – ma i problemi restano» Alla fabbrica di porcellane, attiva nientemeno che dal 1735, i soldi del Monte portano una «boccata di ossigeno, ma serve anche un piano industriale» che consenta di proseguire il lavoro a un’impresa che chiude il 2001 con circa 40 mln di fatturato che nel 2012 potrebbe salire fino a 47 mln.
Situazione analoga alla Beltrame di San Giovanni Valdarno (Arezzo), che dal 1872 fa laminati mercantili e dove i posti a rischio sono 78; posti a rischio anche alla Lucchini di Piombino: l’azienda siderurgica ha un futuro incerto a causa del forte indebitamento stimato in 770 milioni di euro, ma negli ultimi giorni è cresciuta la speranza di risolvere il problema con la ristrutturazione del debito concessa dalle banche. Il proprietario, il russo Alexey Mordashov, si è fatto da parte da tempo, ma al momento manca un nuovo imprenditore pronto a sostituirlo. L’altoforno è fermo, con conseguente cassa integrazioni per molti operai, anche se una nuova commessa permetterà la riapertura anticipata dell’impianto. La Lucchini occupa 2000 lavoratori, ma i posti di lavoro con l’indotto arrivano a 3000. Infine, tra le grandi aziende della Regione, preoccupa anche l’AnsaldoBreda di Pistoia dove il rischio è quello di una vendita annunciata dei vertici di Finmeccanica. Il prossimo 10 gennaio i vertici della società dovrebbero presentare un piano di ristrutturazione aziendale ai sindacati, piano atteso con non poche preoccupazioni dai circa 700 operai.
Stamattina brindisi in fabbrica per gli operai dei Cantieri navali di Pisa in assemblea permanente dentro lo stabilimento da oltre otto mesi all’interno di una vertenza che dura addirittura da quasi un anno e mezzo e che ora sembra – almeno così dicono i media locali – vicina alla soluzione positiva. Nelle prossime settimane, infatti, l’azienda nautica pisana, di proprietà del gruppo Baglietto in liquidazione, potrebbe essere acquistata da un nuovo gruppo imprenditoriale (il cui nome rimane però top secret), che ha promesso di mantenere gli attuali livelli occupazionali. Anche stanotte, così come è avvenuto per le festività natalizie, 4-5 operai rimarranno in fabbrica a ‘vigilare’ e brinderanno al nuovo anno dentro i Cantieri.
La Lyondel Basell ha invece scelto le ultime ore del 2011 per inviare le lettere di licenziamento ai dipendenti cui non è stata concessa la cassa integrazione in deroga per un altro anno, come invece chiesto da sindacati di categoria e dalle istituzioni locali dopo la chiusura dello stabilimento della Polyme di Terni. Saranno 41, a partire da domani, i dipendenti in mobilità, mentre altri 25 saranno stipendiati dalla multinazionale ancora per sei mesi per permettere le operazioni di smantellamento del sito, e poi andranno a casa. Dura la reazione del sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo: «L’invio delle lettere di licenziamento – commenta il sindaco in una nota – dimostra ancora una volta l’arroganza e la mancanza di volontà dell’azienda rispetto alla possibile gestione anche in termini sociali della cessazione del sito di Terni». «Quello di Basell – affermano in una nota la presidente della giunta regionale dell’Umbria Catiuscia Marini e l’assessore Vincenzo Riommi – è un atteggiamento immotivato ed incomprensibile rispetto alla delicatezza della situazione del polo chimico di Terni ed alla necessità di avviare un percorso complesso di reindustrializzazione sul quale in queste settimane avevamo registrato positivi e concreti segnali di una nuova prospettiva».
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